2021-08-13
«Gregoretti, Salvini agì secondo la legge»
Pubblicate le motivazioni dell'archiviazione: «La sua condotta non è stata penalmente rilevante». Ma lo attende ancora il processo Open arms. Giulia Bongiorno: «La sentenza avrà inevitabilmente ricadute sul caso pendente». Udienza il 15 settembre.Quello della nave Gregoretti non fu un sequestro di persona. E l'ex ministro dell'Interno Matteo Salvini, accusato di aver lasciato a bordo della nave militare, nel luglio 2019, 131 passeggeri poi sbarcati ad Augusta, ha agito secondo legge. Il gup del Tribunale di Catania Nunzio Sarpietro ha depositato le motivazioni con le quali ha disposto il «non luogo a procedere» del procedimento nel maggio scorso. «La formula il fatto non sussiste», è spiegato nell'ordinanza, «è stata adottata perché l'imputato ha agito non contra ius (ovvero non ledendo un diritto, ndr) bensì in aderenza alle previsioni normative. Allo stesso non può essere addebitata alcuna condotta finalizzata a sequestrare i migranti per un lasso di tempo giuridicamente apprezzabile». L'imputato, inoltre, «avrebbe agito nell'esercizio di un diritto o comunque nell'adempimento di un dovere».La toga ha fatto a pezzi anche l'accusa di sequestro di persona: «Non configurabile». La condotta di Salvini, insomma, non è stata ritenuta penalmente rilevante, «dovendosi affermare», spiega il giudice, «che gli elementi proposti dal Tribunale per i reati ministeriali di Catania, come legittimanti il rinvio a giudizio, si sono rivelati non fondati e comunque bilanciati da altri chiari dati probatori a favore dell'inquisito che li rendono contraddittori, e soprattutto inidonei a sostenere l'accusa in un giudizio dibattimentale». Poi, l'accusa, nelle valutazioni di Sarpietro, si è trasformata in un boomerang: «Bisogna evidenziare positivamente le attività umanitarie di soccorso, cui hanno fattivamente partecipato le organizzazioni non governative, pur annotando l'emersione di zone grigie [...], e che però appaiono in qualche misura giustificate dalla impellente necessità di salvare vite umane, ed evitare la tragedia di migliaia di morti registrate in questi anni. Morti ingiustificabili, che verosimilmente sono anche imputabili a politiche comunitarie miopi, forse non molto sensibili alla tutela del bene primario della vita e della essenza dell'uomo». Quel richiamo alle «zone grigie» deve aver fatto venire un brivido nella schiena a più di qualcuno. Il passaggio successivo, invece, deve aver procurato diversi mal di pancia tra chi propaganda il buonismo di facciata: «In sostanza, la compressione dei diritti dei migranti trova evidenti giustificazioni nei casi in cui dei valori altrettanto importanti possano essere messi in pericolo senza tale limitazione. Valori primari, che legittimano l'intervento dello Stato in una direzione piuttosto che in un'altra». Il giudice ha quindi esaminato il contesto e valutato la condotta di Salvini «non sotto un profilo del tutto isolato [...], bensì all'interno di un più ampio perimetro di riferimento fattuale, giuridico e politico, in cui il suo intervento si è inserito». Sarpietro ha spiegato che «a riprova della legittimità di certe scelte governative, va detto che quando si manifesta la necessità di salvaguardare valori rilevanti, quale quello dell'ordine e della sicurezza pubblica o della salute pubblica, può essere necessario comprimerne altri, parimenti importanti, ma che in un bilanciamento di interessi appaiono recessivi, soprattutto in relazione a momenti di particolare difficoltà». L'esempio calzante è legato alle misure per contrastare la diffusione del coronavirus. Ed è stato così usato dal giudice: «Ad esempio, recentemente, e a causa della pandemia, sono stati emessi alcuni provvedimenti restrittivi, mediante i quali i porti italiani sono stati dichiarati come luoghi non sicuri ai fini del place of safety e, comunque, è stato attivato un servizio di trattenimento sulle navi quarantena, senza neanche fare scendere a terra i migranti, con evidente sacrificio del diritto alla libertà di circolazione degli interessati». D'altra parte, quella dei porti chiusi era una scelta del primo governo guidato da Giuseppe Conte. Un aspetto che Sarpietro non ha tralasciato: «Esisteva all'epoca dei fatti per cui è processo, come più volte sottolineato, una determinata e ferma linea politica del governo italiano [...], condivisa chiaramente dalle due forze politiche che sostenevano l'esecutivo stesso (5 stelle e Lega, ndr), oltre che dal presidente del Consiglio in carica». Proprio come è accaduto quando è subentrata Luciana Lamorgese: «L'azione del ministro Salvini, così come l'azione del ministro Lamorgese», è scritto nell'ordinanza, «si è quindi snodata sotto una ben definita copertura politica e normativa, e non è stata certamente espressione di una mera iniziativa personale, del tutto slegata da accordi collegiali». E, dopo aver sottolineato le «reticenze» in udienza di alcuni testimoni (tra i quali l'ex ministro Danilo Toninelli), il giudice tira le somme: «Si può dire fondatamente che la politica del governo in carica all'epoca dei fatti per cui è processo era chiaramente indirizzata a una ferma presa di posizione in sede europea per raggiungere il risultato di modificare il regolamento di Dublino; e a indurre i partner europei ad accettare nelle more del conseguimento della modifica anzidetta».Ma c'è anche un altro dato che al giudice non è sfuggito: «Dopo la crisi di governo innescata dall'imputato, e che culminò con la nascita del secondo governo Conte, il clima politico cambiò radicalmente e, pertanto, gli ex compagni del primo esecutivo iniziarono a prendere le distanze dal ministro Salvini». Nel governo già pesava la tendenza della sinistra buonista. «Dopo tanti insulti, invenzioni, intercettazioni alla Palamara (Luca, ndr) e attacchi politici, vedere riconosciuta, nero su bianco, la correttezza del mio operato alla guida del Viminale è fonte di grande soddisfazione», ha commentato Salvini. L'ordinanza firmata da Sarpietro, inoltre, finirà per avere un peso anche nel processo per la Open arms. E infatti il difensore di Salvini, l'avvocato Giulia Bongiorno, valuta: «Gli argomenti della sentenza che, come richiesto fermamente in via principale dalla difesa, escludono con la formula più ampia la sussistenza dell'ipotesi accusatoria, proprio perché analizzano globalmente la linea sul controllo dei flussi migratori del primo governo Conte, avranno inevitabilmente ricadute sul procedimento sul caso Open arms pendente a Palermo». L'appuntamento è per il 15 settembre.
Il Gran Premio d'Italia di Formula 1 a Monza il 3 settembre 1950 (Getty Images)
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