2024-09-17
Così è iniziata la guerra dei giudici a Salvini
La sinistra si indigna, ma il centrodestra non sbaglia: il processo di Palermo è politico dall’inizio alla fine. Quando Luca Palamara diceva che il ministro «ha ragione ma va attaccato lo stesso» stava esprimendo la linea di tutta una parte della magistratura.«Hai ragione, ma adesso dobbiamo attaccarlo, ha la gente con sé, dobbiamo fermarlo». Nell’agosto 2018 Luca Palamara è capo corrente di Unicost, gran visir del sindacato dei magistrati Anm e parla così di Matteo Salvini che da ministro dell’Interno ha cominciato la campagna dei porti chiusi agli immigrati clandestini. Il suo interlocutore è Paolo Auriemma, procuratore di Viterbo, e ha appena finito di criticare la strategia giudiziaria contro la politica del governo Conte 1: «Non vedo dove Salvini stia sbagliando. Illegittimamente si cerca di entrare in Italia e il ministro legittimamente interviene perché ciò non avvenga». Però va fermato. Il caso scatenante è quello della nave Diciotti, l’estate successiva si ripeterà l’identico clichè per la nave Gregoretti, per Open Arms, per Sea Watch. L’intercettazione pubblicata a suo tempo dalla Verità e ampliata nel libro Il sistema è la smoking gun, la pistola fumante che dimostra la valenza politica di un braccio di ferro fra l’allora esecutivo di centrodestra e quella parte di mondo giudiziario che dai tempi di Tangentopoli corre in soccorso della sinistra in difficoltà. Dopo la pubblicazione di quell’imbarazzante colloquio quattro parlamentari della Lega (fra loro c’è Giulia Bongiorno, l’avvocato reso famoso dal processo a Giulio Andreotti) si appellano al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, perché si preservi «l’indipendenza della politica rispetto alla magistratura». Mentre infuria la polemica sull’uso politico-ideologico del processo di Palermo, è fondamentale fare esercizio di memoria e tornare là (2018, 2019) dove tutto è cominciato. Gli ingredienti sono perfetti: un ministro di destra, il povero immigrato maltrattato, la sinistra che cerca la rivincita dopo la disfatta elettorale. Così le inchieste arrivano a raffica e il più attivo di tutti è Luigi Patronaggio, procuratore di Agrigento nominato in quota Magistratura democratica, che indaga Salvini nelle quattro occasioni e ordina lo sbarco immediato di tutti i migranti dalla Sea Watch dopo una visita a bordo, accompagnato dalle telecamere. In quel periodo è molto attivo anche il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini. Spiega Palamara (poi rimosso dall’ordine giudiziario) nel libro scritto con Alessandro Sallusti: «Il 24 agosto 2018 Legnini mi manda il seguente messaggio: “Luca dobbiamo dire qualche cosa sulla nota vicenda della nave, Area (la corrente di sinistra, ndr) è d’accordo nel prendere l’iniziativa”». Il giorno dopo il ministro riceve il primo avviso di garanzia. Continua Palamara: «Ho il sospetto che Legnini stia giocando una partita personale per ingraziarsi i maggiorenti del Pd. Sono i giorni in cui si discutono le liste per le imminenti elezioni regionali in Abruzzo e gira voce che lui intenda candidarsi a governatore con la sinistra». Cosa che effettivamente avviene. Ma per l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio del governo di Enrico Letta ed ex sottosegretario all’Economia del governo di Matteo Renzi arriva una sconfitta. L’offensiva navale prende piede, le Procure accusano Salvini sempre e comunque di sequestro di persona. Con risultati opposti. Per la vicenda Diciotti, con maggioranza Movimento 5 stelle-Lega, il Senato nega l’autorizzazione a procedere. Per la Gregoretti è la stessa Procura di Catania a chiedere il proscioglimento, accolto dal gip, ritenendo che si sia trattato di una decisione presa dal governo all’interno della sua discrezionalità politica. Per la Open Arms la musica cambia, la maggioranza parlamentare è mutata, c’è l’esecutivo Conte 2 (quello delle quattro sinistre, come lo battezzò Silvio Berlusconi) e Salvini va a giudizio a Palermo. Renzi, che oggi parla di garantismo a pranzo e a cena, commenta allegro: «Game over».«Come sempre in questi casi arrivano le truppe di complemento, i magistrati pronti a esercitare la loro pericolosa supplenza». Lo scrive Goffredo Buccini, cronista di punta del Corriere della Sera durante Mani Pulite, autore del libro La Repubblica sotto processo. Prosegue così: «L’ipotesi di reato appare lunare dal punto di vista soggettivo (elemento non secondario in materia penale). Salvini sarà pure passato sopra articoli della Costituzione, ma attribuirgli il dolo, ovvero la volontà consapevole di rapire gli immigrati, è francamente inverosimile. I panni del sequestratore gli stanno stretti fino alla farsa». Poi c’è la responsabilità collegiale del governo gialloverde, Giuseppe Conte in testa. Ma l’avvocato del popolo ora sta a sinistra e scivola via dalla tolda come Danilo Toninelli, nonostante l’ex ministro dei Trasporti grillino dicesse a quel tempo: «Salvini non lavora da solo, ma insieme al sottoscritto e al premier Conte. Grazie al nostro lavoro di squadra l’Italia torna ad avere la testa alta su un problema per il quale era stata abbandonata dalla sinistra». Eppure il leader leghista viene rinviato a giudizio in solitudine, mentre il Pd fa sparire dai radar Marco Minniti che sul tema migranti, da ministro dell’Interno, aveva assunto posizioni forti. Salvini va a processo e il suo avvocato, Giulia Bongiorno, è costretta a sottolineare: «A me interessa capire se per caso gli input di questo procedimento nascano dall’idea che un politico di destra debba essere fatto fuori dal punto di vista giudiziario». Come nel gioco dell’oca si torna al punto di partenza, alla conversazione rivelatrice. Con Auriemma che rispondendo a Palamara rincara la dose: «Comunque è una cazzata atroce attaccarlo adesso perché tutti la pensano come lui. E tutti pensano che ha fatto benissimo a bloccare i migranti. Siamo indifendibili».
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