2024-01-02
Guida Oms per i trans. Ma la salute non c’entra
Il direttore generale dell'Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus (Ansa)
Si riunisce il comitato dell’Organizzazione che punta a nuove regole per i sanitari. L’obiettivo è diffondere «cure inclusive». Cioè, ormoni e bloccanti della pubertà per massimizzare «l’autodeterminazione di genere».Tra una direttiva sui vaccini e l’altra, l’Organizzazione mondiale della sanità trova anche il tempo di occuparsi di altri temi edificanti, per la precisione «Diversità, Equità e Inclusione». Tre parole che, tradotte dal burocratese illuminato, indicano le tanto amate «questioni di genere». Poco prima di Natale, come segnala Feministpost.it, l’Oms ha annunciato di aver formato una squadra che procederà alla stesura di nuove linee guida in materia di «salute delle persone trans e di genere diverso». Il che, di per sé, potrebbe anche non essere negativo, dato che la popolazione transgender ha notoriamente esigenze sanitarie molto particolari.I problemi iniziano quando si comincia a indagare l’approccio con cui l’istituzione intende procedere alla stesura delle indicazioni. Le quali si candidano ovviamente a diventare il punto di riferimento internazionale sull’argomento. Leggendo il comunicato ufficiale dell’Oms scopriamo che «le nuove linee guida forniranno prove e indicazioni per l’implementazione degli interventi nel settore sanitario, volti ad aumentare l’accesso e l’utilizzo di servizi sanitari di qualità e rispettosi da parte di persone trans e di genere diverso». E già si intuisce dove i nostri eroi andranno a parare. «Le linee guida si concentreranno su cinque aree», prosegue il testo. «Fornitura di cure che affermino il genere, compresi gli ormoni; istruzione e formazione degli operatori sanitari per la fornitura di cure inclusive di genere; fornitura di assistenza sanitaria per persone trans e di genere diverso che hanno subito violenza interpersonale in base ai loro bisogni; politiche sanitarie che supportino un’assistenza inclusiva di genere e il riconoscimento legale dell’identità di genere autodeterminata». Pare di capire, dunque, che l’approccio scelto sia quello cosiddetto «affermativo», il quale prevede di assecondare l’autodefinizione di genere da parte di giovani e adulti. È una visione pericolosetta, perché tende a confondere scienza e diritti: se si stabilisce che è un diritto dell’individuo essere riconosciuto quale appartenente al genere che egli ha scelto, diviene difficile negargli una transizione o porgli qualche ostacolo, anche qualora fosse nel suo interesse. Non a caso, nel testo dell’Oms si parla esplicitamente di bloccanti della pubertà per i minori e di autodeterminazione di genere, ovvero la cosiddetta «self id» (che impone di riconoscere legalmente un individuo come appartenente al sesso opposto anche in assenza di interventi chirurgici). Si tratta di questioni che sono scientificamente e politicamente molto controverse, e su cui dovrebbero esprimersi prima di tutto i Parlamenti sovrani e non un organismo che pretende di essere in qualche modo neutro ed esclusivamente tecnico. I guai però non finiscono qui. Come dicevamo, le linee guida devono ancora essere stese, e a realizzarle provvederà un gruppo di presunti esperti. Sui quali è lecito esprimere più di una perplessità. Come ha spiegato Marina Terragni, «di questo gruppo di esperti fanno parte molti apparatchik della World Professional Association of Transgender Health, tra cui due ex presidenti; attivisti trans impiegati dalla rete Global Action for Trans Equality, o Gate; il genitore di un bambino che si identifica come trans; e almeno un membro con forti legami con l’industria farmaceutica». In buona sostanza, «su 21 membri più di tre quarti sono transattivisti». Diciamo che la composizione è per lo meno un po' sbilanciata. Infatti, rimarca Terragni, «nel panel dell’Oms non ci sono voci critiche, medici preoccupati, esperti di sviluppo infantile e adolescenziale, specialisti in neurosviluppo, desister e detransitioner». Tra le varie personalità selezionate - ed è questo l’aspetto forse più inquietante - ci sono alcuni attivisti che sono strenui sostenitori dell’utilizzo di ormoni per bloccare la pubertà. Ad esempio Florence Ashley, una accesa militante secondo cui «i bloccanti della pubertà dovrebbero essere trattati come l’opzione predefinita» per tutti gli adolescenti. I quali, a suo dire, dovrebbero essere immediatamente medicalizzati invece di «lasciare che la pubertà faccia il suo corso». Il pericolo concreto è che a formulare le linee guida che forniranno al mondo il modello da seguire per i trattamenti di giovani con problemi riguardanti il genere siano attivisti e fanatici spacciati per esperti sopra le parti. Il comitato si riunirà a Ginevra dopo la metà di febbraio e inizierà a lavorare probabilmente nell’indifferenza generale. A queste condizioni è facile prevedere come possa andare a finire: la prossima volta che un sedicente esperto dovrà trattare con un giovane trans, potrà indirizzarlo secondo le proprie convinzioni politiche e troverà nei documenti dell’Oms un potente aiuto. A quel punto, contrastare l’ideologia spacciata per scienza e la politica travestita da salute sarà quasi impossibile.
Donna, ingegnere aerospaziale dell'Esa e disabile. La tedesca Michaela Benthaus, 33 anni, prenderà parte ad una missione suborbitale sul razzo New Shepard di Blue Origin. Paraplegica dal 2018 in seguito ad un incidente in mountain bike, non ha rinunciato ai suoi obiettivi, nonostante le difficoltà della sua nuova condizione. Intervistata a Bruxelles, ha raccontato la sua esperienza con un discorso motivazionale: «Non abbandonate mai i vostri sogni, ma prendetevi il giusto tempo per realizzarli».