
Ecco una guida pratica per una scelta ragionata delle bottiglie migliori in vista del 2024.Conviene meditare questa frase alla vigilia del Capodanno quando a mezzanotte si leveranno i calici come promessa di prosperità: «Non c’è nessuno che conosca il segreto del futuro. Quello che vi serve è del vino, dell’amore e del riposo a piacere». L’ha scritta poco dopo il Mille uno dei maggiori filosofi, astronomi, matematici persiani Omar Ḫayyām. L’ho scelta perché questo è il periodo di Gesù bambino che diventa Cucù, del presepe vietato per non offendere le altre culture, o delle rappresentazioni della natività – quest’anno corrono 800 anni esatti dalla prima celebrazione fatta da San Francesco nella grotta di Greccio - politically correct all’insegna del non dimentichiamoci del condominio Lgbtq+. Bene, Ḫayyām scrive quattro secoli dopo da quando Maometto ha dettato il Corano, segno evidente che la proibizione del vino è precetto claudicante e che forse l’Islam non s’offende così tanto facilmente se noi teniamo salde le nostre tradizioni.Dunque a Capodanno si beve – con la giusta misura – perché per dirla con un’altra grandissima Virginia Wolf «il linguaggio è il vino sulle labbra». Se a San Silvestro vogliamo fare convivio, scambiarci gli auguri, alimentare l’empatia indispensabile a generare rispetto e affetto abbiamo bisogno di parole di vino. È allarmante una notizia – del resto qui si tratta questa merce – che arriva dalla Francia che se non è la culla del vino (era l’Italia nella classicità a essere detta Enotria, e tanto basta) di certo è il paese che nella storia degli ultimi tre secoli ha reso il vino un valore economico e uno stile di vita. Lì l’80% degli under 20 non solo non beve vino, ma non lo conosce. Chiedersi se esista una relazione tra questa ignoranza e la piaga dello sballo forse sarebbe utile. Il vino è – lo è soprattutto durate le feste – quel linguaggio sensoriale che trasmette identità, cultura tradizione. Ma ora veniamo al dunque: quale scegliere? Tanti anni fa un energico ancorché vetusto contadino di Cividale del Friuli – aveva sulle spalle non meno di una settantina di vendemmie – al termine di una degustazione con le necessarie iperboli e le esagerate narrazioni mi si fece d’accosto e mi disse: “Ti gà parlà ben, ma te volevo dir che el vin o xe bon o no xe bon.” Game, set, partita! E’ vero: la prima grane distinzione è se il vino è buono o non è buono. E’ abbastanza vero che il vino buono costa un po’ di più, ma vale molto di più: dunque sotto una certa cifra (vogliamo dire 8 euro?) qualche dubbio è lecito. Seconda regola: si beve secondo cibo. Come asserisce Jean Anthelme Brillat-Svarin nella fisiologia del gusto (per capire di gastronomia bisogna mandarla a memoria) “sostenere che durante un pranzo non bisogna cambiar vino è un'eresia; la lingua si satura, e dopo il terzo bicchiere il vino migliore desta una sensazione ottusa. “ Dunque almeno durante il Cenone cambiamo i vini. I bianchi con il pesce, le paste e le carni bianche, con le uova, i sughi vegetali. Con i fritti sempre gli spumanti, con le carni i rossi aumentandone la corposità al crescere della consistenza della portata. Con i dolci mai spumanti secchi: vini da dessert, passiti (vanno benissimo anche con i formaggi erborinati o molto stagionati), se ci sono creme il Moscato (sono tanti dall’Asti spumante all’ottimo di Pantelleria o al rarissimo Moscato di Scanzo), con la frutta anche spumanti rossi dolci come il