- Il settore residenziale è responsabile del 36% delle emissioni. L'Europa ci impone di aumentarne l'efficienza ma stanzia appena 7,2 miliardi all'anno, mentre ne servirebbero almeno 275. E chi non ristruttura verrà punito con il rincaro delle bollette.
- Pochi interventi attivati con la misura. Nasce il Portale sulle prestazioni energetiche.
Il settore residenziale è responsabile del 36% delle emissioni. L'Europa ci impone di aumentarne l'efficienza ma stanzia appena 7,2 miliardi all'anno, mentre ne servirebbero almeno 275. E chi non ristruttura verrà punito con il rincaro delle bollette.Pochi interventi attivati con la misura. Nasce il Portale sulle prestazioni energetiche.Lo speciale contiene due articoli.L'inquinamento? Sta di casa in Europa. Perché la fonte maggiore di emissioni di gas serra sono le nostre abitazioni. Basta questo per rivelare le enormi contraddizioni del Green deal che ci vuole mandare a piedi, che ammazza alcuni comparti industriali come la plastica di cui l'Italia è leader non solo perché fu inventata dal premio Nobel Giulio Natta, ma perché siamo stati i primi a produrla da molecole non di sintesi seguendo le intuizioni di Raul Gardini e siamo i migliori a smaltirla, che mette a rischio milioni di posti di lavoro e ci conduce a orizzonti di povertà come sostengono gli economisti di Deutsche bank. Ursula von der Leyen continua a predicare che l'Europa farà un enorme investimento per il cambiamento: sono i 750 miliardi del Next generation Ue di cui il 37% è destinato alle politiche ambientali. Di questi soldi un terzo la delfina di Angela Merkel lo vuole raccogliere con le obbligazioni verdi e si capisce già nell'interesse di chi è fatto questo Green deal: la finanza verde è quasi tutta tedesca e francese e chi ha più bisogno di mettere a posto le case sono proprio i tedeschi. C'è un indicatore per affermarlo. Esiste dal 2002 a livello europeo la certificazione di prestazione energetica degli edifici che va obbligatoriamente acclusa all'atto di acquisto di una casa. Ebbene su 45 milioni di certificazioni rilasciate in Europa i tedeschi ne hanno fatte solo lo 0,01% come testimonia l'ultimo rapporto dell'Enea sull'efficienza energetica. Ma è la stessa von der Leyen attraverso i suoi uffici a raccontare che lo sforzo maggiore sarà proprio quello di mettere a posto i palazzi. Impresa pressoché impossibile sia per i tempi sia per l'onere finanziario. Con buona pace del nostro ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, soddisfatto perché il G20 ambientale di Napoli ha approvato un documento che dice: «Le città devono essere intelligenti, resilienti e sostenibili», in ciò - dice il ministro -ricalcando il Pnrr italiano. Come si usa dire però le chiacchiere stanno a zero. Scrive la Commissione europea nei suoi documenti: «Gli edifici dell'Ue sono responsabili del 40% del consumo energetico e del 36% delle emissioni di gas a effetto serra, dovute principalmente alla costruzione, all'utilizzo, alla ristrutturazione e alla demolizione». Ora facendo 100 il paniere gas serra si scopre che l'autotrazione, quella che la von der Leyen vuole mandare a batteria dal 2035, concorre per il 28%. Una prova? L'ha data proprio il lockdown. L'università di Birmingham ha studiato undici metropoli del mondo - tra queste anche Wuhan - per stabilire se durante la clausura causa pandemia l'inquinamento dell'aria fosse calato. Ebbene biossido di azoto e CO2 sono scesi a traffico azzerato meno del 30%. Il motivo c'è: il 50% delle emissioni urbane è dato dal riscaldamento. La Commissione è costretta a scrivere: «Oggi circa il 75% del parco immobiliare dell'Ue è inefficiente sotto il profilo energetico. La ristrutturazione degli edifici esistenti potrebbe ridurre del 5-6% circa il consumo totale di energia dell'Ue e del 5% circa le emissioni di biossido di