2020-04-11
Gualtieri firma il disastro perfetto. Non porta a casa nulla e poi esulta
Il governo italiano ha condotto una trattativa fantozziana, fingendo di battere i pugni sul tavolo europeo e non centrando nemmeno un risultato. Ma Giuseppe Conte non si arrende alla realtà: «Il Salvastati? Menzogne».The art of the deal al contrario: come non fare un negoziato. Anzi, come farsi umiliare dagli interlocutori. È il saggio che Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri potrebbero ispirare con il loro comportamento, all'insegna dell'autogol e dello spararsi sui piedi. Il 26 marzo scorso Conte, al termine di un Consiglio europeo infruttuoso, raccontò a se stesso (e purtroppo anche agli italiani) di aver sbattuto i pugni sul tavolo. Fece circolare una velina il cui senso era: l'Italia dà dieci giorni all'Ue. Qual era il calcolo di Giuseppi? Ho un'alleanza con altri otto stati (Francia in testa), alla fine bisognerà raggiungere un qualche compromesso tra nordici e mediterranei, e dunque mi basterà anche ottenere solo un millimetro in più per rivendicare un successo.Per questo, da allora fino all'altra sera, il premier non ha smesso di mostrare i muscoli e alzare la posta in palio, ripetendo ossessivamente «no al Mes, sì agli eurobond», di fatto fissando l'asticella per giudicare il risultato del negoziato. Così di giorni ne sono passati non dieci ma quattordici, ma alla fine si è materializzata un'autentica capitolazione italiana, dai contorni riassumibili in quattro punti. Primo: gli eurobond non ci sono. Secondo: c'è il Mes, che resta tale e quale. E l'ineffabile ministro olandese Wopke Hoekstra, che ha letteralmente bullizzato il suo omologo Gualtieri, ha potuto maramaldeggiare: «Il Mes è disponibile per supporto economico, ma con condizioni. Questo è corretto e ragionevole». Terzo: l'unico caso in cui il Mes non ha condizioni è per le spese sanitarie. Barelle e cerotti, bontà loro. Quarto: c'è un riferimento, indistinto nei tempi (e nelle risorse), al Recovery fund sollecitato dalla Francia, ma che rischia di assomigliare (lo ha fatto notare criticamente Stefania Craxi) ai fantomatici 300 miliardi del Piano Juncker, che nessuno ha mai visto in questi anni. Peraltro, a leggere bene anche la presunta parte sanitaria sul Mes «senza condizioni» (il famigerato punto 16 del documento), si trova la bomba: è scritto a chiare lettere che «le norme del Trattato Mes devono essere seguite» e che, finita la crisi del coronavirus, «lo stato membro rimane impegnato a rafforzare i suoi fondamentali economici e finanziari, in coerenza con il quadro di coordinamento e sorveglianza economica e di finanza pubblica dell'Ue». Quindi, terminato il contagio, qualcuno stringerà il guinzaglio. Incredibilmente, l'altra notte, gonfio dei pugni in faccia appena presi, Gualtieri ha osato parlare di «proposta ambiziosa»; ieri, accelerando sulla strada del ridicolo, ha parlato di un «ottimo primo tempo», aggiungendo che «ora bisogna vincere la partita», alludendo alla futura decisiva riunione dei capi di stato e di governo. Ieri mattina, Conte ha twittato: «Io ho una sola parola, la mia posizione e quella del governo sul Mes non è mai cambiata e mai cambierà». Un attorcigliatissimo e imbarazzatissimo post sul Blog delle Stelle ha provato a sostenere l'insostenibile: «Il Mes non è stato attivato. Poiché il Mes è una linea di credito a cui ogni Paese può liberamente decidere se accedere, ribadiamo che il M5s non sarà disponibile in nessun caso a votare per l'attivazione del Mes». Ma allora la domanda nasce spontanea: di grazia, su cosa ha negoziato il governo in queste due settimane? Non basta dire che non metteremo la testa nel cappio (che peraltro è rimasto visibile e penzolante): serviva trovare consenso e alleanze per costruire un'alternativa al cappio. Dopo una lunga attesa (era stato annunciato l'altra sera alle 20, poi ieri alle 14, alle 15 e alle 17), e preceduto da voci di rissa tra Pd (che il «Mes sanitario» vorrebbe attivarlo) e 5 stelle, Conte si è infine presentato in video alle 19.30 per cantare la solita canzone: «Gualtieri ha fatto un gran lavoro, ma le proposte sono un primo passo che l'Italia giudica ancora insufficiente. Il Fondo deve essere finanziato dagli eurobond». E qui Conte ha finto di non sapere che pure la Germania, non solo l'Olanda, è contraria. Quanto al «Mes sanitario», Conte ha surrealmente citato «l'opportunità di informare il Parlamento» (cosa che è invece un suo obbligo puntuale). Dopo di che, il premier ha attaccato frontalmente Matteo Salvini e Giorgia Meloni, incendiando il clima e sabotando ancora una volta ogni ipotesi di collaborazione, accusandoli di aver mentito sugli esiti dell'Eurogruppo e di indebolire il paese. Conte ha concluso affermando che «l'Italia non ha bisogno del Mes, diversamente da altri Paesi». In un crescendo incredibile, Conte si è contraddetto, prima dicendo che un intero paragrafo accoglie la richiesta italiana degli eurobond, e poi ammettendo che si tratta solo di un'affermazione di principio. Ma fingendo di ignorare che proprio il presidente dell'Eurogruppo Mario Centeno ha ammesso il dissenso di molti Paesi su questo punto. Sadicamente, intanto, per rosolare l'Italia a fuoco lento, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha convocato i leader soltanto per il 23 aprile. Il calcolo è evidente: far passare il tempo, mettere ancora più in ginocchio i Paesi deboli, per piegarne eventuali sussulti di resistenza. Una delle firme più note del giornalismo europeo, Wolfgang Munchau, ha sintetizzato così il masochismo giallorosso: «L'accordo dell'Eurogruppo non è buono per l'Italia. Com'è accaduto spesso in passato, vediamo un ministro delle Finanze italiano aderire a un accordo che non è nell'interesse del suo Paese». Serve altro per capire?
Crollano le forniture di rame, mercato in deficit. Trump annuncia: l’India non comprerà più petrolio russo. Bruxelles mette i dazi sull’acciaio, Bruegel frena. Cina e India litigano per l’acqua del Tibet.
Elly Schlein (Imagoeconomica)