2018-07-04
Le app del cibo si fanno la guerra per i dati: il primo caduto è il country manager di Glovo
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C'è una guerra in corso tra i colossi del food delivery italiano. E si consuma a Milano dove la scorsa settimana Matteo Pichi, country manager Italia di Glovo, ha lasciato il posto. I motivi non sono stati comunicati dall'azienda ma alla base dell'allontanamento ci sarebbe una resa dei conti tra i protagonisti della gig economy, tra i grandi gruppi che portano cibo a domicilio. A quanto risulta alla Verità, infatti, la battaglia in corso, che ha lasciato sulla strada il primo manager, dipenderebbe dalla crescita esponenziale di richiesta di poke nel capoluogo lombardo. Il poke, o la pokè, è un alimento semplice ma coloratissimo composto da cubetti di pesce marinati in una salsa (di solito di sesamo o soia), riso e verdure. Nato nelle assolate Hawaii è diventato, proprio a Milano, il nuovo sushi. Una moda, senza dubbio gustosa, che viene preferita soprattutto dalla fascia d'età tra i 35 e i 40 anni, dalle donne, e da tutti coloro che sono più attenti alle mode culinarie del momento. La pokè ha infatti, almeno a pranzo, rimpiazzato i più classici nigiri e hosomaki nipponici perché unisce due ingredienti fondamentali: l'essere economica (una ciotola completa non costa mai più di 12 euro) e veloce da consumare. Perfetta, insomma, per la vita frenetica di chi sceglie i food delivery per non perdere tempo e pranzare magari davanti allo schermo del computer. Ma come può un alimento nato per saziare i surfisti sulle spiagge bianche hawaiane essere divenuto il campo di battaglia di due dei colossi del delivery? Semplice.Deliveroo e Glovo avrebbero deciso di approfittare di questa nuova moda sfruttando i dati già in loro possesso sul consumo di poke delle più grandi città per lanciare nuove realtà che consegnano poke a domicilio. Vi facciamo un esempio. Il 30 maggio scorso Deliveroo scriveva sul suo blog un lungo articolo in cui raccontava questa nuova moda annunciando l'apertura di un nuovo poke-shop a Milano. Poke house, questo il nome del ristorante, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso - già stracolmo - di chi le poke le ha portate sotto la Madonnina per primo. I Love Pokè non ha infatti digerito la comparsa improvvisa della concorrenza, e soprattutto non accetta la «concorrenza sleale da parte di Deliveroo e Glovo». «Noi paghiamo per essere parte di questi servizi di delivery» hanno spiegato i responsabili di I Love Pokè in via Tortona a Milano «e improvvisamente abbiamo visto comparire poke house ovunque, spinte dallo stesso servizio. Questo non è corretto»Attualmente il servizio di Glovo è disponibile a Milano, Roma, Catania, Parigi, Barcellona, Madrid, Valencia, Siviglia, Saragozza, Malaga, Palma e Bilbao e dichiara più di 250 mila utenti e 3 mila partner. Sempre secondo i dati forniti dalla società, a luglio 2017 l'applicazione ha raggiunto un milione di richieste. Deliveroo è il servizio di Food Delivery che serve il maggior numero di città italiane, ovvero: Bergamo, Bologna, Brescia, Firenze, Milano, Monza, Padova, Piacenza, Roma, Torino, Verona. Inutile dire che la mole di dati raccolta e analizzata sulla consegna a domicilio di poke è stata così importante da aver infastidito i proprietari di I Love Poke che, sollevata la cornetta, hanno spiegato ai vertici di Deliveroo e Glovo come «quella messa in atto fosse pura concorrenza sleale». La guerra sui cubetti di pesce mantecati è solo iniziata, e chi ha sdoganato in città la cultura Waikiki si dice «pronta a far valere le sue ragioni». Costi quel che costi.
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)