carbonio. Tuttavia, in media, meno dell'1% del parco immobiliare nazionale è ristrutturato ogni anno (le percentuali degli Stati membri oscillano fra lo 0,4% e l'1,2%.) Per realizzare i nostri obiettivi in materia di clima ed energia, i tassi di ristrutturazione dovrebbero almeno raddoppiare». Capito? Siccome l'Ue non ha né i soldi né i modi per azzerare la maggior fonte d'inquinamento allora distrugge l'industria dell'auto e non solo, e scarica sui cittadini costi e disagi. Hai detto nulla! La Commissione predica agli europei: vi metto i limiti, vi dico che dovrete investire almeno 275 miliardi all'anno per i prossimi dieci anni e attivo i prestiti con la Bei. E poi s'inventa nuove tasse. Una di queste è l'estensione del sistema degli Ets (sono i certificati che pagando consentono di inquinare) anche al settore immobiliare. Il meccanismo è questo: se non hai ristrutturato il condominio (solo il 10% degli edifici europei è coperto da certificazione di prestazione energetica) paghi. Ma attenzione, non tutti i soldi così raccolti tornano nell'edilizia: solo il 30%. Per farsi bella la Commissione dice: aiuteremo i più poveri ad avere case verdi. La cifra è ridicola: 72 miliardi in dieci anni diviso per 27 Paesi con la richiesta di cofinanziamento dei singoli governi al 50%. A fronte di investimenti necessari per 275 miliardi all'anno, l'Europa se va bene attiva 276 milioni (è lo 0,1% di quello che serve) che raddoppiano con il contributo nazionale per - testuale - «una transizione socialmente equa». Per attivare davvero un moltiplicatore di investimenti nel settore della riqualificazione edilizia (in Europa sono 18 milioni gli occupati del comparto, di cui il 95% in imprese medio piccole) servirebbero almeno 90 miliardi all'anno d'investimento pubblico diretto. Ma i tecnici di Bruxelles invece chiedono agli Stati di adeguare il 3% degli edifici pubblici all'anno. In Italia per esempio va così. Erano stati stanziati lo scorso anno 335 milioni per avviare questa transizione degli uffici verdi: sono arrivate 230 domande ammissibili per 315 milioni. Ma solo 25 progetti sono stati approvati e solo tre lavori sono stati fatti per qualcosa meno di 300.000 euro. A colpi dello 0,10% di lavori eseguiti hai voglia a fare la transizione ecologica. Ciò che capita nel pubblico fa il paio con il più clamoroso dei flop: il Superbonus. Non lo vuole nessuno. Eppure in Italia ci sarebbe del lavoro da fare. Scrive l'Enea: «Circa il 55% degli edifici residenziali risale agli anni Sessanta e il 4% a prima del 1919: un quarto di queste case non è mai stato ristrutturato e oltre il 25% di tutti gli edifici ha consumi annuali da un minimo di 160 kWh/m2 anno a oltre 220 kWh/m2». Ma invece di farli diventare verdi lo Stato, incoraggiato dall'Ue, fa restare al verde i proprietari.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/green-deal-briciole-case-verdi-2653941309.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-superbonus-ancora-non-decolla-il-mattone-resta-il-bancomat-di-stato" data-post-id="2653941309" data-published-at="1627162667" data-use-pagination="False"> Il Superbonus ancora non decolla. Il mattone resta il bancomat di Stato È curioso, e rischioso, che il Green deal se la pigli con i due bancomat dello Stato. Il primo è l'auto e già abbiamo scritto di come dei 70 miliardi che ogni anno l'erario si mette in tasca, se andrà avanti il tutto verde, ne perderemo almeno 37 su accise, Iva e imposte sui carburanti. Il secondo è la casa: il più tartassato dei beni. I balzelli che pesano sugli immobili sono una ventina e valgono il 5,9% del Pil: attorno ai 100 miliardi. L'Agenzia delle entrate guidata da Ernesto Maria Ruffini non è aggiornatissima su queste voci. Il suo ultimo rapporto L'Evoluzione del prelievo sugli immobili in Italia è fermo al 2019. Dallo specchietto