2025-09-17
Deridevano i complottisti ma su Kirk diffondono la bufala della «pista nera»
Senza alcuna prova, e a dispetto dei messaggi espliciti sui proiettili, va di moda sostenere che il killer fosse di destra. E che, comunque, chi spara è il fascio.Poiché il morto era un conservatore e per giunta pure bianco e cristiano, in questi giorni è tornata persino una moda antica ma mai del tutto passata, risalente agli anni Settanta, ai bei tempi della strategia della tensione. È quella della pista nera, del complotto fascista organizzato dalle forze oscure della reazione per screditare i progressisti e imporre una svolta totalitaria. Insomma, Charlie Kirk sarebbe stato ucciso da un estremista di destra ancora più estremo di lui, un super estremista che si è finto sinistrorso per fare ricadere la colpa sugli innocenti antagonisti. I quotidiani online da giorni si sbizzarriscono a pubblicare articoli sui Groyper, definiti «la sottocultura alt-right guidata dall’oltranzista Nick Fuentes». Scrive ad esempio Wired, sempre attento alle nuove tendenze, che «Tyler James Robinson, il ventiduenne cresciuto in una famiglia trumpiana e arrestato sotto il sospetto di aver compiuto il fatto, potrebbe in qualche modo essere collegato a un gruppo politico conosciuto come Groyper. Originato e sviluppatosi online a partire dal 2019, il movimento dei Groyper è associato a posizioni di estrema destra particolarmente oltranziste, sulle quali si innesta una tendenza all’isolazionismo anti-sociale, all’aggregazione su piattaforme online e allo sviluppo di un linguaggio tutto interno e difficilmente decifrabile che attinge dalla cultura dei videogiochi, della viralità social e della cultura digitale». Il Manifesto lo ripete da giorni senza mezzi termini: non esistono opposti estremismi, la violenza è solo di destra, dunque il killer di Kirk dev’essere per forza un fascio sotto mentite spoglie, «un gamer allevato in un ambiente saldamente conservatore, un identikit che non esclude simpatie Groyper, cioè per le fazioni più oltranziste della destra suprematista che considera Kirk troppo moderato e che non escluderebbe una matrice di ultradestra per l’atto omicida». E fin qui si potrebbe anche liquidare il tutto come un eccesso motivato dall’ideologia. Ma la teoria sembra convincere molti. Ad esempio Paolo Berizzi, fascistologo di Repubblica, che scrive su X: «Quindi, a bocce ferme: un Maga uccide un altro Maga ma la colpa è della sinistra violenta e dell’antifascismo. Ok. Saluti da Marte. Mittenti: Meloni, Salvini, Vannacci». Il dem Pierfrancesco Majorino ha rapidamente condiviso il post commentando: «Un’unica obiezione. Non è Marte, è la squallida destra italiana». Se una buona parte della sinistra italiana sostiene che Kirk se la sia andata a cercare, un’altra fetta sceglie questa tesi quasi peggiore, del tipo «è tutta roba loro, roba di fasci». Oppure, nella variante paranoide, «è stato tutto organizzato perché Trump potesse beneficiarne». Sembra sostenere qualcosa di simile pure Dario Franceschini, che ha rilasciato ieri una intervista dai toni fiammeggianti, ben stimolato dal cronista che lo interrogava. Secondo il capetto piddino, questa destra - quella italica, non solo quella trumpiana - potrebbe addirittura attentare allo Stato di diritto. «In questa destra ci sono disvalori evidenti», dice Franceschini. «Noi quando abbiamo perso siamo andati a casa e zitti. Loro hanno aspettato tanto il potere e ne sono innamorati, basta vedere la bulimia nelle nomine. Nella fase finale della legislatura, se capiranno che vanno verso la sconfitta, potrebbero diventare pericolosi». «Ma qual è il pericolo?», chiede preoccupato l’intervistatore, e Franceschini risponde: «Vedo la strumentalizzazione dell’omicidio di Kirk. Chi ha esultato per la sua morte? Eppure, in America come in Italia, stanno additando l’opposizione come l’ispiratrice dell’odio e questo vittimismo serve a sua volta solo a sollevare odio». Cristallino: per Franceschini la destra italiana ha tendenze eversive proprio come quella americana, e sta approfittando della morte di Kirk per alimentare astio contro gli avversari politici. Questa suggestiva posizione viene in qualche modo attribuita da Repubblica anche all’illustre politologo Michael Walzer, tramite intervista il cui titolo ribadisce la tesi della violenza fascista: «Nei campus l’odio nasce dalla cancel culture di destra». Praticamente un triplo carpiato. Il discorso di Walzer, in realtà, è decisamente più complesso. Esiste in effetti un cortocircuito anche a destra: chi ora chiede la cancellazione dei commenti negativi su Kirk sta limitando la libertà di espressione, cosa condannabile di per sé. Non si può dimenticare, tuttavia, quale livello di oppressione, ferocia e censura sia stato raggiunto negli atenei statunitensi grazie al dominio woke, quale demonizzazione sia stata fatta ai danni di Donald Trump e dei suoi sostenitori, anche in Italia. Elemento che Repubblica (e in larga parte anche Walzer) trascura volentieri. «La politica americana ha subito una svolta verso una destra particolare, incarnata dal presidente, che è un demagogo populista e descrive gli oppositori come criminali», dice il politologo. «Nella politica di Trump c’è un invito implicito alla violenza. Purtroppo c’è sempre stata nella nostra storia, ma la differenza è che oggi tutti si sentono parte di una guerra ideologica, incoraggiata da lui». Di nuovo, si trascura completamente il disprezzo che il mondo progressista riversa da anni sui conservatori, si stigmatizza una inesistente cancel culture conservatrice dopo che quella vera, tutta liberal, è stata incoraggiata e difesa, si ripete per l’ennesima volta che tutto il male viene da destra. Siamo all’inversione della realtà: i veri perseguitati sarebbero gli intellettuali e gli attivisti liberal a cui la destra cattiva vuole impedire di odiare il prossimo. E che il morto sia Charlie Kirk - conservatore e cristiano, vilipeso pure dopo la morte - diviene in un lampo un particolare trascurabile.
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