2021-05-12
Invasione in corso, ma a processo c’è Salvini
Mentre gli sbarchi continuano, l'ex ministro attende il verdetto sul caso Gregoretti. Rinvio a giudizio o non luogo a procedere: a decidere dopodomani sarà Sarpietro. Il gup che ha silenziato Luca Palamara e che venne beccato al ristorante in zona arancioneDopodomani, venerdì 14 maggio, il gup di Catania Nunzio Sarpietro deciderà la sorte di Matteo Salvini: se l'ex ministro dell'Interno sarà rinviato a giudizio sul caso Gregoretti o se invece sarà deciso il non luogo a procedere, come del resto richiesto dalla stessa accusa. L'11 aprile scorso il pm Andrea Bonomo ha infatti chiesto che Salvini non vada a processo, riconoscendo la linearità del comportamento dell'allora inquilino del Viminale: il leader leghista - secondo la stessa Procura etnea - «non ha violato alcuna delle convenzioni internazionali», le sue decisioni sono state «condivise dal governo», e il suo comportamento «non integra gli estremi del reato di sequestro di persona», perché «il fatto non sussiste». Di più: la Procura, nella richiesta di archiviazione, aveva già scritto che «l'attesa di tre giorni non può considerarsi una illegittima privazione della libertà», dal momento che le «limitazioni sono proseguite nell'hotspot di Pozzallo» e che «manca un obbligo per lo stato di uno sbarco immediato». Non solo: sulla nave «sono stati garantiti assistenza medica, viveri e beni di prima necessità» e «lo sbarco immediato di malati e minorenni».E anche nelle udienze precedenti tutti i soggetti sentiti (tra gli altri, Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Luciana Lamorgese: non certo tre scatenati ammiratori del leader della Lega) avevano confermato una continuità di linea e di indirizzo politico, sia tra il governo precedente e il governo successivo, sia tra il titolare del Viminale e gli altri ministri (premier incluso): e cioè sforzarsi di ottenere dall'Ue un qualche impegno alla ricollocazione dei migranti. Tutti punti utili alla difesa di Salvini. Un'impostazione confermata anche da quella che forse si è rivelata, diverse settimane fa, una delle testimonianze più rilevanti: quella dell'ambasciatore Maurizio Massari, rappresentante permanente dell'Italia presso l'Ue, che ha a sua volta ribadito come il comportamento sia rimasto lo stesso, durante e dopo Salvini, e che anzi proprio la determinazione di Salvini abbia probabilmente contribuito - almeno per una fase - a ottenere una maggiore sensibilità europea rispetto alla redistribuzione. Dopo le parole di Massari, Giulia Bongiorno, avvocato di Salvini, sintetizzò così: «La testimonianza è stata particolarmente efficace perché ha chiarito che c'è stata continuità di linea politica tra Conte uno e Conte due, tra Salvini e Lamorgese, e ha fatto riferimento al fatto che a partire dal caso Diciotti (caso che avvenne prima della vicenda Gregoretti), ci fu una scelta politica italiana (da parte del presidente del Consiglio, del ministro degli Esteri, del ministro dell'Interno), e cioè di fare una pressione politica sull'Europa per ottenere una redistribuzione ex ante, cioè prima degli sbarchi». «Da ciò», ha precisato la Bongiorno, «si desume che esisteva una linea di governo ben precisa. Questa testimonianza conclude questa lunga udienza preliminare in modo per noi assai soddisfacente».Sulla base di questi elementi, sarebbe davvero clamoroso se il gup, ribaltando la tesi della stessa accusa, decidesse di mandare Salvini a processo, costringendo il leader leghista a un secondo giudizio, dopo quello che inevitabilmente si aprirà dopo il suo recente rinvio a giudizio a Palermo per l'analoga vicenda Open Arms. Ora, i puristi del diritto diranno che il gup di Catania deve solo decidere su questa specifica vicenda, e non c'è dubbio che sia così. Come non c'è dubbio - sempre in termini strettamente giuridici - sul fatto che ci siano tutti gli elementi per una pronuncia di non luogo a procedere. Tuttavia, se inseriamo la decisione di questo venerdì nel contesto politico in cui sarà oggettivamente collocata, una scelta diversa (il rinvio a giudizio) rappresenterebbe un segnale clamorosamente negativo per l'Italia. Proprio mentre Libia e Tunisia esplodono, proprio mentre Erdogan gioca sempre più pesantemente la carta della provocazione, proprio mentre pescherecci italiani sono oggetto di attacchi, ognuno può immaginare come sarebbe letto da scafisti e trafficanti di uomini un eventuale rinvio a giudizio del politico italiano che ha fatto maggiormente argine all'immigrazione illegale negli anni passati. Sarebbe il semaforo verde per una moltiplicazione del viavai nel Mediterraneo, che già è e si annuncia infernale, come ben sappiamo. Come detto, a decidere sarà il magistrato Sarpietro, che nelle scorse settimane ha avuto almeno due momenti di forte rimbalzo sui media. Una volta, quando ha deciso che Luca Palamara non dovesse entrare in questo processo: il gup ha infatti rigettato la richiesta di audizione come testimone di Palamara avanzata da una delle parti civili, dopo le ben note dichiarazioni di Palamara sul caso Diciotti. Una seconda volta, Sarpietro è finito in tv e sui giornali quando le telecamere delle Iene lo «pizzicarono» in un ristorante con la figlia e con il fidanzato di lei, nonostante la zona arancione. Fu poi il fidanzato della figlia del magistrato ad assumersi la responsabilità del pranzo e dell'invito, scrivendo una lunga lettera alla redazione delle Iene per togliere le castagne dal fuoco, ma per qualche giorno inevitabilmente la polemica fece rumore.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson