2019-06-14
Guzzetti in pensione. Rispuntano i Ds con Massimo D’Alema per le nomine Cdp
Per il dopo Massimo Tononi, in supporto a Donato Iacovone di Ey c'è l'ex premier la cui fondazione collabora con lo studio di revisori.Al via le manovre per l'elezione in Confindustria. Il Sole cerca un vicedirettore.Lo speciale contiene due articoliIntorno al 20 maggio il nome di Donato Iacovone, capo di Ernst & Young Italia, è finito su molti quotidiani. Francesco Profumo, il sostituto di Giuseppe Guzzetti alla guida dell'Acri, avrebbe suggerito il nome del responsabile di Ey al posto di Massimo Tononi al vertice di Cassa depositi e prestiti. La notizia è stata più volte smentita, ma soprattutto messa in congelatore. La scelta di Tononi di rassegnare le dimissioni per motivi personali e anche per difficoltà di comunicazione con i vertici dei 5 stelle non è più all'ordine del giorno. Probabilmente lo stesso Guzzetti avrebbe fatto capire che non è il momento. Le Fondazioni sono in via di assestamento e dover decidere ora il nome del presidente di Cdp aprirebbe crepe e divergenze all'interno dell'Associazione a cui per statuto compete la scelta del presidente. Sempre Lettera 43 rivelava che «Tononi, indicato a suo tempo da Guzzetti in sostituzione di Claudio Costamagna, mal sopporta peso e tensioni che quotidianamente si scaricano su Cdp ogni volta che c'è una nomina da fare, vedi il teatrino che si sta consumando sulla controllata Sace. Ed è da parecchio tempo che medita di chiamarsi fuori. L'ultima volta che ciò accadde, lo scorso marzo, la sua determinazione era tale che è dovuto intervenire Guzzetti in persona per convincerlo a restare». Non sappiamo quanto effettivamente il tema politica influisca o quanto le motivazioni siano più di natura personale, fatto sta che l'eventuale lettera di dimissioni non sembra essere stata stracciata. Se ne riparlerà più avanti e dunque il tema è destinato a tornare di attualità. Anche perché il gioco a incastro è doppiamente complicato. Sia per le divergenze interne tra fondazioni sia per i punti di vista della vecchia corrente dei Ds. Non è un caso che lo scorso maggio sia spuntato il nome di Iacovone. Come ha prontamente riportato Lettera 43 sarebbe stato Profumo a lanciarlo e l'attuale capo dell'Acri è anche al vertice della fondazione Bruno Kessler, a metà strada tra gli ambienti prodiani e quelli dei Ds, ma anche partecipa alla Fondazione Italianieuropei il cui presidente si chiama Massimo D'alema. Infatti, stando a quanto apprende La Verità, sarebbe proprio l'ex presidente del Consiglio diessino a sostenere la condidatura di Iacovone al vertice di Cdp. Avrebbe perorato la causa in ambienti istituzionali ma anche in alcune redazioni di giornali. Coincidenza vuole che un mese fa Ernst & Young Italia abbia avviato una attività di collaborazione con la fondazione di D'Alema. Già nel 2017 le due entità aveva collaborato a una tre giorni di approfondimenti su temi internazionali. Ora si riparte sulle stesse tematiche geopolitiche che nulla hanno a che fare con le attività di Cdp o le ambizioni attorno a Iacovone. Ma fa riflettere come l'intellighenzia dei Ds abbia deciso di rialzare la testa. Sarebbe bastato l'addio di Guzzetti per depotenziare il ruolo della tradizione della finanza cattolica che tutti sanno essere più vicina al mondo della Margherita e soprattutto all'eredità di Beniamino Andreatta. Non a caso nel giorno del suo addio Guzzetti ha citato quattro persone: Andreatta, Sergio Mattarella, Romano Prodi e il Papa. Non certo Massimo D'Alema. Così dal momento che a settembre la partita attorno a Cdp potrebbe tornare di attualità è sempre bene capire come la pensano gli storici stakeholder della finanza italiana. Il presidente di Cdp avrà sul tavolo partite sempre più complesse e di importanza strategica. Sarà una poltrona tanto bollente quanto ambita. A oggi il nome di Iacovone non è più sulle colonne dei quotidiani. Mentre ambienti vicini al Mef gradirebbero poco una tale scalata da parte Ey, ricordando ancora oggi gli episodi di Lorenzo Cola nell'affare Digint ai tempi della Finmeccanica di Pier Francesco Guarguaglini e la breve attività di Francesca Immacolata Chaouqui. In realtà, il futuro si deciderà ancora una volta alla corte di Guzzetti e di un'Acri presieduta solo a tempo da Profumo. Se da un lato Carlo Messina è uno dei delfini di Guzzetti e Giovanni Bazoli, ancora deve essere individuato l'altro, quello che si occuperà di cose romane. A meno che Tononi decida di accettare lo scettro. Claudio Antonelli<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/guzzetti-in-pensione-rispuntano-i-ds-con-massimo-dalema-per-le-nomine-cdp-2638807007.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="boccia-sinsedia-a-capo-della-luiss-e-per-il-futuro-pensa-a-garrone" data-post-id="2638807007" data-published-at="1757815165" data-use-pagination="False"> Boccia s’insedia a capo della Luiss e per il futuro pensa a Garrone A metà della prossima settimana l'attuale presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, si autoinsedierà alla presidenza della Luiss, università di Confindustria diretta fino a oggi da Emma Marcegaglia. Il passaggio di consegne è solo il primo passo - a detta degli addetti ai lavori - per quella che ormai in viale dell'Astronomia è già stata soprannominata «la strategia di sopravvivenza di Boccia & co». A un anno dalla scadenza del mandato - la nuova designazione sarà nel marzo 2020 - l'imprenditore campano si prepara a salvare i suoi e a occupare posizioni. La Luiss non sarà l'ultimo avamposto. A quanto pare il candidato su cui hanno iniziato a puntare i bocciani (tra cui il direttore generale, Marcella Panucci, e la vicepresidente, Antonella Mansi) è Edoardo Garrone, patron di Erg, già presidente del consiglio di amministrazione del Sole 24 Ore, quotidiano di viale Monterosa. Al momento sono solo disegni, ma c'è chi fa notare che Garrone ha già iniziato a muoversi da tempo. Basta guardare il nuovo organismo di vigilanza proprio del Sole. Archiviato quello che doveva far dimenticare la stagione dell'ex direttore Roberto Napoletano, (c'era l'ex pm di Mani pulite Gherardo Colombo), ora nel nuovo appena insediato troviamo Lelio Fornabaio, già nel collegio sindacale proprio di Erg. Non solo. Nella strategia di Boccia ci sarebbe anche il tentativo di conservare il posto da direttore generale per Panucci, ma soprattutto trovare una quadra sulle possibili vicepresidenze. Giuseppe Pasini, l'apprezzato numero uno della Confindustria bresciana, potrebbe vedersi assicurata una vicepresidenza in quota Lombardia. Come lui un altro nome per un posto da vice è quello di Fabio Storchi, emiliano, molto vicino all'ex patron della Ferrari Luca Cordero Montezemolo. Altri nomi sono quelli di Carlo Robiglio dal Piemonte e di Matteo Zoppas dal Veneto. Nel Lazio scalpita Alessio Rossi, presidente di Confindustria giovani. Per Mansi ci sarebbe invece la riconferma in Confindustria servizi, nonostante il bilancio del 2018 con un buco da 1,2 milioni di euro. In ogni caso la strategia di Boccia potrebbe scontrarsi con le esigenze di rinnovamento che arrivano dal Nord, da Veneto e Lombardia. È noto che Assolombarda abbia il peso maggiore nel mondo confindustriale e che siano in tanti a chiedere a Carlo Bonomi di candidarsi. Il rischio è che Garrone alla fine non abbia i voti. A Sud, tra Campania e Puglia, il peso dell'attuale presidente è modesto al confronto di un suo rivale storico come Antonio Damato. Sono i primi movimenti, ma danno l'idea dell'agitazione che circola nel gruppo dirigente che ha traghettato Confindustria negli ultimi anni, collezionando più sconfitte che successi. C'è chi fa notare che le scelte di Boccia non hanno portato bene neppure ai suoi referenti politici. Schierò nel dicembre del 2016 tutta Confindustria sul referendum costituzionale e fu sconfitto. Perse di colpo anche il suo cavallo di battaglia politico, cioè Matteo Renzi, ora impantanato nelle sabbie mobili del Pd di Nicola Zingaretti. Persino prima delle elezioni europee, dopo gli avvertimenti dei veneti durante l'assemblea privata, ha deciso di stringere un accordo con il ministro per lo Sviluppo economico, Luigi Di Maio: il leader dei 5 stelle è uscito travolto dalle elezioni europee. Se queste sono le premesse, in viale dell'Astronomia hanno già capito che per Garrone non sarà così facile vincere. A lato di Confindustria continuano i malumori intorno al Sole 24 Ore. In attesa dell'udienza del 12 settembre dove si deciderà il rinvio a giudizio per l'ex direttore Napoletano, il team Boccia starebbe cercando di piazzare un vicedirettore politico, nel quotidiano diretto da Fabio Tamburini. Il nome caldo è quello di Claudio Tito, ora a Repubblica, finito un po' nell'ombra sotto la direzione di Carlo Verdelli. Dentro viale Monterosa non vogliono saperne di esterni, la redazione fa muro, anche per le gravi difficoltà economiche. Il prossimo vicedirettore dovrebbe essere un interno, ovvero Giorgio Santilli. Alessandro Da Rold