2024-03-11
Golpe, jihadismo, profughi. Colabrodo Sahel
La Francia ha lasciato l’Africa subsahariana nel caos. Le giunte militari vanno al potere, ma Isis e al Qaeda si contendono il controllo di territori sempre più estesi. Così molti civili devono fuggire.«Possibili nuove ondate di rifugiati e terroristi». L'intervista a Pieter Van Ostaeyen.«In Francia la gente si arma per autodifesa». Il sindaco di Hay-les-Roses, Vincent Jeanbrun, la cui casa fu assaltata da manifestanti stranieri: «Lo Stato non ha dato risposte».Lo speciale contiene tre articoli.Lo scorso 25 febbraio almeno 15 persone sono state uccise e altre due ferite in seguito all’attacco contro una chiesa cattolica nel nord-est del Burkina Faso. È successo durante il culto domenicale nel villaggio di Essakane, provincia di Oudalan, vicino al confine con il Mali. Un funzionario della chiesa ha affermato che gli uomini armati erano sospetti militanti islamici. In un comunicato del capo della diocesi locale, l’abate Jean-Pierre Sawadogo ha scritto: «In queste dolorose circostanze, vi invitiamo a pregare per il riposo eterno di quanti sono morti nella fede, per la guarigione dei feriti e per la consolazione dei cuori addolorati. Preghiamo per la conversione di coloro che continuano a seminare morte nel nostro Paese». Successivamente Aly Benjamin Coulibaly, procuratore di Ouahigouya, ha scritto «di essere stato informato che il 25 febbraio vi sono stati massicci attacchi omicidi che sarebbero stati commessi nei villaggi di Komsilga, Nodin e Soroe nella provincia Yatenga della regione settentrionale con un totale di 223 morti». Più di un terzo del Burkina Faso è attualmente sotto il controllo degli insorti. Le autorità stanno combattendo i gruppi islamici legati ad al-Qaeda e allo Stato islamico che hanno conquistato vaste aree di territorio e sfollato milioni di persone nella regione del Sahel. Negli ultimi tre anni le chiese sono state prese di mira e decine di fedeli sono stati uccisi. Il Burkina Faso, governato da una dittatura militare, si è recentemente ritirato dal blocco politico ed economico regionale, Ecowas, insieme ai suoi vicini del Sahel, Mali e Niger. Hanno citato la mancanza di sostegno da parte dell’Ecowas nella lotta contro il terrorismo come una delle ragioni per uscire dall’unione. I tre Paesi guidati dalla giunta erano già stati sospesi dal blocco che li spingeva a tornare al governo democratico. All’inizio di questo mese, il presidente del Burkina Faso Ibrahim Traoré, sostenuto dai militari, ha affermato che se necessario «le truppe russe potrebbero schierarsi per combattere i jihadisti» nel Paese dell’Africa occidentale. Dato che è impossibile che Vladimir Putin mandi dei soldati in Burkina Faso è evidente che «le truppe russe» sono quelle dell’Afrika Korps (già Wagner Group). Ma occorre ricordare che dove sono stati ingaggiati per contrastare le milizie che fanno riferimento allo Stato islamico o ad al-Qaeda hanno rimediato sonore sconfitte, vedi in Mozambico e nel Mali, dove sono stati attaccati persino dalla popolazione civile che gli ha attributo alcune stragi. La zona del Sahel, dalla quale i francesi sono stati costretti ad andarsene, continua a fronteggiare sfide rilevanti in materia di sicurezza, con la presenza persistente di gruppi armati e organizzazioni terroristiche. Questa instabilità ha gravi conseguenze sulla sicurezza, lo sviluppo economico e l’unità sociale dei Paesi coinvolti. A segnalare una seria preoccupazione per il Sahel e l’Africa occidentale è un report recentemente pubblicato dal Global Terrorism Index. L’analisi più inquietante per l’Africa riguarda il numero di vittime del terrorismo, soprattutto di matrice jihadista. Secondo il report il 94% delle vittime si concentra nella regione che comprende il Nord Africa, l’Africa occidentale, l’Asia meridionale e il Medio Oriente. Tuttavia, è l’Africa occidentale a primeggiare nella classifica, col 59% delle vittime registrate nel 2023 per mano dei terroristi. Si è verificato un significativo aumento soprattutto nei Paesi del Sahel. Qui, i governi locali, guidati in Mali, Niger e Burkina Faso da giunte militari golpiste, stanno lottando per mantenere il controllo del territorio. La situazione è gravissima in Burkina Faso tanto che si stima che circa la metà del territorio sia ora sotto il controllo degli estremisti islamici, tra affiliati ad al-Qaeda e sostenitori dell’Isis che si combattono senza esclusioni di colpi e con i civili a fare da scudi umani. Il generale di brigata Célestin Simporé, capo di stato maggiore delle Forze armate, ha emesso una direttiva urgente alle forze di difesa e sicurezza, esortandole «a potenziare le misure di sicurezza di fronte a un rischio potenzialmente elevato di attacchi terroristici», compresi quelli condotti dai kamikaze, spesso poco più che bambini. Dal 2012, il