2020-12-27
Guerra sbugiardato dal suo documento
L'urgenza di aggiornare il Piano pandemico venne evidenziata nel 2015, in un testo firmato proprio dal direttore aggiunto dell'Oms, allora alla guida della prevenzione del ministero della Salute fino al 2018. Che adesso scarica il barile sul suo successore, Claudio D'Amario.Ormai nessuno ha il coraggio di negare che l'Italia sia arrivata all'emergenza Covid priva di un piano pandemico aggiornato ed efficace. In compenso, ministri, politici e dirigenti del ministero da settimane sono impegnati nell'antico gioco dello scaricabarile. Negli ultimi giorni si è visto un particolare accanimento contro Claudio D'Amario, che è stato a capo della prevenzione del ministero della Salute dal 2018 ai primi mesi del 2020. È stato in particolare Ranieri Guerra, ora direttore aggiunto dell'Oms e predecessore di D'Amario al ministero, a tirargli la croce addosso. Guerra ha dichiarato più volte che lui, prima di lasciare il suo incarico romano, consegnò un appunto al ministro della Salute (a quei tempi era Beatrice Lorenzin) per ricordarle di aggiornare il piano pandemico.In effetti, quell'appunto esiste. È datato 15 settembre 2017, ed è lungo poco più di una pagina. Inizia dicendo che «l'influenza pandemica non è una minaccia teorica. È piuttosto una minaccia ricorrente». Prosegue spiegando che non è possibile quando e come avverrà la prossima pandemia, tuttavia «è possibile adottare tutte le misure tese a contenere la diffusione del virus e limitare al massimo le possibilità di contagio all'uomo». Il testo conclude dichiarando che «si è posta quindi la necessità di predisporre un nuovo piano nazionale di preparazione e risposta per una pandemia influenzale». Tutto chiaro, dunque.Di più: dal pur breve testo si comprende l'urgenza di aggiornare il piano onde essere pronti all'arrivo di nuove minacce. Beatrice Lorenzin rimase al ministero della Salute dal 2013 al primo di giugno del 2018, ma i lavori per l'aggiornamento del piano iniziarono soltanto l'11 aprile del 2019. E dire che al ministro non mancava la sensibilità sul tema epidemie: basti ricordare le campagne a favore dei vaccini. Come mai allora non ha mai provveduto a mettere mano al piano pandemico?Sono mancati i tempi, si dice. In effetti, dal settembre 2017 al maggio del 2018 sono trascorsi pochi mesi, non sufficienti per completare un lavoro imponente. Il punto, tuttavia, è che della necessità di aggiornare il piano si sapeva da molto più tempo. Per la precisione dal 2015. Perché si sapeva? Semplice: perché qualcuno lo aveva scritto nero su bianco in un documento ufficiale. E quel qualcuno era Ranieri Guerra.Il 5 marzo del 2015, infatti, viene pubblicato il Piano nazionale della prevenzione 2014-2018, un documento di 88 pagine in cui vengono elencate tutte le azioni che il ministero della Salute deve compiere per tutelare al meglio gli italiani nel lasso di tempo coperto dal piano.A pagina 63 si trova il capitolo dedicato alle «emergenze infettive». Leggiamo: «Emergenze infettive come l'epidemia di Chikungunya in Emilia Romagna (2007) e la pandemia influenzale A/H1N1 (2009), patologie emergenti come il Mers CoV (2012) o l'influenza aviaria H7N9 (2013) e patologie riemergenti come il virus polio nel medio-oriente (2013) hanno mostrato come sia necessario rafforzare le capacità di monitoraggio e risposta a livello nazionale e internazionale. Lo sviluppo di sistemi in grado di identificare tempestivamente possibili emergenze infettive, la capacità di valutare il rischio a esse associato e la disponibilità di piani aggiornati di preparazione e risposta intersettoriali, sia generici sia specifici per patologia infettiva, sono alcuni dei pilastri necessari per una risposta di sanità pubblica efficace». Ecco qui, è scritto esplicitamente: servono piani aggiornati per le patologie infettive, sia specifici sia generici. Non solo: il documento richiama esplicitamente le indicazioni fornite dall'Unione Europea: «Con l'entrata in vigore, nel 2013, della nuova Decisione della Commissione europea (No 1082/2013/Eu), l'Italia è chiamata a sviluppare un piano generico di preparazione a serie minacce transfrontaliere per la salute sia di origine biologica (malattie infettive, resistenza agli antibiotici e infezioni nosocomiali, biotossine), che di origine chimica, ambientale o sconosciuta e a minacce che potrebbero costituire un'emergenza sanitaria di carattere internazionale nell'ambito del Regolamento Sanitario Internazionale».C'era tutto, e - tanto per essere chiari - si ribadiva più volte la necessità di mettere in campo azioni di prevenzione. «Si tratta di potenziare la funzione di intelligence per anticipare le possibili situazioni critiche (orientando a questo fine anche la funzione di sorveglianza epidemiologica), di preparare procedure e piani per la gestione delle principali tipologie di emergenza di sanità pubblica, di formare adeguatamente i professionisti e informare in modo appropriato i cittadini, di curare tempestività, coerenza e trasparenza della comunicazione», leggiamo ancora nel testo. «Ne consegue che, nel quinquennio imminente, si dovrà lavorare per: l'adozione di procedure per la gestione delle principali emergenze, articolate su scala locale, regionale e centrale; la previsione di strumenti normativi che consentano ai servizi di prevenzione di assicurare questa funzione e di strumenti e regole standard di comunicazione specifici». Serviva un piano, lo sapevano tutti. Tanto che, nel 2015, con Ranieri Guerra a capo della prevenzione, venne scritto in un documento ufficiale e di primaria importanza. Resta solo da capire una cosa: perché dal 2015 al 2019 nessuno ha mosso un dito? Sarebbe gradito avere risposta.
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