2022-07-08
Avviso al governo: l’Ucraina non tira più
Giorno dopo giorno, il conflitto ha sempre meno spazio nei media. È il segnale di un’assuefazione crescente alla cronaca di guerra. In compenso gli italiani sembrano molto preoccupati da inflazione e crisi energetica. E pretendono soluzioni.Da ieri la guerra è ufficialmente scomparsa dalle prime pagine. Già negli ultimi giorni si capiva che l’argomento cominciava ad annoiare i redattori dei giornaloni, che via via iniziavano a ridurre gli spazi dedicati al conflitto in Ucraina, retrocedendo le cronache dal fronte più in là nella foliazione, dopo la strage della Marmolada, le risse politiche e il gran caldo. Tuttavia, un piccolo presidio su Kiev e dintorni almeno in prima pagina era garantito. Ieri invece le bombe, i morti e i profughi si sono eclissati dalla vetrina dei principali quotidiani, lasciando spazio a tutt’altro. Al Corriere sono riusciti a trovare posto per il concerto dei Maneskin, per le nozze nel reparto di terapia intensiva e per il bambino morto a Sharm el-Sheik a causa di un’intossicazione grave, ma non per le notizie belliche. Certo, c’è la disfatta di Boris Johnson, con le dimissioni di gran parte dei ministri di sua altezza regina Elisabetta, e poi la crisi, senza dimissioni, dei ministri di sua bassezza il principe di Volturara Appula. Dunque si capisce che la guerra sia stata retrocessa nelle retrovie del quotidiano di via Solferino.Ma se al Corriere hanno scelto di far scivolare nelle pagine interne le ultime notizie sul conflitto, a Repubblica non hanno voluto essere da meno. In prima pagina ieri si parlava dell’intesa piccola piccola raggiunta da Giuseppe Conte con Mario Draghi, del premier inglese che perde i pezzi e presto la poltrona, del lavoro che non c’è e dei contagi che purtroppo ci sono, senza nascondere il voltafaccia dell’Europa sul nucleare, prima considerato pericoloso e ora - per necessità - equiparato all’energia green. Della guerra appena un’ombra, ma obliqua: un francobollo con un’intervista a un generale per rievocare quando i 5 stelle manifestavano simpatie per Mosca. Sull’altra testata del gruppo Gedi, ossia il quotidiano sabaudo affidato alle cure del direttore romano Massimo Giannini, neppure quella. Grande titolo sul ministro Andrea Orlando, con un’intervista sui salari e relativa promessa di alzarli (in realtà la vera notizia sarebbe un politico che promette di abbassarli, perché da quando faccio questo mestiere non ho trovato leader che in vista delle elezioni non abbia giurato di essere pronto a mettere più soldi in busta). Poi crisi politica, Marmolada, virus, migranti e - per finire - intervista a Selvaggia Lucarelli su Salmo, Fedez, i taxisti e i maschi violenti ossessionati dalla giurata di Ballando con le stelle. Ah, dimenticavo: commento di Mattia Feltri sul degrado della Capitale. E la guerra? Il conflitto per cui gli italiani stanno tirando la cinghia rassegnandosi a fare il pieno con un sovrapprezzo del 50 per cento e una bolletta della luce e del gas con rincaro del 100 per cento? Non pervenuti. Sì la guerra, da questione vitale data dalla brutale invasione dell’Ucraina da parte della Russia, è stata declassata. Se prima non si poteva fare a meno di impacchettare almeno dieci pagine al giorno dedicate alla questione, con interviste a scrittori sulla psicologia di Putin, a medici sullo stato di salute dello zar e a esperti militari sulle strategie dei diversi eserciti in campo, ora la battaglia che si sta consumando alle porte d’Europa interessa meno. E l’andamento sul terreno? L’avanzata delle truppe russe? Gli appelli quasi quotidiani di Volodymyr Zelensky per ottenere più armi? I successi e i rovesci al fronte? La conquista o la resa degli eserciti in campo? Tutto messo in disparte. All’improvviso, ai grandi giornali la questione non sembra interessare più. Magari qualcuno potrebbe pensare che l’argomento tiri di meno e dunque in redazione abbiano ritenuto di parlare d’altro sul quotidiano cartaceo, lasciando spazio al sito online di occuparsi delle ultime notizie in arrivo da Kiev. Invece anche sfogliando le pagine internet dei suddetti quotidiani ci si rende conto che la guerra è stata derubricata dalla prima linea alla terza, se non alla quarta. Da titolo d’apertura della homepage a decimo se non quindicesimo titolo. E non va meglio in tv, dove, nonostante al fronte si continui a morire, i talk show hanno deciso di mettere in stand-by gli inviati, quasi che il conflitto sia una serie televisiva, che arrivata alla settimana edizione, con oltre cento puntate, si possa sospendere per riprendere la visione più avanti, magari dopo l’estate. Detto in poche parole, al 134° giorno di guerra, il conflitto non tira più, perché alla fine - è cinico dirlo - tutti i titoli sono uguali all’altro. Bombe, morte, sangue e nella redazioni hanno esaurito il repertorio, di titoli e di interviste. Del resto, per quanto drammatica sia la situazione, alla fine ci si abitua a tutto, anche a una guerra. Ci si stanno assuefacendo gli ucraini, che nelle regioni cercano di tornare a una vita normale nonostante le bombe, immaginatevi dunque quale sia la reazione di chi vive a centinaia se non migliaia di chilometri dalla linea del fronte, sapendo che al momento la sua tranquillità non è minacciata da missili o da carri armati. Non so chi lo abbia detto, ma il peggior nemico degli ucraini non è Putin, bensì l’abitudine. O, peggio, la rassegnazione. Siamo tutti d’accordo che Kiev è stata aggredita e che Mosca è l’aggressore. Ma dopo un po’ la voglia di farla finita cresce. L’interesse per Zelensky non viene dai razzi che ogni giorno l’esercito russo spara contro le postazioni ucraine, ma dal caro bollette e dal caro benzina, che pesano sui bilanci delle famiglie più di quanto pesino sulla coscienza le immagini dei massacri. L’opinione pubblica non ha alcuna simpatia per un criminale che rade al suolo le città inseguendo il sogno di rifare una grande Russia, ma ne ha ancor meno per una classe politica che non si rende conto che l’inflazione all’8 per cento sta erodendo i salari e mettendo in difficoltà il ceto medio. Se fossi al governo non sottovaluterei il delisting delle notizie di guerra dalla prima pagina dei giornali e dalle aperture dei talk show. Perché si tratta di una spia che segnala il disinteresse per ciò che sta avvenendo in Ucraina e un interesse, sempre più evidente, per ciò che sta avvenendo in casa nostra, in particolare nel portafogli degli italiani.