Mali è afflitto dalle attività di gruppi legati ad al-Qaeda e allo Stato Islamico, oltre alla violenza perpetrata da gruppi di autodifesa e al dilagare del banditismo. Questa crisi della sicurezza è stata accompagnata da una grave crisi umanitaria e politica. Il Nord del Mali, in particolare, ha assistito a un aumento degli scontri militari a partire da agosto 2023. Il ritiro della missione Onu, costretta ad abbandonare il Paese per decisione della giunta al potere, ha scatenato una lotta per il controllo del territorio tra l’esercito, i gruppi islamisti e i separatisti che hanno ripreso le armi contro il governo centrale. Questa crisi della sicurezza, che ha colpito il Paese governato da una giunta militare dal 2020, si è estesa anche nelle zone centrali, coinvolgendo Burkina Faso e Niger. Dal gennaio 2023, gruppi armati islamici hanno compiuto omicidi, stupri e saccheggi su larga scala nei villaggi del nord-est del Mali, ha affermato Human Rights Watch. Migliaia di persone sono state costrette a fuggire dalle regioni di Ménaka e Gao, dove la situazione si è deteriorata drasticamente a causa dei conflitti tra lo Stato Islamico nel Grande Sahara e il Gruppo per il sostegno dell’islam e dei musulmani, affiliato ad al-Qaeda. Entrambi i gruppi cercano di consolidare il loro controllo sulle rotte di rifornimento e di espandere le loro zone di influenza. Secondo l’Onu, i combattimenti in Mali hanno costretto 375.539 persone a fuggire dalle proprie case, di cui il 40% solo nelle regioni di Gao, Kidal, Ménaka e Timbuktu. Entrambe le fazioni hanno adottato una strategia di spostamento forzato della popolazione per consolidare il proprio potere e imporre l’autorità sia in Mali che nel Burkina Faso. Non va meglio nel Niger dove dopo il colpo di Stato del 26 luglio 2023 gli attacchi contro i militari sono quasi all’ordine del giorno, uno su tutti quello del 3 ottobre 2023 quando più di un centinaio di terroristi hanno attaccato le Forze di sicurezza vicino al confine col Mali, uccidendo 29 soldati, e si può dire che il golpe ha aperto la porta ai terroristi islamici. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/golpe-jihadismo-profughi-colabrodo-sahel-2667479825.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="possibili-nuove-ondate-di-rifugiati-e-terroristi" data-post-id="2667479825" data-published-at="1710116371" data-use-pagination="False"> «Possibili nuove ondate di rifugiati e terroristi» L’Istituto per l’economia e la pace segnala che nella regione del Sahel si conta il 50% di tutte le vittime del terrorismo nel mondo. Qui il numero dei morti è aumentato di trenta volte rispetto al 2007. Lo Stato islamico e il gruppo Jamaat Nusrat Al-Islam wal Muslimeen (Jnim), affiliato ad al Qaeda, sono attivi nella zona. Pieter Van Ostaeyen ha studiato Storia medievale con specializzazione in Storia delle crociate e Studi arabi e islamici. Analizza il conflitto in Siria dal 2011. Nel 2012 ha iniziato a riferire su combattenti stranieri e gruppi estremisti come Jabhat an-Nusra, Ahrar as-Sham, Jund al-Aqsa e Stato islamico. Chi sono questi gruppi in lotta per la supremazia territoriale? «Jnim, branca di al Qaeda in Sahel, opera principalmente in Mali; attacca soprattutto l’esercito maliano e il gruppo Wagner. Ma attacca regolarmente anche in Burkina Faso. Isgs o Issp è la branca dello Stato islamico nel Grande Sahara o Provincia del Sahel. Anche loro si concentrano sul Mali. Iswap è la provincia dello Stato islamico in Africa Occidentale, il cui obiettivo è la Nigeria». Di quanti uomini stiamo parlando? «Impossibile fare stime precise ma di sicuro sono decine di migliaia». I regimi golpisti di Burkina Faso, Niger e Mali hanno dichiarato che si affideranno alla Russia contro i jihadisti. Può essere una soluzione? «No, ma il gruppo Wagner è solidamente installato in questi Paesi. Approfittano del caos in questi Paesi per sfruttare le ricchezze naturali della regione. In Mali, ad esempio, il gruppo Wagner è attivamente coinvolto nello sfruttamento delle miniere d’oro. Si dice che negli ultimi anni siano riusciti a estrarre oro per un valore di circa 300 milioni di euro». È possibile la nascita di uno Stato islamico 2.0 in Africa? «È altamente improbabile. Il cuore dello Stato islamico è ancora la Siria e l’Iraq. Il gruppo sarà sempre guidato da un arabo della tribù Qurayshi. Tuttavia, a causa delle continue violenze nel Sahel, è possibile che nuove ondate di rifugiati arrivino in Europa e il rischio che tra loro si nascondano jihadisti non è irrealistico. L’area del Sahel è cruciale per il traffico di esseri umani che poi arrivano sulle coste italiane e in tutta Europa. È un business a cui partecipano organizzazioni terroristiche». Alcuni osservatori ritengono che Burkina Faso, Niger e Mali siano destinati a una perenne instabilità e che non riusciranno a contrastare i jihadisti. È d’accordo? «Sì. E l’Europa non può più intervenire, i regimi militari hanno cacciato tutte le operazioni di peacekeeping occidentali e non vogliono più interferenze dall'Occidente». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/golpe-jihadismo-profughi-colabrodo-sahel-2667479825.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="in-francia-la-gente-si-arma-per-autodifesa" data-post-id="2667479825" data-published-at="1710116371" data-use-pagination="False"> «In Francia la gente si arma per autodifesa» Tra giugno e luglio 2023 la Francia è stata il teatro di sommosse scatenate da giovani di banlieue dopo la morte di Nahel Merzouk, in un controllo di polizia al quale aveva cercato di sottrarsi. Nella notte tra l’ 1 e il 2 luglio, dei malintenzionati hanno attaccato la casa di Vincent Jeanbrun, il sindaco della cittadina di Hay-les-Roses accanto a Parigi. Nell’abitazione c’erano la moglie e i figli piccoli del primo cittadino che ha anche origini italiane. Recentemente, Jeanbrun ha pubblicato il libro Les deux France (Ed. Albin Michel) in cui parla di quella notte. Cosa è rimasto di quella notta, nella sua vita? « Praticamente tutto, è stato un attacco alla vita quotidiana della mia famiglia. Ricordo la telefonata di mia moglie che ho ricevuto mentre mi trovavo nel mio ufficio in municipio. Poi ci sono ancora tracce visibili dell’attacco sulla facciata di casa mia. Inoltre, mia moglie è ancora in convalescenza, sebbene sia prossima la fine». Perché ha scritto il libro? «Perché vorrei che non si dimenticasse ciò che è accaduto. Vorrei che si ricordassero gli eventi senza farne un dramma. Figli della Francia hanno attaccato i simboli della Repubblica francese, hanno distrutto tutto, a fronte di una impotenza terribile dell’autorità pubblica». La Francia è ormai condannata a vivere in una situazione di guerriglia? «Non mi ritengo uno di quelli che dicono che siamo spacciati. Dico solo che è successo qualcosa e che dobbiamo usare gli strumenti giusti per affrontare la situazione». Lei ha cambiato il suo modo di osservare la realtà? « Per anni sono forse stato troppo ancorato a un ideale repubblicano perché avevo la sensazione che la Repubblica fosse qualcosa di scontato. La verità è che la Repubblica è un sogno che si condivide o meno. Ma per qualcuno può anche essere un avversaria. Io considero gli avversari della Repubblica come miei avversari. Questo non significa invocare la guerra civile; al contrario, vuol dire che dobbiamo dotarci dei mezzi contro una minaccia». Cosa è rimasto in Francia di quel periodo di sommosse? «Penso che nel cuore dei francesi residenti in città teatro delle rivolte, ci siano ancora paura, incomprensione, preoccupazione. Ho parlato con persone, che definirei ragionevoli per natura o impegnate in associazioni. Tra loro c’è chi mi ha detto di aver portato a casa il fucile da caccia del nonno che aveva campagna. Credo che siamo in una fase di passaggio verso qualcosa nuovo. Le sommosse ci hanno segnato. Abbiamo atteso una risposta dallo Stato ma non la vediamo arrivare. Tutto ciò mi dispiace perché non credo affatto nell’autodifesa». Dopo le sommosse, il governo e il presidente hanno mostrato i muscoli. Poi però quando è stata approvata una legge immigrazione molto dura, Macron si è rivolto al Consiglio Costituzionale. Che ha cancellato due terzi della legge. «Nelle parole del presidente Macron c’era una forte volontà di combattere l'immigrazione illegale senza però dotarsi, sul campo, di tutti gli strumenti necessari a farlo». Il sindacato della magistratura ha detto che i presunti autori delle sommosse erano «ribelli, giovani uomini, disoccupati, stranieri o di origine straniera, che vivono in quartieri svantaggiati». È corretto questo identikit? «Non del tutto. Alla definizione citata mancavano le parole “trafficante e criminale” perché anche se la maggior parte di loro aveva la fedina penale pulita, in quanto molto giovane, era molto violenta e coinvolta nel traffico di droga. Il nocciolo duro degli aggressori, poi, era un altro. Si trattava di persone più grandi, ben organizzate e che, probabilmente, erano drogate vista l’energia e la resistenza che hanno dimostrato». Lei ha origini italiane. Cosa ne pensa dell’Italia di oggi? «Sono sensibile a ciò che accade in Italia. Credo che nonostante i proclami, Giorgia Meloni non abbia fatto meglio di altri in merito ai migranti. La questione migratoria è europea. Penso che le elezioni europee dovrebbero essere un momento di dibattito tra i cittadini. Vorrei che francesi, italiani, tedeschi, ecc, ragionassero insieme su cosa vogliamo mettere in comune per difenderci. Dovrebbe essere ovvio visto ciò che accade alle porte dell’Europa e quando un presidente non esclude di inviare truppe in Ucraina».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.