2021-08-09
Il green pass è già un disastro economico
Il certificato ha messo a rischio in pochi giorni 140 miliardi di euro di fatturato. Luigi Scordamaglia (Filiera Italia): «Agroalimentare verso lo stop». Incassi dei locali dimezzati. Mancano all'appello 4 milioni di turisti stranieri.Il salvacondotto vaccinale è in vigore da 72 ore e sono bastate a smentire Mario Draghi che il 23 luglio, con i giornaloni a sottolineare come quell'esternazione fosse un pugno nello stomaco a Matteo Salvini, annunciò: «Il green pass non è un arbitrio, è una condizione per tenere aperte le attività economiche ed è una misura che dà serenità». Non è andata così: un quarto del Pil soffre e basta ascoltare i presidi, i ristoratori, i turisti arrabbiati, gli imprenditori e i sindacati per capire che «italiano stai sereno» provoca ai cittadini lo stesso effetto che Matteo Renzi fece a Enrico Letta, segretario pro tempore del Pd, peraltro schieratissimo a difesa della clausura vaccinale. Agroalimentare, turismo e cultura, a occhio sui 400 miliardi di fatturato, sono sulla soglia di una nuova crisi da green pass. L'allarme lo ha dato due giorni fa Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia: «I ristoranti stanno perdendo il 25% delle presenze». Una stima che secondo Aldo Cursano, vicepresidente di Fipe, è ottimistica. «Stiamo perdendo oltre il 50% dell'incasso, nelle città d'arte siamo al 70% in meno, e c'è un fenomeno molto preoccupante: chi ha il green pass, visto il caldo, vuole accomodarsi nei dehors, dove però stanno anche i non vaccinati, visto che è l'unico spazio a loro consentito. Ma chi è immunizzato preferisce andarsene; qui si rischia la segregazione. I pochi turisti stranieri, peraltro, sono infastiditi dai controlli e non entrano». Si resta in attesa di una circolare che né il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, troppo impegnato a contare i clandestini che sbarcano, né il ministro della Salute, Roberto Speranza, indaffarato a contare i green pass (e duramente contestato, come riferisce Ilgiornale.it, ieri in Toscana), chiarisca se ristoratori, baristi, musei vari sono tenuti o meno a chiedere i documenti a chi presenta il salvacondotto. Gli operatori non vogliono farlo, anche i presidi si rifiutano (e per i controlli chiedono 8.000 assunzioni), il governo dice che devono, ma non sta scritto da nessuna parte. E il caos aumenta. Così ieri Luigi Scordamaglia è tornato a farsi sentire: «Rischiamo lo stop alla produzione nell'agroalimentare se non si regolamenta per legge l'introduzione del green pass sui luoghi di lavoro con gradualità e con un accordo con le parti sociali; non si può affidare questa delicatissima materia alle singole aziende. Non possiamo rischiare di aggravare la carenza di manodopera: una repentina imposizione del green pass causerebbe un'interruzione della produzione». La filiera agroalimentare già sconta, fa osservare Giorgio Mercuri, presidente di Alleanza cooperative, un altro gap: «Aumenti fino al 30% dei costi di produzione a causa dell'incremento dei prezzi delle materie prime rischiano di mandarci fuori mercato». Grazie al green pass ci stiamo giocando 140 miliardi di fatturato. Che fa il paio con il caos turistico tra trasporti, musei e parchi a tema in difficoltà, al netto del fatto che si continua a perseguire le discoteche anche se si balla ovunque. Proprio le discoteche sono state il motivo di contestazione dura a Roberto Speranza. A Castiglione della Pescaia, nel Grossetano, dove il ministro è in vacanza, i gestori dei locali da ballo capitanati da Antonio Degortes, figlio del mitico Aceto, uno dei fantini più titolati del Palio di Siena e storico gestore della Capannina, hanno innalzato cartelli sulla spiaggia per dire: «Green pass anche a noi, ti diamo il benvenuto in vacanza ministro, ma facci lavorare». Da 19 mesi le discoteche sono chiuse, così a Rimini, Riccione e Cattolica sono arrivati i gendarmi con i pennacchi e con le armi (la citazione è da De André) che hanno chiuso tre locali, identificato e cacciato più di mille ragazzi e c'è pure scappata una mezza rissa. Un aiuto al turismo! La Coldiretti ha stimato che in questo agosto da bollino nero e lasciapassare verde si muovano circa 20 milioni di italiani, ma uno su tre sta intorno a casa. Mancano almeno 4 milioni di stranieri e a luglio abbiamo avuto il 2% in meno dell'orribile anno scorso e il 57% delle imprese turistiche in perdita, con le città d'arte che continuano ad avere un calo di presenze del 70%. Anche perché se uno prova ad andare al museo lo schedano. È successo alla Reggia di Caserta, a Boboli, in tutti i musei che hanno anche dei parchi. Siccome per entrare nei giardini bisogna passare dai musei, serve il green pass. E chi ha figli over 12 non vaccinati deve stare fuori. A Caserta hanno chiamato i carabinieri, ma non è servito a nulla. Una bella attrattiva, come la crisi che sta attanagliando i parchi di divertimento: spazi aperti che patiscono il green pass. Mirabilandia (riviera ravennate) ha provato a offrire i tamponi: si è formata una fila di quasi due chilometri agli ingressi. Il gruppo Costa, che oltre all'Acquario di Genova, di Cattolica e di Livorno gestisce Aquafan, Oltremare e Italia in miniatura stima un dimezzamento degli ingressi. Dice Patrizia Leardini, manager del gruppo: «Il green pass frena l'afflusso anche se non se ne capisce il fondamento, visto che le nostre sono tutte attività all'aperto». Se va così per i parchi divertimento, figurarsi per i cinema. Francia chiama con il 70% d'incassi in meno e Italia risponde con il 90% in meno, stando alla piattaforma Cinetel, con Alberto Passalacqua presidente di Anec (i gestori della sale) che nota: «Perdere il Ferragosto per i cinema è come perdere il Natale, i film per ragazzi sono deserti per via del pass». Non va meglio alle arene liriche, che hanno già dovuto restringere la capienza. Lunghe code allo Sferisterio di Macerata e all'Arena di Verona causa controlli.E tanto per non farci mancare nulla, come spunta un tampone, comincia la confusione. A Milano, alla Stazione Centrale, dove la Croce rossa ha organizzato un presidio per i tamponi gratuiti prima della partenza (il servizio va avanti tutti i giorni, fino al 30 settembre, dalle 7.30 alle 13.30) file di quattro ore. Un ingegnere racconta al Giorno: «Sono venuto alle 6.30, devo andare a Teramo per lavoro: non trovando farmacie aperte ho pensato a questa soluzione». E una ragazza di 19 anni dice: «Vado in Puglia in auto, ma chi mi affitta la casa vuole il tampone. Il vaccino? Aspetto che lo rendano obbligatorio». Ma agli italiani Mario Draghi ripete: «State sereni».
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Giancarlo Tancredi (Ansa)