
La piattaforma potrebbe essere comprata entro domani. Walmart alleata di Microsoft. La guerra tra la Casa Bianca e Tik Tok ha fatto cadere la prima testa. Dopo le pressioni di Donald Trump sull'app di proprietà del colosso cinese ByteDance, accusata di vendere i dati sensibili di milioni di utenti a Pechino, culminate con l'ordine esecutivo del presidente che vietava da settembre l'uso del social negli Stati Uniti, ieri si è infatti dimesso il ceo, Kevin Mayer.In una lettera ai dipendenti, il manager avrebbe fatto riferimento ai cambiamenti sul piano politico e quindi sul suo ruolo. Mayer era alla guida di Tik Tok da maggio. Il direttore generale del social, Vanessa Pappas, assumerà il ruolo di ceo ad interim. «Ci rendiamo conto che le dinamiche politiche degli ultimi mesi hanno cambiato in modo significativo la portata del ruolo di Kevin e rispettiamo pienamente la sua decisione. Lo ringraziamo per il suo tempo in azienda e gli facciamo i nostri migliori auguri», ha dichiarato un portavoce della piattaforma.Solo lunedì scorso, il social aveva annunciato di aver fatto causa alla Casa Bianca, facendo presagire un'escalation nella battaglia, politica e legale che dura da mesi. Ma nel frattempo, la ByteDance ha continuato a dialogare con gli acquirenti, tra cui Microsoft, Oracle e Twitter. E, infatti, l'addio del vertice non è stata l'unica soddisfazione di Trump: con il suo bando, il tycoon obbligava di fatto Tik Tok a una cessione. Le indiscrezioni sui negoziati circolavano da settimane, ma ieri è arrivata la certezza. La vendita della piattaforma potrebbe avvenire entro domani a un prezzo compreso fra i 20 e i 30 miliardi di dollari, come ha riportato Cnbc. Microsoft, tra i potenziali acquirenti, ha trovato un alleato per l'offerta in Walmart, il colosso proprietario della catena di negozi di vendita al dettaglio. «Il potenziale rapporto con Tik Tok potrebbe offrire a Walmart» si legge in una nota della multinazionale, «una nuova modalità per raggiungere i clienti». L'annuncio ha fatto volare i titoli Walmart, arrivati a guadagnare il 3%. Entro il prossimo weekend potrebbe essere scritto dunque l'ultimo atto dell'affaire sul social network - da 2 miliardi di download - divenuto uno dei tanti terreni di scontro tra Washington e Pechino. I dubbi sulla privacy degli utenti di Tik Tok e sul destino dei loro dati erano stati espressi anche in Italia, dove nei mesi scorsi l'app era finita nel mirino del Garante per la privacy del Copasir proprio per la gestione dei dati e i legami con il governo cinese e le sue agenzie di intelligence. Due settimane fa, inoltre, un'indagine del Wall Street Journal sosteneva che Tik Tok avesse raccolto illegalmente i dati dei fruitori per almeno 15 mesi, aggirando il sistema di protezione del sistema Android anche tramite l'uso di un livello di crittografia aggiuntivo.La piattaforma era stata accusata anche nel marzo scorso di rubare i dati personali degli utenti iOS, il sistema operativo per iPhone.
Luca Marinelli (Ansa)
L’antica arte partenopea del piagnisteo strategico ha in Italia interpreti di alto livello: frignano, inteneriscono e incassano.
Venghino, siori, venghino, qui si narrano le gesta di una sempiterna compagnia di ventura.
L’inossidabile categoria dei cultori del piagnisteo.
Che fa del vittimismo una posa.
Per una buona causa: la loro.
Ecco #DimmiLaVerità del 6 novembre 2025. L'ex ministro Vincenzo Spadafora ci parla del suo movimento Primavera e della situazione nel centrosinistra.
Antonio Filosa (Stellantis)
La batteria elettrica è difettosa. La casa automobilistica consiglia addirittura di parcheggiare le auto lontano dalle case.
Mentre infuria la battaglia mondiale dell’automobile, con la Cina rampante all’attacco delle posizioni delle case occidentali e l’Europa impegnata a suicidarsi industrialmente, per Stellantis le magagne non finiscono mai. La casa automobilistica franco-olandese-americana (difficile ormai definirla italiana) ha dovuto infatti diramare un avviso di richiamo di ben 375.000 automobili ibride plug-in a causa dei ripetuti guasti alle batterie. Si tratta dei Suv ibridi plug-in Jeep Wrangler e Grand Cherokee in tutto il mondo (circa 320.000 nei soli Stati Uniti, secondo l’agenzia Reuters), costruiti tra il 2020 e il 2025. Il richiamo nasce dopo che si sono verificati 19 casi di incendi della batteria, che su quei veicoli è fornita dalla assai nota produttrice coreana Samsung (uno dei colossi del settore).
Lucetta Scaraffia (Ansa)
In questo clima di violenza a cui la sinistra si ispira, le studiose Concia e Scaraffia scrivono un libro ostile al pensiero dominante. Nel paradosso woke, il movimento, nato per difendere i diritti delle donne finisce per teorizzare la scomparsa delle medesime.
A uno sguardo superficiale, viene da pensare che il bilancio non sia positivo, anzi. Le lotte femministe per la dignità e l’eguaglianza tramontano nei patetici casi delle attiviste da social pronte a ribadire luoghi comuni in video salvo poi dedicarsi a offendere e minacciare a telecamere spente. Si spengono, queste lotte antiche, nella sottomissione all’ideologia trans, con riviste patinate che sbattono in copertina maschi biologici appellandoli «donne dell’anno». Il femminismo sembra divenuto una caricatura, nella migliore delle ipotesi, o una forma di intolleranza particolarmente violenta nella peggiore. Ecco perché sul tema era necessaria una riflessione profonda come quella portata avanti nel volume Quel che resta del femminismo, curato per Liberilibri da Anna Paola Concia e Lucetta Scaraffia. È un libro ostile alla corrente e al pensiero dominante, che scardina i concetti preconfezionati e procede tetragono, armato del coraggio della verità. Che cosa resta, oggi, delle lotte femministe?






