
Il Comitato frena sull’uso della triptorelina: «Studi carenti, prudenza». Assuntina Morresi: «Bloccanti della pubertàsolo quando gli interventi psicologici, psicosociali ed eventualmente psichiatrici si siano rivelati inefficaci» .
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Ieri mattina è stato reso pubblico un importante parere del Comitato nazionale per la Bioetica sul tema della transizione di genere, spesso oggetto degli approfondimenti di questa testata. Gli esperti del Comitato, organo consultivo del governo attualmente guidato dal professor Angelo Vescovi, hanno risposto a un quesito sollevato quasi un anno fa dal ministero della Salute a proposito dell’utilizzo - in pazienti minorenni - del farmaco che blocca la pubertà in casi di disforia, e nella quasi totalità dei casi prelude a un percorso di transizione di genere. Dopo un complesso lavoro (sette plenarie per un totale di 10 giorni di discussioni), alla quasi unanimità (26 favorevoli con due diverse sfumature, due astenuti e un contrario), il Cnb ha dato un giudizio severo non tanto sul farmaco ma sul suo utilizzo in mancanza di studi chiari e riconosciuti sulla sua efficacia, invitando a una somministrazione solo in regime sperimentale e finalizzato alla raccolta di dati per integrare gli studi stessi. In sostanza, pur non esprimendo pareri etici sul trattamento della disforia, dai bioeticisti arriva un pesante freno all’utilizzo di un farmaco caratterizzato da «incertezza sul rapporto rischi/benefici» a fronte di effetti di fatto irreversibili.
Tale incertezza, alla luce di storie come quella raccontata di recente sulle pagine della Verità, pare evidenziare le perplessità di chi sottolinea un attuale eccesso di disinvoltura nella somministrazione di ormoni finalizzati alla transizione di genere in soggetti fragili. Il documento mostra notevole attenzione per i percorsi di sostanziale retromarcia in materia in Paesi come Regno Unito, Svezia, Finlandia, Norvegia, Canada, Belgio, Olanda, Svizzera. Viene citata la «Cass Review», cruciale e discussa ricerca indipendente inglese che ha imposto un ripensamento internazionale sulla somministrazione di bloccanti della pubertà. Poi si passa all’Italia: «Il Cnb evidenzia l’insufficienza dei dati scientifici sull’uso dei bloccanti della pubertà e la necessità di irrobustirli, ribadendo l’esigenza, evidenziata nella letteratura scientifica di più settori, di ulteriori sperimentazioni».
Il parere contiene un’accusa neppure troppo velata: «I dati forniti dalle Regioni sull’uso della triptorelina su minori affetti da disforia di genere in Italia, nel periodo che va dal 2019 al 2023, sono molto carenti e frammentari». In pratica, dal precedente parere del Cnb (datato 2018) a oggi, non è dato sapere chi e come abbia ricevuto un farmaco così delicato, a maggior ragione con pazienti di minore età. È piuttosto consequenziale che, in mancanza di registri e di dati, non ci siano studi soddisfacenti sull’efficacia. Di qui la necessità asserita dagli esperti che il ministero finanzi ricerche adeguate e differenziate per sesso. È implicito ma chiaro che il Cnb si riserva un eventuale giudizio di merito a studi conclusi: qualora i dati fossero negativi, è difficile con queste premesse non attendersi una valutazione negativa sull’utilizzo all’interno del Servizio sanitario nazionale. «In conclusione», recita una delle frasi chiave del documento pubblicato ieri, «considerata l’incertezza sul rapporto rischi/benefici del blocco della pubertà con triptorelina, il Cnb auspica che le prescrizioni avvengano solo nell’ambito delle sperimentazioni promosse dal Ministero della Salute e che i pazienti aderiscano ad esse».
Va inscritta nella grande prudenza raccomandata dagli esperti (ed evidentemente fin qui trascurata, almeno a loro avviso) anche un’altra notazione, non meno decisiva. Il padre che pochi giorni fa ha accettato di raccontare alla Verità la complessa storia di transizione di genere della figlia (maggiorenne) ha spiegato ai lettori di essere rimasto colpito dalla rapidità trascorsa tra una prima ed unica visita psicologica e la somministrazione di ormoni prodromic a una mastectomia bilaterale sulla ragazza. Non deve trattarsi di un’eccezione, se è vero che il Cnb ha specificato che «particolare attenzione deve essere posta al percorso psicoterapeutico/psicologico, ed eventualmente psichiatrico, che potrebbe portare all’uso della triptorelina: il processo decisionale deve essere sempre ampiamente documentato in tutti i suoi passaggi». E ancora: «La prescrizione del bloccante della pubertà avvenga assicurando che i pazienti siano sempre valutati e seguiti da una équipe multidisciplinare, e che ricevano un idoneo intervento psicologico, psicoterapeutico ed eventualmente psichiatrico, indispensabile prima della decisione di prescrivere il farmaco, al fine di valutarne l’opportunità. Tali interventi sono altrettanto necessari durante la fase di somministrazione del farmaco e anche successivamente ad essa, nel miglior interesse della salute dell’adolescente, che si trova indubbiamente in una fase difficile della sua vita. Il Cnb raccomanda altresì che la prescrizione della triptorelina avvenga solo dopo che le terapie psicologiche/interventi psicosociali e eventualmente psichiatrici non si siano rivelati efficaci». Proprio su quest’ultimo punto merita cenno il documento in dissenso allegato al parere: come detto, porta la firma di un solo membro, il professor Maurizio Mori. Quest’ultimo ha sintetizzato le proprie perplessità, riassumendo le tesi dell’approccio «affermativo»: secondo Mori, il documento licenziato dai colleghi «sembra lasciare intendere che quelli di disforia di genere non siano problemi psicologici o difficoltà esistenziali, ma rientrino tra i disturbi psichiatrici», il che comporta una «patologizzazione» con «forme di stigma che appesantiscono la vita di giovani che abbisognano di vicinanza». Una remora che è rimasta in nettissima minoranza.





