2021-10-22
Guida autonoma e mezzi più leggeri. L’ecologia a discapito della sicurezza
L’Onu vorrebbe applicare il limite di 30 km all’ora in ogni centro urbano del mondoGuidereste un’automobile la cui velocità massima non sarebbe decisa da voi? Un computer di bordo conoscerebbe la posizione del veicolo dal Gps di bordo e adatterebbe le prestazioni a quanto previsto in quella strada dalla municipalità. Sarebbe l’estinzione dei sorpassi e delle multe per eccesso di velocità, ma anche la morte del libero arbitrio dell’autista con conseguenze meno scontate, come l’impossibilità di farsi da parte rapidamente per lasciare libero passaggio a un’ambulanza. La realtà è che gli allarmi di superamento dei limiti ormai sono diffusi sui veicoli eppure le multe non calano. Così la proposta dell’Onu di applicare il limite di 30 km/h in ogni centro urbano del mondo suona come una resa insopportabile dell’uomo alla macchina: il conducente smetterebbe di essere tale, sarebbe infatti il veicolo a decidere dove, quando e quanto accelerare.In città con sempre più limitazioni alla circolazione non illudiamoci che la conversione all’elettrico risolva i problemi. Una cosa è, infatti, non emettere sostanze inquinanti, ben altro è eliminare la presenza delle vetture spingendo le persone ad altre forme di mobilità definite «alternative», ma che in realtà non contemplano le medesime possibilità in termini di trasporto. Forse il sogno di taluni sindaci è vedere un idraulico che si sposta in bicicletta o monopattino, come poi costui possa trasportare un lavandino è un «dettaglio». La morale invece è sempre quella: con la scusa dell’ecologia si vuole aggredire il conto corrente dell’automobilista. Secondo un rapporto dell’Istituto per gli studi di politica internazionale, un tassello fondamentale per completare la transizione del settore dei trasporti privati verso un modello più sostenibile sarebbe la limitazione della velocità. All’Ispi sono convinti che andare tutti più adagio aumenti la sicurezza, ma la fisica insegna che non è sempre così, mentre il mercato dice che se un’automobile non è in grado di mantenere un’andatura soddisfacente non la compra nessuno. Il ragionamento Ispi si basa sul fatto che meno velocità implichi meno robustezza in caso di urti, e quindi che una massa inferiore del veicolo richieda meno energia per muoversi. Fisicamente vero, operativamente falso.Un’altra considerazione meritano invece le enormi potenze complessive installate su determinati veicoli elettrici: non ha alcun senso ecologico, infatti, produrre un veicolo che per trasportare cinque persone abbia oltre 300 cavalli e pesi due tonnellate, parametri che influiscono non poco sul consumo delle batterie. E pensare che negli anni Novanta c’era già chi si lamentava di non poter più avere il pieno controllo della frenata all’arrivo dell’Abs, di temere il servosterzo e l’airbag. Invece ci siamo abituati a una maggiore sicurezza, al climatizzatore e ai finestrini elettrici. Ma la loro presenza a bordo l’abbiamo pagata in termini di peso e quindi di potenza necessaria per mantenere le prestazioni. Siamo disposti a tornare indietro? Una certezza: nessuno comprerebbe un veicolo non in grado di fare una salita. Il teorema che una massa limitata aiuti a ridurre la quantità di energia necessaria a tutto vantaggio del consumo e dell’ambiente si adatta ai veicoli usati sui campi da golf ma non regge sul mercato automotive. Dovremmo accettare il compromesso sulla sicurezza, poiché giocoforza questi mezzi sarebbero meno robusti. E sulla sicurezza non si risparmia. L’idea che automobili più leggere possano anche costare meno è un’altra utopia: i progettisti sarebbero costretti a usare materiali come fibra di carbonio o kevlar, ben poco ecologici e più costosi.Prepariamoci, la politica cercherà di far digerire ad automobilisti, motociclisti e costruttori maggiori limitazioni. Dimenticando che guidare un veicolo rappresenta un piacere, poter andare dove ci pare è un diritto. Ma comprare non è obbligatorio. Qualcuno evidentemente vuole la de-motorizzazione di massa.