2020-02-09
Gualtieri tenta di svicolare sul Mes. Ma sui titoli di Stato è già smentito
Il ministro: «Linee fondamentali definite, ma ci sono ancora aspetti aperti su cui lavorare». Poi promette di non cedere in Europa sui limiti ai Btp. Peccato che anche sull'Unione bancaria le carte gli diano torto..Per il difensore civico deve dare accesso agli atti, non usare l'alibi della riservatezza come per il Meccanismo di stabilità.Lo speciale contiene due articoli.Sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità «è in atto un processo di discussione sulla riforma, ma non è un tema in agenda il prossimo febbraio nella riunione dell'Eurogruppo, la discussione riprenderà a marzo, faremo il punto sull'avanzamento dei lavori». Il ministro del Tesoro, Roberto Gualtieri, fa melina sul Mes. E non approfitta del congresso dell'Assiom forex organizzato ieri a Brescia per fare chiarezza. Anzi, cita il cosiddetto fondo Salvastati soltanto durante la tavola rotonda organizzata sull'argomento dall'agenzia Radiocor. Limitandosi, per altro, a prendere tempo e non una posizione ferma sul tema. «Le linee fondamentali sono state definite, ci sono ancora aspetti aperti su cui si sta lavorando. Quello che per me è molto importante è l'effettiva credibilità dell'anticipazione del testo», ha detto ieri. Deluso, quindi, chi in platea si aspettava una levata di scudi contro Bruxelles, che ha tirato dritto e si appresterebbe a varare ad aprile la riforma del Mes disattendendo totalmente le richieste avanzate dalle Camere. Né sono state smentite le parole del presidente dell'Eurogruppo, Mário Centeno, che in una lettera scritta lo scorso 30 gennaio aveva informato il Consiglio Ue e tutti i premier che i lavori sul nuovo Meccanismo europeo di stabilità si concluderanno «entro marzo» e che sostanzialmente nulla verrà modificato. Non solo: Gualtieri non ha smentito nemmeno i funzionari dell'Eurogruppo che venerdì hanno fatto sapere che si firmerà da aprile.Le uniche barricate alzate ieri dall'evasivo Gualtieri sono state sui Btp: «L'Italia resta nettamente contraria alla modifica del trattamento prudenziale dei titoli di Stato in portafoglio alle banche, oggi pari a zero. Un'opposizione che resterà fino a quando non ci sarà un pieno supporto degli Stati membri per un safe asset europeo». Secondo Gualtieri , «gli interventi che teoricamente potrebbero indebolire il nesso tra rischio sovrano e rischio bancario comunque non lo eliminerebbero e potrebbero, invece, minare il ruolo di stabilizzazione del mercato del debito pubblico da parte delle banche». Attualmente, ha poi aggiunto, il trattamento in bilancio nei titoli di Stato «non contempla la ponderazione al rischio né limiti di concentrazione nel patrimonio degli intermediari finanziari». Eppure Centeno in un'altra lettera inviata ai suoi colleghi il 30 gennaio - quindi dieci giorno dopo la prima spedita al Consiglio Ue - sul tema dell'Unione bancaria, ha fatto un esplicito riferimento a una missiva del presidente del gruppo di lavoro di alto livello presso l'Eurogruppo datata 3 dicembre, in cui veniva delineato in dettaglio tutto il passato, presente e futuro di questo progetto. E che ribadiva l'impegno a completare tutto il lavoro sull'Unione bancaria entro il 2024 secondo quattro aree tematiche del rafforzamento dell'Unione bancaria, tra cui appunto il tema della concentrazione dei titoli governativi smentito da Gualtieri. Anche qui: a chi è giusto dare ascolto?Nel frattempo, serve credibilità anche per gestire il rallentamento dell'economia. «Noi abbiamo ereditato un Paese fermo e bisogna rimboccarsi le maniche per rilanciarlo», ha poi tuonato Gualtieri. Mentre ostenta ottimismo su «un recupero nel primo semestre 2020 al quale l'azione di governo intende concorrere» e rilancia il solito refrain sui «3 miliardi di risparmi dalla spesa sui tassi di