2021-03-29
«Hanno più paura a denunciare. Temono di non essere creduti»
Patrizia Montalenti (iStock)
Patrizia Montalenti, presidente del centro antiviolenza Ankyra: «Umiliazioni e svilimento del ruolo paterno davanti ai figli. Il fenomeno è in forte aumento con la pandemia. Manca la sensibilità nelle amministrazioni pubbliche».Patrizia Montalenti è il presidente del Centro antiviolenza (Cav) per le persone vittime di violenza domestica e stalking Ankyra, unico in Italia a occuparsi quasi esclusivamente di casi di violenza sui maschi.Come nasce l'idea di fondare Ankyra?«Dalla convinzione che preciso dovere di una società debba essere prevenire e condannare la violenza relazionale a prescindere dal genere e dall'orientamento sessuale di autori e vittime. La violenza domestica è una tipologia di maltrattamento che coinvolge tutti i membri della famiglia. Mettendo al centro la persona, la mission di Ankyra è accogliere e sostenere la vittima attraverso un percorso di accoglienza, valutazione del rischio, monitoraggio, assistenza medica, psicoterapica e legale, offrendo una risposta concreta per il recupero della propria dignità e benessere personale». Seguite tanti casi?«A oggi, il Centro ha accolto 670 vittime».Tantissime. Eppure, parlare di violenza sui maschi è ancora un tabù… Perché gli uomini fanno fatica a denunciare?«Esistono diversi fattori, tra i quali la difficoltà a riconoscersi nel ruolo di vittima (lo stereotipo dell'uomo virile) e a raccontare ad altri il proprio disagio, la minimizzazione della violenza in particolare se rivolta a sé stesso, e il timore di non essere creduto dalle istituzioni e pertanto subire una seconda vittimizzazione». Ma quali sono i problemi nei quali vi imbattete più frequentemente?«I dati estratti dal nostro database rivelano che il maltrattamento più diffuso è di tipo psicologico (85%), seguito da quello fisico (63%) e da stalking e revenge porn (20%). Va da sé che laddove vi è violenza fisica è presente anche la violenza psicologica. La coorte di età maggiormente colpita risulta quella tra i 34 e i 55 anni, ma è in aumento la vittimizzazione nella coorte di età giovanile (24-34 anni). Le ripercussioni più frequenti negli uomini maltrattati sono: ansia, attacchi di panico, difficoltà lavorative, ideazione suicidaria, difficoltà di concentrazione e insonnia». Che effetti ha avuto la pandemia sull'andamento delle segnalazioni?«La domanda è di molto aumentata, passando dai 144 casi gestiti da marzo 2019 a febbraio 2020, ai 226 casi da marzo 2020 a febbraio 2021».Un quadro a tinte fosche…«Il portato di sofferenza dei nostri assistiti consta principalmente delle mortificazioni, delle umiliazioni e dello svilimento ricevuti, soprattutto se in presenza dei figli. Il loro timore è perdere in qualche modo il loro ruolo genitoriale nel caso in cui decidessero di porre fine alla relazione disfunzionale». Ci può far comprende meglio, magari sfruttando l'esempio di un caso che avete seguito?«Giulio (nome di fantasia, ndr) è un imprenditore di 39 anni coniugato da 7 anni con una donna che lavora part-time come impiegata. La coppia ha due figlie minori. Ci contatta in quanto vittima di violenza fisica e psicologica a opera della moglie e in presenza delle figlie. Sberle, calci, morsi, lanci di oggetti, insulti, svilimenti e mortificazioni. La signora controlla il cellulare del marito in quanto ritiene che egli abbia una relazione intima con un'altra donna. La coppia ha tentato una terapia di coppia dalla quale è emerso un disturbo della personalità della signora, la quale assume anche psicofarmaci. Anche per questo motivo, Giulio non lascia la casa coniugale, temendo per le due figlie, e naturalmente è fortemente provato dalla situazione e sta seguendo un sostegno psicologico».Sono sempre situazioni così disperate?«No, per fortuna. Peraltro, Ankyra non è affatto favorevole alla separazione a ogni costo. Vi sono stati casi di violenza psicologica che si sono risolti positivamente attraverso un periodo di terapia di coppia. Certo, laddove vi è una violenza fisica reiterata si fa tutto più difficile». Come giudica il ruolo delle istituzioni?«Le amministrazioni locali più illuminate condividono la nostra mission e si confrontano con noi. Il Comune di Milano, ad esempio, ha concesso al Centro una postazione nella Casa delle associazioni di volontariato. I commissariati di polizia che sono a conoscenza della nostra realtà ci contattano per inviarci situazioni di nostra competenza. Tuttavia, molta strada rimane ancora da dare, e a tutt'oggi Ankyra non beneficia di finanziamenti pubblici, mentre il carico di lavoro è in continuo aumento».Qual è la prima mossa che dovrebbe muovere un uomo vittima di violenza?«Il primo approccio con il Centro è segno di una parte di consapevolezza che lo porta a ricercare un confronto. Se l'uomo è vittima di violenza fisica dovrebbe in ogni caso denunciare o mettersi in contatto con chi è in grado di aiutarlo, al fine di tutelare sé stesso. Laddove vi siano figli, è un suo dovere nei loro confronti, in quanto la priorità è quella di sottrarli alla violenza assistita. Ankyra assiste le vittime nel rispetto della riservatezza, dei loro tempi e desideri, all'interno di un progetto condiviso».Dove operate?«Accogliamo le vittime di tutto il territorio nazionale, anche attraverso colloqui telefonici e in videoconferenza, avvalendoci della collaborazione di professionisti e consultori presenti nel Paese. Nel corso dell'ultimo anno abbiamo anche ricevuto 72 segnalazioni dal 1522, il numero nazionale per le vittime di violenza domestica e stalking».
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Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
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