dell'Agenzia delle entrate si ricava comunque che (dati 2018) l'imposta reddituale è pari a 8,56 miliardi, che quella patrimoniale (e poi dicono che non c'è) vale 19,81 miliardi e le imposte su locazioni e compravendite valgono 12,06 miliardi. Tre anni fa abbiamo pagato 40,6 miliardi. Ma la cifra è datata e sottostimata. Basti dire che solo di Imu seconda casa quest'anno gli italiani pagheranno 20,3 miliardi (la tassa riguarda circa 25 milioni di persone con un importo medio di 1.040 euro per unità). Come si sa l'Europa invidia agli italiani il fatto di essere proprietari di casa (circa il 70% delle nostre famiglie la possiede), un patrimonio stimato (pre Covid) sui 5.500 miliardi e sul quale più volte la Comunità ha chiesto di imporre una patrimoniale, in questo spalleggiata dalla nostra sinistra. Ma in attesa di queste imposte l'Europa ci mette la tassa sul respiro. Di che si tratta? Del meccanismo Ets. Sono i certificati che si comprano per poter inquinare. Il prezzo sarà fissato a 50 euro a tonnellata di CO2 emessa. Ora è bene sapere che ognuno di noi semplicemente vivendo emette 1,3 tonnellate di CO2 all'anno. Morale: ci toccherà pagare questo balzello a meno di non ristrutturare casa. È possibile farlo? In teoria sì e gli italiani anzi sono molto propensi a patto che il fisco non li strangoli. Ci sono due dati interessanti. Il primo è fornito dall'Enea che ci racconta come in fase pre virus cinese si siano aperti tanti cantieri. «Nel 2017», scrive l'Enea nel suo ultimo report, «si è registrata una spesa doppia rispetto al 2016, pari a 47 miliardi, più del doppio rispetto ai 19 miliardi spesi per l'acquisto di nuove abitazioni. Gli investimenti in sola riqualificazione sono il 38% del valore degli investimenti in costruzioni». A facilitarli sono stati i regimi fiscali convenienti tra cui gli ecobonus. Ma attenzione perché lo Stato poi si confessa e ci fa sapere con l'Agenzie delle entrate che dal 2007 al 2016 gli italiani hanno compiuto oltre 27 milioni di ristrutturazioni investendo quasi 116 miliardi a fonte dei quali hanno ricevuto detrazioni per 5,3 miliardi di euro. A fronte di un costo medio di 4.700 euro a intervento lo Stato ha abbonato 196 euro incassando però Iva, Irpef e altre tasse. È un po' il meccanismo del Superbonus che, per dirla parafrasando Jovanotti, è il più grande flop dopo il Big bang. Lo avevano presentato come il volano dell'economia: doveva attivare fantastiliardi di investimenti. Mario Draghi lo ha pure confermato. Sta di fatto che a fronte di quasi 19 miliardi stanziati con squilli di tromba dal governo Conte bis a oggi sono stati attivati 670 milioni da 13.549 richiedenti. Un gran successo per la riqualificazione verde degli edifici! E infatti i cantieri si sono fermati. L'Ance (associazione dei costruttori) aveva stimato per quest'anno un rimbalzo dell'8,6% del settore, ma adesso i segnali si sono affievoliti. I problemi sono di tre ordini: il Superbonus che non decolla, la manodopera che manca e i cantieri pubblici per ora solo annunciati. A questo si aggiunge un folle aumento delle materie prime: legno +100%, acciaio +160% e cemento +130%. Lo Stato peraltro non ci pensa proprio a riqualificare i suoi edifici nonostante le premesse europee perché nel Pnrr, tanto per dirne una, a fronte di 32.000 scuole da mettere a posto ci sono risorse solo per 159. Però una cosa ci lascia il Green deal edilizio: è un nuovo controllo sulla proprietà. Si prevede che ci siano i piani nazionali per l'efficientamento energetico e così nasce presso l'Enea il Portale nazionale sulla prestazione energetica degli edifici. Da tanto tempo ronzano attorno alla riforma del catasto, hai visto mai che abbiano trovato una strada a emissioni zero, ma a immissioni fiscali pingui? Per dirla con Humphrey Bogart ne L'Ultima minaccia: «È il Green deal bellezza».