interesse grazie al calo dello spread». Il ministro si fa bello sul deficit dimenticando che quello del 2019 è frutto della manovra 2018. Quindi, anche se ci fossero dei meriti da assegnare, andrebbero proprio al primo governo Conte. Non solo. Proprio poco prima dell'intervento del ministro, dal palco del Forex il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, aveva esorta il governo ad attuare pienamente il piano di «investimenti pubblici» perché sulle stime del Pil italiano «gravano rilevanti rischi al ribasso». Le proiezioni dell'istituto prefigurano una crescita ancora molto contenuta quest'anno ma sono state realizzate prima del dato preliminare Istat del Pil del quarto trimestre che ha visto un calo dello 0,3%. Il bollettino economico pubblicato da Via Nazionale lo scorso 17 gennaio, ricordiamolo, stimava un rapporto deficit/Pil nel 2019 sotto al 2,2%. E la memoria va alle giornate di fine 2018, quando dal balcone di Palazzo Chigi Luigi Di Maio annunciò una manovra al 2,4% che sembrava rischiasse di condurre il Paese sull'orlo del baratro. Non solo. La situazione può peggiorare considerando le tensioni geopolitiche, la Brexit e anche le possibili ricadute della diffusione del nuovo coronavirus. «Stiamo valutando l'impatto del coronavirus sull'economia italiana, è difficile stimare gli effetti», ma considerando il precedente della Sars, «potrebbe essere contenuto a pochi decimi di Pil» ha detto Visco ieri senza però escludere un impatto più significativo dovuto alla crescita del peso della Cina in questi anni. Quanto allo spread, «non si è ancora riusciti a sconfiggere la vulnerabilità legata alle prospettive di medio termine della finanza pubblica e della crescita economica», ha poi aggiunto il governatore. Chiedendo al governo di dare «piena attuazione al programma di investimenti pubblici» per contrastare le «valutazioni pessimistiche» che pesano ancora sulla nostra economia.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/gualtieri-tenta-di-svicolare-sul-mes-ma-sui-titoli-di-stato-e-gia-smentito-2645076514.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="perfino-lue-va-contro-leurogruppo-segreto-illegittimo" data-post-id="2645076514" data-published-at="1758097581" data-use-pagination="False"> Perfino l’Ue va contro l’Eurogruppo: «Segreto illegittimo» Scoppia anche in Parlamento il caso della riforma del Mes. È merito pure del nostro quotidiano se la vicenda, dopo settimane di silenzio, è tornata ad animare il dibattito politico. L'inchiesta pubblicata dalla Verità il 30 gennaio raccontava per filo e per segno l'iter di richiesta di accesso agli atti fatta pervenire tramite i canali ufficiali alle istituzioni europee per chiarire la reale posizione dell'esecutivo giallorosso in merito alla riforma del Mes. È da mesi, infatti, che il premier Giuseppe Conte e il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri tengono i piedi in due scarpe. Quando si tratta di riferire in Parlamento, i due giurano che a Bruxelles hanno difeso (o difenderanno) a spada tratta gli interessi del nostro Paese. Ma è nel momento in cui vengono pubblicati gli atti ufficiali che i conti non tornano. La riforma ormai è a passo dall'approvazione, l'ha ribadito anche il presidente dell'Eurogruppo, Mário Centeno, pochi giorni fa: «Ormai non è più una questione di sostanza, si tratta semplicemente di definire alcuni aspetti legali, contiamo di approvare la riforma a marzo». Venerdì fonti dell'Eurogruppo hanno confermato che la firma potrebbe arrivare già il prossimo aprile. Eppure nel corso dell'ultimo anno, una folta schiera di «competenti» ha messo in guardia dai pericoli. Persino il Pd, che oggi governa con Giuseppi, qualche mese fa tuonava contro il premier. «Forse lei non si è accorto che quella che sarà in discussione è l'idea che, a maggioranza, altri Stati europei possano