2024-12-25
L'ultima guerra delle donne samurai
True
A sinistra Nakano Takeko (1847-1868). A destra, Niijima Yae (1845-1932)
Nel 1868 la guerra tra gli ultimi shogun Tokugawa e le forze imperiali vide combattere anche le donne. Le storie di Nakano Takeko e Niijima Yae.Gli anni erano quelli, drammatici per la storia del Giappone, della fine dell’era Tokugawa e del feudalesimo degli Shogun e dell’inizio dell’era imperiale Meiji, alla fine degli anni Sessanta del secolo XIX. Il fattore che sconvolse i secolari equilibri di potere fu l’uscita graduale del Giappone dall’isolazionismo assoluto e i nuovi rapporti di alleanza con le potenze occidentali, che portarono anche la diffusione delle armi moderne nelle guerre tra i signori della terra del sol levante. In questo periodo storico si collocano le storie di due donne samurai, entrate in seguito nel patrimonio della tradizione eroica del Paese.Nakano Takeko e Niijima Yae si trovarono a combattere la stessa campale battaglia in difesa del castello-fortezza di Aizu (oggi parte settentrionale della prefettura di Fukushima), centro nevralgico della difesa dello shogunato Tokugawa accerchiato nell’autunno del 1868 dalle forze filo imperiali.Aizu, storicamente legato alla antica tradizione samurai, ebbe la caratteristica peculiare di annoverare nella sua stirpe guerriera anche le donne. Conosciuto come Joshitai, l’esercito femminile di Aizu si formò su base volontaria per iniziativa di Nakano Takeko, una onna-bugeisha (letteralmente donna guerriera) figlia di un dignitario e samurai del clan Matsudaira, signori di Aizu. Allevata nei princìpi tradizionali, si formò nelle arti e nella letteratura, venendo istruita anche nelle arti marziali e nell’uso della naginata, una spada dalla lama leggermente ricurva e più lunga della katana dei samurai, dotata di un’asta in legno laccato che permetteva di sferrare colpi a distanza. Gli sviluppi drammatici della guerra Boshin (o guerra dell’anno del drago) spinsero Takeko a fare ritorno nel feudo da Edo (odierna Tokyo) dove si era trasferita per perfezionare le tecniche di combattimento. Poco prima della battaglia finale raccolse una ventina di donne figlie di dignitari e abili nell’arte della spada formando il primo piccolo esercito femminile di donne samurai.L’assedio del castello di Aizu (noto anche come Tsuruga) da parte delle imponenti forze imperiali (circa 30mila uomini equipaggiati con cannoni e fucili di fabbricazione occidentale) iniziò il 6 ottobre 1868 e durò esattamente un mese, fino al successivo 6 novembre quando la fortezza fedele allo shogunato si arrese. Durante questi 30 giorni di sangue, le donne dello Joshitai difesero il castello a fianco degli uomini, occupandosi contemporaneamente della cura dei feriti e del vettovagliamento con uno sforzo sovrumano. Takeko fu subito in prima linea, intenta a respingere a colpi di naginata gli assalti degli imperiali. La storia narra che la donna samurai fosse riuscita ad uccidere 5 nemici grazie alla sua abilità di guerriera. Al quinto giorno di assedio, il 10 ottobre 1868, Takeko fu colpita in pieno petto da un colpo di fucile a distanza ravvicinata. In punto di morte, nel rispetto del codice d’onore dei samurai (il Bushido) chiese alla sorella Yuko di essere decapitata e che la sua testa venisse sepolta sotto un grande albero del parco del castello per non subire l’umiliazione di essere portata come trofeo dal nemico.Nello Joshitai combatté anche Niijima Yae (nata Yamamoto Nae), pressochè coetanea di Takeko Nakano. La donna guerriera che difese Aizu aveva un’ulteriore peculiarità rispetto alle compagne: era in grado di utilizzare fucili, tra i pochi disponibili per i difensori di Aizu. Questo perché la donna era figlia di un maestro tra i maggiori esperti delle tradizionali armi da fuoco come gli archibugi giapponesi Tanegashima, fucili arcaici simili a quelli europei del XVI secolo. Niijima, durante la battaglia di Aizu, avrebbe maneggiato un’arma più moderna, un fucile a percussione tra i rarissimi disponibili tra le armate degli shogun. Durante l’assedio di Aizu si distinse nella difesa dell’ultimo baluardo Tokugawa e riuscì a sopravvivere alla sanguinosa battaglia del castello di Aizu. Pur sconfitta (il fratello sarà fatto prigioniero) Yae visse una vita intensa anche dopo la fine dello shogunato. Dopo la guerra Boshin si convertì al cristianesimo dopo aver conosciuto e sposato Nijima Jo, un intellettuale ex samurai che aveva studiato negli Stati Uniti e che fu tra i massimi sostenitori della modernizzazione del Giappone. Questo matrimonio, quasi un ossimoro per i trascorsi antimodernisti di Yae, fece sì che l’ex guerriera dello Joshitai diventasse nell’era imperiale Meiji una delle figure di riferimento per l’avanzamento culturale e professionale delle donne. Con il marito nel 1875 fondò l’università Doshisha di Kyoto, per la quale fu a lungo docente. Ma la carriera di Yae vide altre due guerre. Non imbracciò più il fucile come nel 1868 ma si arruolò come infermiera dapprima nella guerra Sino-Giapponese (1894-1895) e poi in quella russo-giapponese (1904-1905). Morì a Kyoto il 14 giugno 1932 all’età di 86 anni.
«Murdaugh: Morte in famiglia» (Disney+)
In Murdaugh: Morte in famiglia, Patricia Arquette guida il racconto di una saga reale di potere e tragedia. La serie Disney+ ricostruisce il crollo della famiglia che per generazioni ha dominato la giustizia nel Sud Carolina, fino all’omicidio e al processo mediatico.