2020-07-04
Gualtieri si riprende i pieni poteri
Stefano Ceccanti (Pd), contrario al superministro, alla fine sigla l'emendamento che riduce a 7 i giorni concessi alle commissioni per valutare gli spostamenti di risorse decisi dal Mef.«Sono molto insoddisfatta e delusa». Con queste trancianti parole l'onorevole della Lega Maura Tomasi, presidente del Comitato per la legislazione, ha commentato al nostro giornale l'emendamento approvato ieri in commissione Bilancio, impegnata nei lavori sul dl Rilancio.Si tratta della norma, presente dapprima nel decreto legge 52 del 16 giugno e poi trasfusa nel Rilancio, che consente al ministero dell'Economia di trasferire risorse da una misura all'altra dei tre decreti con cui il governo ha cercato di mitigare l'impatto della crisi da Covid-19. Al Mef viene consentito di attuare un monitoraggio sull'andamento del tiraggio di ben 75 miliardi di indebitamento netto (180 miliardi in termini di saldo netto da finanziare). All'esito di tale monitoraggio, se ci fossero eccedenze di spesa rispetto allo stanziamento di alcune misure, al ministro Roberto Gualtieri basterebbe un decreto ministeriale per prelevare fondi da altre misure che stanno tirando poco. Intento senz'altro lodevole, se non fosse per il fatto che calpesta le prerogative del Parlamento.Quando domenica 21 giugno facemmo notare la gravità di tale procedura, titolando sui «superpoteri» di Gualtieri, il Mef definì in un comunicato come «fantasiose e prive di fondamento» le nostre interpretazioni. Ma, purtroppo per loro, solo due giorni dopo il Comitato per la legislazione della Camera dei deputati chiese la soppressione di quella norma o, in alternativa, la subordinazione dei decreti ministeriali a un doppio parere parlamentare. Il giorno dopo, 24 giugno, il governo stesso presentava un emendamento che prevedeva che lo schema di decreto ministeriale fosse trasmesso alle «commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari» per un parere da rendere entro 7 giorni. Anche il costituzionalista, nonché deputato pd e vicepresidente del Comitato, Stefano Ceccanti, aveva firmato un subemendamento insieme a tutti i membri del Comitato (sia di maggioranza sia di opposizione) finalizzato a correggere la delega in bianco conferita al ministro Gualtieri. In tale emendamento, il parere della commissione parlamentare era da rendere entro 30 giorni, non più 7 e, qualora il governo non si fosse conformato a quel parere, poteva ritrasmettere i testi dei decreti alle Camere per i pareri definitivi da rendersi entro 10 giorni.Da qui la delusione e l'insoddisfazione dell'onorevole Tomasi e, aggiungiamo noi, di qualsiasi cittadino a cui sta a cuore la legalità costituzionale, quando l'emendamento, a firma degli onorevoli Stefano Ceccanti e Stefano Fassina, ha del tutto ignorato quanto raccomandato dal Comitato. Anzi, siamo arrivati al paradosso che Ceccanti, come membro del Comitato, con una mano ha firmato un emendamento che concedeva 30 giorni alle commissioni per esprimere un parere e, con l'altra, ne ha firmato un altro con cui concedeva 7 giorni, che ha prevalso. Quando il dovere di scuderia chiama, anche uno stimato costituzionalista come Ceccanti si piega. A poco rileva che tale meccanismo di vasi comunicanti si applicherà «limitatamente all'anno 2020», poiché è in quell'anno che ci sono le maggiori risorse. Inoltre i 7 giorni sono una mera foglia di fico che quasi mai consentiranno alla commissione Bilancio di esprimere un parere e quindi i decreti del Mef avranno campo libero come se il Parlamento non ci fosse. Il problema c'era, ma Gualtieri e il Mef hanno dribblato tutti gli ostacoli. Lasciamo alla fantasia del lettore immaginare cosa si sarebbe scatenato a livello mediatico e istituzionale se fosse accaduto qualcosa di simile con un'altra maggioranza.
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