decidere di ristrutturare il debito italiano», urlava a giugno dai banchi di Montecitorio Lia Quartapelle. Cos'è cambiato dallo scorso giugno, quando Conte rassicurava maggioranza e opposizione sul fatto che mai e poi mai l'esecutivo avrebbe approvato una riforma negativa per l'Italia? Dal lato della politica interna, tutto. Giuseppi è sempre a Palazzo Chigi, ma con un alleato diverso: lo stesso Pd che metteva in guardia dalla riforma brutta e cattiva e che ora si trova costretto a difenderla. Dal lato della riforma, duole ammetterlo, nulla è mutato. Nemmeno le temibili clausole di azione collettiva a maggioranza singola, che rendono più semplice (non più probabile, ma più agevole) la ristrutturazione del debito. Per non parlare dei criteri di accesso agli aiuti del Fondo, che terrebbero fuori l'Italia dalla linea senza condizionalità e della sorveglianza preventiva sui nostri conti pubblici. Cosa ha detto il ministro Gualtieri quando si è trovato faccia a faccia con i suoi colleghi? Ha sbattuto i pugni sul tavolo oppure è rimasto in silenzio? Ha difeso i nostri risparmi dal rischio di default o ha fatto spallucce? Domande che meritano una risposta, ragion per cui avere accesso a quegli atti riveste tanta importanza. Al punto che la vicenda è approdata in questi giorni in Parlamento. Giovedì alcuni senatori della Lega hanno depositato un'interrogazione, primo firmatario il presidente della commissione Finanze Alberto Bagnai, nella quale si cita la nostra inchiesta e «si chiede di sapere a quali fonti normative specifiche il governo faccia riferimento per motivare l'opposizione di un vincolo di riservatezza sui lavori dell'Eurogruppo e del Vertice euro». Messo alle strette, Conte non ha potuto che ripetere a pappagallo quanto già esposto alla Verità dal segretariato del Consiglio. «I lavori dell'Eurogruppo costituiscono un incontro informale» e «sono riservati», pertanto «non è possibile fornire al pubblico specifici resoconti verbali delle discussioni avvenute nel corso delle sue riunioni». Stessa solfa anche per l'Eurosummit. Conte ha tirato nuovamente in ballo la «logica di pacchetto», vale a dire quel principio secondo cui del Mes si può discutere a patto che venga legato al rafforzamento dell'Unione bancaria e all'introduzione della garanzia comune sui depositi (Edis). Logica definita da Conte «oltre che un indubbio successo, anche un punto di forza per l'Italia». Forse all'inquilino di Palazzo Chigi è mancato il tempo per leggere le conclusioni dell'ultimo Eurogruppo, pubblicate il 30 gennaio scorso, nelle quali del pacchetto non si vede nemmeno l'ombra. O meglio, della riforma del Mes si parla come di cosa fatta, mentre per gli altri pilastri (compreso il tanto celebrato fondo di risoluzione per le banche) non c'è fretta. Ma stiamo al punto più importante, quello relativo alla trasparenza. «La sua risposta è insoddisfacente», replica durissimo il senatore leghista, «e mette inutilmente in cattiva luce l'Unione europea, che viene dipinta come un progetto politico, in cui i destini delle persone sono affidati a un organismo informale, a quattro amici al bar». Senza contare l'aspetto forse più importante citato da Bagnai, vale a dire la lettera che il mediatore europeo Emily O'Reilly ha indirizzato, il 14 marzo scorso, al presidente dell'Eurogruppo. Nella missiva la O'Reilly smentisce indirettamente Conte, specificando che anche quest'organo «rientra nell'ambito di applicazione del regolamento 1049/2001 sull'accesso del pubblico ai documenti». Noi non ci arrendiamo, tutt'altro. Grazie anche al supporto dell'europarlamentare Marco Zanni, presidente a Strasburgo del gruppo Identità e democrazia, stiamo definendo i prossimi passi da compiere in sede europea, perché i cittadini italiani hanno il diritto di conoscere la verità.
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