2019-06-14
Guarire senza farmaci da tremori e spasmi
Convegno internazionale a Verona sul trattamento dei disturbi motori funzionali non dovuti a malattie. Debolezza e contrazioni frequenti e disabilitanti che colpiscono soprattutto donne e ragazzi. Il neurologo: «Il cervello va educato con appositi esercizi».Il tremore involontario di un braccio o di una gamba, una contrazione, degli scatti improvvisi provocati da luci o da suoni, guizzi muscolari. Ma anche paresi, problemi a camminare, postura anomala di una mano o di un piede: tutti movimenti in eccesso o in difetto non dovuti all'uso di farmaci o a patologie neurologiche e psichiatriche, eppure rappresentano il 20% dei disturbi motori funzionali che i pazienti italiani lamentano. Un tempo venivano definite manifestazioni «prive di spiegazione medica», classificate come disturbi di somatizzazione o segnali di isteria perché non dovuti a patologie organiche come ictus, Parkinson, sclerosi multipla o i tremori dell'anziano. I pazienti venivano trascurati, giudicati dei simulatori o finivano sotto cure psichiatriche. Ancora oggi succede, come evidenzierà il convegno oggi a Verona, presso il Policlinico universitario, che chiama a raccolta i massimi esperti a livello internazionale per offrire linee guida sul trattamento dei disturbi motori funzionali. «Sono sempre stati considerati come secondari a traumi emotivi e psicologici, ma il rapporto di causalità con fattori stressanti o ansiosi è stato eliminato dal manuale diagnostico dei disturbi mentali», spiega Michele Tinazzi, docente di neurologia dell'Università di Verona e organizzatore del convegno «Functional motor disorders: new advances», che mette in luce i nuovi progressi raggiunti. «In realtà, non ci sono cause psicologiche. Come dimostrano gli studi condotti negli ultimi dieci anni, nel cervello di questi pazienti si verifica un disturbo di programmazione del controllo motorio. È un problema di “software", non conosciamo le cause delle alterazioni dei circuiti cerebrali ma ci sono molteplici fattori di rischio, quali una predisposizione emotiva, piccoli traumi fisici, interventi chirurgici. Il 95% dei medici ignora il giusto approccio a questo genere di disturbi e pochi sono in grado di fare una diagnosi». A soffrirne sono per il 70% donne, di età tra i 35 e i 50 anni. Molti anche i ragazzi che accusano questi disturbi, disabilitanti in quanto si ha difficoltà nei movimenti, non è facile trovare le giuste cure. In media i pazienti sono costretti a consultare almeno tre medici prima di avere idea di che cosa stanno passando. «Spesso nemmeno riescono a capirlo perché lo specialista sottovaluta l'importanza dell'osservazione clinica. Preferisce affidarsi ad accertamenti quali la risonanza magnetica e altre indagini strumentali, che però danno per lo più risultati negativi, non consentono di individuare il disturbo motorio funzionale al confine tra neurologia e psichiatria», avverte Tinazzi, che dirige il Centro regionale specializzato per la malattia di Parkinson e disturbi del movimento dell'Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona, dal 2017 promotore e coordinatore del Registro italiano disturbi motori funzionali dell'Accademia italiana Limpe Dismov. L'approccio deve essere con una diagnosi positiva, ossia basata su sintomi somatici, emozionali e segni specifici. Se i pazienti vengono «distratti» dal disturbo che accusano, per esempio concentrandoli su altre parti del loro corpo e quel disordine di movimento (tremore o debolezza che sia) scompare, il medico è in grado di comprendere che non è di natura organica, dovuto a una patologia, ma è funzionale. «Può allora comunicarlo al paziente, confortandolo sul fatto che non è un simulatore né un pazzo e che il suo disturbo è reversibile. Primo passo fondamentale per una possibile guarigione. Poi non servono farmaci, bisogna educare il cervello del paziente con appositi esercizi». Fondamentale è la riabilitazione con l'intervento del fisioterapista, capace, formato, che sappia valersi della «distrazione» per migliorare il sintomo del paziente e lo aiuti a riprogrammare il movimento. Anche i famigliari, oltre al diretto interessato, possono comprendere la natura del disturbo e le strategie per migliorarlo grazie a un opuscolo informativo realizzato da Jon Stone, illustre neurologo dell'Università di Edimburgo (sarà tra i relatori al congresso di Verona) e che il professor Tinazzi ha tradotto in italiano. Lo si può consultare anche sul sito neurosintomi.org. Permette di ampliare la conoscenza di disturbi sottovalutati, che possono ridurre la qualità di vita e creare disagio sociale.