Ansa
Slitta a oggi il termine per le modifiche alla manovra. Spunta bonus per le scuole private.
Rush finale per gli emendamenti alla manovra. È slittato a oggi il termine per la presentazione dei cosiddetti segnalati. Significa che le 5.742 proposte di modifica del testo iniziale, saranno ridotte a 414. Sempre oggi si svolgerà un pre Consiglio dei ministri in vista del cdm di domani. Uno dei punti all’ordine del giorno è lo schema di disegno di legge che prevede l’istituzione del Registro unico nazionale dei dispositivi medici impiantabili. Sono poi previsti due schemi di decreto legislativo. Il primo su Terzo settore, crisi d’impresa, sport e Iva. Il secondo, introduce integrazioni per Irpef e Ires, tocca la fiscalità internazionale, le imposte sulle successioni e donazioni e di registro, con modifiche anche allo Statuto dei diritti del contribuente e ai testi unici delle sanzioni tributarie. Si affronterà poi l’adeguamento alla normativa europea. Vengono esaminati in via definitiva i decreti relativi alle sanzioni per chi viola gli obblighi sui carburanti sostenibili per l’aviazione (Saf).
Lucio Malan (Ansa)
La mossa di Lucio Malan ricorda che 275 miliardi di riserve sono del Paese. Anche se non ne può disporre per le regole europee.
Ci sono diversi modi per mandare frecciatine nemmeno tanto trasversali verso la Banca d’Italia, l’Eurosistema e la Ue. Uno è quello di voler stabilire in modo inequivocabile chi è il proprietario delle riserve auree detenute e gestite dalle stanze di Palazzo Koch.
Dopo un tentativo simile durante il governo Conte uno, a opera del senatore leghista Claudio Borghi, venerdì è stato il senatore Lucio Malan, capogruppo di Fdi al Senato, con altri quattro senatori del suo partito, ad apporre la propria firma su un lapidario emendamento alla legge di Bilancio 2026: «Le riserve auree gestite e detenute dalla Banca d’Italia appartengono allo Stato, in nome del popolo italiano».
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 19 novembre con Flaminia Camilletti
Roberto Calderoli e Luca Zaia (Ansa)
Attilio Fontana e Luca Zaia siglano le pre-intese su Protezione civile, professioni, previdenza integrativa e sanità. Il Doge: «Subito 300 milioni agli ospedali». Roberto Calderoli: «Federalismo fiscale entro marzo o saltano 32 miliardi di Pnrr».
Diciotto novembre. Data storica. Un anno dopo l’intervento della Corte costituzionale che ha fermato, di fatto, l’entrata in vigore della legge Calderoli sull’Autonomia differenziata, sono arrivate le prime storiche pre-intese tra i governatori di Veneto e Lombardia con il ministro degli Affari regionali su quattro materie: Protezione civile, professioni, previdenza complementare e gestione finanziaria della sanità. Nella Costituzione c’è scritto che sono 23 le materie che possono essere affidate in gestione alle Regioni, ma 15 sono «protette» dai Lep, ovvero bisogna fissare i Livelli essenziali di prestazione prima di procedere alla devoluzione. «Entro la legislatura», saranno fissati i criteri per i Lep ha annunciato Roberto Calderoli ieri mattina a Palazzo Balbi, la sede della Regione Veneto, durante la firma dell’accordo con Luca Zaia.






