2021-09-16
Harakiri della Lamorgese in diretta tv
Sullo scandalo di Viterbo il ministro balbetta, si contraddice, tenta di scaricare sui prefetti e finisce per confessare che gli illegali del rave gliel'hanno fatta sotto il naso: raddoppiati mentre li «controllavano». In diretta televisiva ieri è andato in onda un eroico esempio di harakiri. Il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese non ha scelto le armi della tradizione giapponese, ma un'informativa che ha letto tutto di un fiato per giustificare il pasticciaccio del rave di Valentano, dove, scopriamo oggi, sotto gli occhi delle forze dell'ordine affluirono 8.000 persone, la metà delle quali entrarono nell'area quando la zona era già stata «cinturata» da polizia e carabinieri. La capa del Viminale è stata costretta a rispondere in aula da un'interrogazione dei parlamentari di Fratelli d'Italia. E nel suo resoconto tante spiegazioni sono risultate illogiche o non credibili. Per non parlare del fatto che la ministra ha omesso completamente di spiegare il passaggio della nota a lei inviata dal prefetto di Viterbo Giovanni Bruno in cui era specificato che ai carabinieri di Valentano era stato ordinato di monitorare l'afflusso dei partecipanti al rave, ma «di non bloccare» il loro ingresso nella Provincia. Nel suo intervento la ministra si è limitata a correggere un altro passaggio della nota, quella in cui si precisava che le forze di polizia avrebbero fatto da «scorta» a 40 camper diretti al rave. La prefetta ha ammesso che nel documento il «monitoraggio» dei manifestanti era stato definito «scorta». Ma il capo del Viminale ha precisato «che tale termine» era stato «usato impropriamente» nel rapporto di polizia fatto proprio dal prefetto e trasmesso all'ufficio di gabinetto del Viminale. Quei ragazzi non erano dunque accompagnati, ma pedinati. Il motivo? All'altezza di Cecina la Stradale aveva fermato dei camperisti e si era accorta che qualcosa non tornava. Ma purtroppo nessuno della carovana ha confessato la destinazione, mandando in tilt l'apparato di prevenzione. Infatti, durante i controlli, le persone fermate, una cinquantina, «seppure sollecitate, non fornivano indicazioni circa il luogo in cui erano diretti, limitandosi ad affermare genericamente che si dirigevano verso il Sud, facendo vaghi cenni alla regione Puglia». Qualcosa, però, dalle verifiche era emerso: molte delle persone a bordo dei veicoli «fermati risultavano al controllo gravati da precedenti di polizia per invasioni di terreno o di edifici, reato che è tipicamente oggetto di contestazione nei confronti di organizzatori e partecipanti a rave party», ma questo non è bastato a legittimare «misure restrittive o di carattere cautelare» tali da «impedire giustificatamente il proseguimento del viaggio». La lista di precedenti, definita una «sospetta circostanza», «induceva ad attuare un articolato servizio di osservazione e di monitoraggio allo scopo di accertare, in mancanza di ogni altro elemento informativo, quale effettivamente fosse il loro luogo di destinazione finale. Di tale dispositivo veniva informata la sala situazioni del Dipartimento della pubblica sicurezza, la quale, a sua volta, chiedeva di essere costantemente aggiornata sulla consistenza del gruppo e sulla sua destinazione». Ma ecco: come la ministra ha giustificato questa débâcle informativa? Con una sorta di supercazzola: «L'iniziativa era stata organizzata sul Web attraverso l'utilizzo di canali privati su cui veniva condiviso solo l'invito alla partecipazione, evitando di indicare dettagli utili all'individuazione precisa di località e tempi dell'evento. Come è stato possibile riscontrare, gli organizzatori del rave, allo scopo di evitare controlli, avevano, infatti, richiesto a coloro che intendessero parteciparvi l'assoluta segretezza, riservandosi di dare indicazioni circa il luogo preciso dell'evento solo poco prima del suo inizio su chat private non accessibili ad estranei ai gruppi. Tale escamotage ha consentito di far convergere, più o meno contemporaneamente da più direzioni, sul sito dell'evento migliaia di persone». Sembra di capire che i partecipanti al rave abbiano utilizzato il teletrasporto, provenendo la maggior parte dal Nord e molti dall'estero. Ma a fregare le forze di polizia sarebbe stato un'altra sfortunata coincidenza: i partecipanti avrebbero approfittato «degli aumentati volumi di traffico per l'esodo di Ferragosto» e in questo modo «la confluenza verso il sito del rave, avvenuto da più direttrici di marcia, ha potuto mimetizzarsi con l'intenso traffico». Il convoglio di camperisti «monitorati» a partire da Cecina, invece, «giunto a ridosso del confine della provincia di Viterbo si disperdeva, frazionandosi in numerose strade sterrate prive di illuminazione, utili a raggiungere diverse località, per poi ricompattarsi presso il lago di Mezzano». Dopo quaranta minuti di ricerche i carabinieri sarebbero riusciti a individuare la zona del rave, grazie all'aiuto di un «pentito» di quel genere di kermesse. A questo punto è scattata la «cinturazione» dell'area, «rafforzata grazie all'invio di ulteriori contingenti disposti dal Dipartimento della pubblica sicurezza, con il precipuo scopo di impedire, pur nelle difficoltà del contesto, l'arrivo, sia dal versante grossetano che da quello viterbese, di altri partecipanti al rave». Ma anche questo si è rivelato un tentativo inutile. Infatti la Lamorgese ha raccontato che all'alba del 14 agosto «il personale operante poteva effettivamente quantificare il numero delle presenze, che ammontavano a oltre 4.000 persone, comprese famiglie con bambini», ma ha anche puntualizzato che il dispositivo messo in piedi (composto da 900 uomini tra il 14 e il 19 agosto) ha prodotto scarsi risultati: «Le difficoltà di controllo dell'area dette prima, legate alla conformazione del territorio e alla sua notevole estensione, non hanno potuto impedire l'afflusso consistente di partecipanti al rave, che nella sua punta massima ha contato tra le 7.000 e le 8.000 persone». A questo punto la Lamorgese ha provato a scaricare su prefetti e questori le responsabilità delle scelte di quelle ore, salvo poi ammettere: «Io stessa ho seguito passo passo il corso della vicenda non appena si sono delineati i suoi precisi contorni». E quale è stato il risultato «senza alternative» di questo brain storming prolungato? «La strategia seguita dalle autorità di pubblica sicurezza si è indirizzata quindi non verso un rischioso tentativo di forzosa evacuazione dell'area, bensì nell'esercitare una continua e costante pressione per rompere il fronte dei partecipanti, sollecitando un atteggiamento più resipiscente da parte della maggioranza e isolando la frazione più irriducibile, i cui propositi sarebbero stati quelli di proseguire a oltranza il rave, rispettando l'originario programma», che prevedeva che la festa durasse sino al 23 agosto, anziché sino al 19. Davvero un gran bel successo. Come l'essere riusciti a identificare 4.235 persone, di cui 784 stranieri e 1.441 autoveicoli, quasi tutti «al momento in cui sono usciti dall'area» del rave. In conclusione, questi giovani arrivati anche dal Nord Europa, da Francia e Germania «hanno messo in atto un metodo capace di approfittare di tutte le circostanze favorevoli per aggirare i meccanismi di prevenzione che avrebbero potuto intercettare ed evitare l'evento». Un'ammissione di impotenza che lascia senza parole.
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