Brachetto o la Vernaccia di Serrapetrona amabile, assoluto il Sagrantino passito di Montefalco, se avete frutta secca Piccolit, Torcolato, Vernaccia di Oristano, Vin Santo Toscano o Vino Santo Trentino, Malvasia di Pantelleria, col cioccolato Marsala Stravecchio (ma è ottimo anche con tonno alla griglia, in genere piatti affumicati) oppure Barolo chinato, ma mai assolutamente mai un vino spumante metodo classico, ma anche un metodo Martinotti lungo come la maggior parte dei Prosecco, con i dolci o la frutta fatta eccezione per le fragole.C’è un altro criterio assai divertente per l’abbinamento: quello di territorio. Qualche esempio: roastbeef o fiorentina: Brunello di Montalcino, Chianti Classico o Nobile di Montepulciano. Con l’agnello Montepulciano d’Abruzzo, Rosso Piceno, Nero Buono di Cori, ma anche Tintillia molisana e soprattutto Bovale di Cagliari o Carignano del Sulcis. Con la finanziera, la caccia, Barolo, Barbaresco, Barbera, con il bollito o Lambrusco (che sia Sorbara, Salamino, Reggiano fate voi) oppure salendo di tono Amarone o Ripasso della Valpolicella. Ma ancora: Farsumagro: Nero d’Avola o Nerello Mascalese ma anche Cerasuolo di Vittoria o Frappato. Si va di baccalà: e allora Soave, Verdicchio, Friulano. Si pensa al salmone o alla trota affumicata Sauvignon del Collio, ma anche Muller Thurgau della val di Cembra o i due Incroci: il Manzoni (Riesling Renano per Pinot Bianco) o il Bruni (Verdicchio per Sauvignon). Avete caviale? Beati voi, ma allora serve una grande bolla: Alta Langa, Oltrepò Pavese, Franciacorta, Trentodoc: i grandi metodo classico d’Italia (anche se i franciacortini rivendicano un metodo di rifermentazione in bottiglia tutto loro). Insomma piatto maremmano vino maremmano, piatto ligure vino ligure: è un ottimo modo per comporre una geografia del gusto consonante. C’è un altro segreto che molti tendono ad ignorare: inutile spendere dei bei soldini in un vino se poi si maltratta. Ci vuole il bicchiere giusto, bisogna stare attenti alla giusta temperatura, alla scala di gradazione e consistenza se s’intende seguire l’insegnamento di Brillat-Savarin. Tutte indicazioni che se volete potete trovare in “Galatime Atto Secondo” il libro (lo stampa ancora Maretti) che io con Petra Carsetti abbiano scritto sul Galateo dedicandolo stavolta alle regole di servizio e di comportamento durante un pranzo o una cena al ristorante o a casa. E il vino come avrete capito è magna pars di questa “liturgia” conviviale. Provo qui a disegnare un’opinabilissima lista di vini a cui potrete prestare attenzione per il cenone di San Silvestro. Bianchi – E il loro momento come è il momento dei rosati perche si cercano gradazioni più contenute. Facciamo un viaggio da nord a Sud. Petit Arvine e Blanc de Morgex e de La Salle (ottimo da Ermes Pavese) dalla Valle d’Aosta. In Piemonte: Arneis, Nascetta, Gavi di Gavi (e qui La Scolca non si batte). In Lombardia la Lugana del Garda, lo Chardonnay di Franciacorta (Castello dell’Annunciata) in Veneto dal Soave (Pieropan da tenere in massimo conto) all’Incrocio Manzoni (Collalto). In Friuli c’è di tutto Sauvignon e Friuliano (Venica) Pinot Bianco (Livio Felluga e Russiz Superiore) Ribolla gialla, Malvasia del Carso (Kante) poi grandissime bottiglie Terre Alte (Livio Felluga), Vintage Tunina (Jermann), Breg (Josko Gravner). In Trentino Nosiola, Pinot Bianco, Chardonnay, Sylvaner(Valle Isarco) Cardnnay (Terlano). In Emilia Romagna va rivalutato il Pignoletto, in Liguria (Lupi) , Bianchetta genovese, Bosco delle Cinque Terre. In Toscana tornano oltre al Vermentino di Luni e di Maremma, l’Ansonica dell’Argentario e del Giglio, il Trebbiano e un classico immenso: la Vernaccia di San Gimignano (Falchini, Teruzzi & Puthold). Con anche esperimenti come l’unione di Marsanne e Roussanne (Serrabacio della Serraiola). In Umbria Grechetto dei colli Martani (Caprai, Lungarotti) e Orvieto classico. Nel Lazio Malvasia puntinata e Bellone (Cincinnato), Est Est Est di Montefiascone (Falesco) in Campania Falanghina, Fiano,Biancolella (Marisa Cuomo). Nelle Marche Verdicchio di Jesi (Umani Ronchi, Mirizzi, Garofoli) e di Matelica (La Monacesca) la Ribona (Fontezzoppa), la Garofanata, il Pecorino (Velenosi) in Abruzzo il Trebbiano (Pepe, Valentini) e del pari in Molise (Di Majo Norante). In Puglia Bombino, Verdeca, Fiano Minutolo (Rivera), in Basilicata ancora il Greco (Cantine del Notaio) per arrivare in Calabria Cirò Bianco (Santa Venere), in Sicilia Damaskino (Donnafugata), Greco (Cusumano), Catarratto (Firriato) Moscato fresco (Abraxas). E per finire in Sardegna Vermentino del Sulcis (Santadi) Torbato (Sella e Mosca), Vermentino di Gallura (Capichera).Rosati - Sono i vini del momento con alcune zone di grande vocazione: la Puglia (Five Roses) l’Abruzzo con il Cerasuolo (Pepe), la stessa Sicilia (Planeta, Donnafugata) ne ha fatto una nuova vocazione vitivinicola, il Garda con Bardolino su tutti, ma ora anche zone che hanno uve importanti cominciano ad esplorare il rosato: così la Toscana (Castello di Montepò, Scalabrone), l’Oltrepò pavese, il Trentino Alto Adige (Lagrein Ketzer per dirne uno) il Piemonte e grandissimo successo hanno gli spumanti in rosa.Rossi – Raccontare tutti i rossi italiani è un’ impresa: si parte dal Piemonte con Barolo (Serafino, Elvio Cogno, Boroli, Marchesi di Barolo,Einaudi per dirne alcuni) e Barbaresco (Gaja basta la parola, ma costa un occhio e allo Castello di Neive e poi i grandi barolisti: Chiarlo Giacosa). Da non trascurare la Barbera (Bologna) il Dolcetto, e poi gli altri grandi nebbiolo: Gattinara (Travaglini) Carema (Ferrando). Passiamo in Veneto con l’Amarone (Masi, Tedeschi e poi i carissimi. Allegrini e Dal Forno), in Friuli va riscoperto il RefosCo dal peduncolo rosso, in Trentino Teroldego (Foradori) e Lagrein (Novacella) ma c’è poi un vino che eccelso: San Leonardo! In Emilia si va di Lambrusco (Paltrinieri) in Romagna di Sangiovese (Drei Donà) nelle Marche di Rosso Conero (Le Terrazze, Umani Ronchi) di Vernaccia nera, di Rosso Piceno (Veleonosi). In Abruzzo è tutto Montepulciano (Valentini è il top del top e costa una tombola, Pepe unico, ma poi ci sono tantissimi ottimi produttori). In Molise si punta sulla Tintillia (Terresacre oltre a Di Majo Norante) in Puglia su Negramaro e Primitivo (Vespa) in Sicilia Nero d’Avola (Feudo Montoni) Nerello Mascalese (Dnonnafugata, Cusumano, Planeta), in Calabia Ciro (Paternoster) in Basilicata Aglianico (Cantine del Notaio), in Campania ancora Aglianico (Mastroberardino, Di Meo), nel Lazio Nero Buono (Cincinnato) Syrah (Casale de Giglio), in Umbria Sagrantino di Montefalco (Caprai su tutti, poi Antonelli9 e Sangiovese (Lungarotti) e arriviamo alla Toscana che una e trina. C’è Bolgheri e Castagneto che significa i grandissimi: Sassicaia, Paleo, Ornellaia, Masseto, Inzoglio di Cinghiale di Biserno. C’è la Maremma col Morellino (ottimo il Grillesino), Monteregio (Vigna Montecristo di Serraiola) e Suvereto (di classe assoluta Petra), c’è infine l’immensità del Sangiovese assoluto: Chianti Classico (Ricasoli, Castello d’Ama, Mazzei, Felsina, Antinri), i grandissimi Sangiovese in purezza come Pergole Torte e poi le due grandi denominazioni: Montalcino col Brunello e Montepulciano col Nobile. Su Montalcino va detto che quest’anno il vino di Argiano vendemmia 2018 è stato incoronato miglior vino del mondo per il 2023. Dire che è diventato introvabile è un’ ovvietà. Ma a Montalcino con Costanti (Podere al Matrichese) le Potazzine, Fattoria de’ Barbi si beve bene senza svenarsi. Così vale per il Nobile con la Braccesca, Boscarelli, vignonesi. Non va trascurato il Carignano (Tenuta Capezzane) e il Chainti Rufina (Frescobaldi) Ma non si può lasciare la Toscana senza citare Solaia e Tignanello due perle assolute di Piero Antinori. In Sardegna cannonau in ripresa ma tre bottiglie in assoluto meritano attenzione: Barrua di Agripunica, Terre Alte di Santadi e Turriga di Argiolas che esalta anche il Bovale.Spumanti – L’Italia spuma ormai ovunque e ci sono moltissimo ottimi spumanti da vitigni autoctoni. Stando sul prosecco due firme sono irrinunciabili: Nino Franco e Canevel. Poi tra i tanti spumanti di territorio va citato Garofoli col Verdicchio nelle Marche, ma anche Mirizzi oltre a Velenosi che con la Passerina metodo Martinotti ha prodotto il Prosecco dell’Adriatico, vanno citati i tre soci di D’Araprì che in Puglia producono con il Bombino Bianco ottime bottiglie. Quanto alle Marche va rivelata una curiosità: i francesi si piccano di avere inventato il metodo di rifermentazione in bottiglia che alla base dello Champagne con il mitico Dom Perignon, ma in realtà i primi in assoluto a codificare il metodo sono stati Andrea Bacci sul finire del 500 con il suo De Natutali vinorum historia (Lui era l’archiatra del Papa) e l’altro medico fabrianese Francesco Scacchi che ne 1622 (dunque quarant’anni prima del francese) scrive il De salubri poto dissertatio. Ovviamente quando si parla di bolle non si può andare in Oltrepò pavese un giacimento di pinot nero (ottime le bottiglie di Monsupello) né è trascurabile il Trentino (Abate Nero, ma anche Cavit e Rotari e Bossi Fedrigotti) e in Franciacorta bisogna proprio passarci (Contadi Castaldi Uberti, Mosnel, le Marchesine, Montenisa). L’Italia ha però dei campioni assoluti: Giulio Ferrari Riserva del Fondatore (Trentodoc) Madame Martis e Monsiuer Martis (Trentodoc), Enrico Serafino (Alta Langa che sta sui lieviti minimo 96 mesi!) Vittorio Moretti Riserva Extrabrut (Terra Moretti, Francicorta) Ca’ del Bosco Cuvée Annamaria Clementi. Queste bottiglie stanno al pari e sovente battono i migliori Champagne. Va da sé che tutta la produzione di queste cantine nelle varie declinazioni di prezzo è ottima. Ma ho cominciato con la Francia e finisco con la Francia. Purtroppo questi sono ancora giorni di guerra e allora viene in mente Sir Winston Churchill che per incoraggiare i deputati della Camera dei Comuni a non ostacolare l’azione militare contro Hitler disse: E ricordatevi noi non combatteremo per i francesi, ma per lo Champagne. Churchill ne era un raffinato degustatore canto che madame Roger creo per li una riserva specialissima. Ecco se a Capodanno siete in vena di spendere e volete sentirvi in pace stappate la Riserva Winston Churchill di Pol Roger. Ne vale la pena. E buon 2024 con qualsiasi vino purché “el sia bon.”
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






