2024-04-25
Gli Usa sbloccano 61 miliardi per Kiev Lite con Mosca per l’atomica spaziale
La Nato frena il polacco Duda: «Non ci sono piani per portare a Varsavia ordigni nucleari». Secondo i media americani, Washington avrebbe consegnato in segreto a Volodymyr Zelensky missili Atacms impiegati contro la Crimea.Non è chiaro in che misura ciò conterrà l’offensiva russa. Fatto sta che il Senato americano ha dato il via libera definitivo ai 61 miliardi di dollari di aiuti per Kiev e il presidente, Joe Biden, ha assicurato che gli Stati Uniti «inizieranno a inviare armi e attrezzature questa settimana». Anzi, si assicurerà «che le spedizioni», del valore di 1 miliardo, come precisato dal Pentagono, «inizino subito, nelle prossime ore». «Se Putin trionfa in Ucraina», ha aggiunto l’inquilino della Casa Bianca, «la mossa successiva per le forze russe potrebbe benissimo essere un attacco diretto contro un alleato Nato». A quel punto, «non avremmo altra scelta» che intervenire. Anche l’Europa ha fatto la sua parte, erogando 1,5 miliardi di euro di finanziamenti. «Putin credeva che non avremmo difeso la democrazia e l’indipendenza in Ucraina», ha commentato Ursula von der Leyen. «Si era sbagliato. L’assistenza militare da parte degli Stati Uniti e la nostra assistenza ci incoraggiano a fare ancora di più. L’Ucraina deve vincere». Sarebbe già tanto se riuscisse a congelare di nuovo la situazione, così che finalmente si riesca a intavolare una trattativa con lo zar da una posizione paritetica. Mosca mantiene il sangue freddo ed evita di commentare le voci, alimentate dal New York Times e da Politico, sulla consegna in segreto a Volodymyr Zelensky di missili Atacms americani, già impiegati per attacchi in Crimea. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, si è limitato a ribadire la necessità di istituire un «cordone sanitario» nel territorio ucraino, per impedire i raid nelle regioni russe di confine. Ma se il ministero degli Esteri, per bocca della solita Maria Zakharova, punta il dito contro le esercitazioni Nato in Finlandia, che cominceranno domani, per la loro «natura provocatoria», proprio l’Organizzazione nordatlantica prova a disinnescare la mina accesa dal presidente polacco, Adrzej Duda, che si era detto disposto a ospitare in Polonia testate nucleari occidentali. Giunto in visita a Varsavia, il segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, ha dichiarato che «non ci sono piani per espandere l’attuale accordo di condivisione nucleare».Non è una cattiva notizia, vista la tensione che si respira. In fondo, con l’ingresso di Svezia e Finlandia, la Nato ha stretto ulteriormente la morsa sulla Russia. Dispiegare armi atomiche a un passo dalle frontiere con il Paese di Vladimir Putin sarebbe un rischio inutile. Anche perché, appunto, in virtù degli accordi di condivisione, il Vecchio continente è già ben equipaggiato. Dovrebbe esserci un centinaio di bombe, equamente distribuite tra le basi di Kleine Brogel in Belgio, Büchel in Germania, Volkel in Olanda, Incirlik in Turchia, Aviano e Ghedi in Italia.Tuttavia, il braccio di ferro sull’atomo con la Federazione sembra non limitarsi all’orbe terracqueo. La nuova frontiera delle reciproche minacce si sta spingendo al di là dell’atmosfera di questo pianeta sempre più turbolento.Stanotte (il tardo pomeriggio di New York), al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, era in discussione una risoluzione americana sulla non proliferazione nucleare nello spazio. Cosa c’entra lo spazio? C’entra. A febbraio, fonti Usa avevano lasciato trapelare una notizia inquietante: la Russia starebbe sviluppando un’arma nucleare spaziale anti satellite, la quale, esplodendo, emetterebbe radiazioni elettromagnetiche capaci di disattivare ampie reti satellitari e, dunque, i sistemi di comunicazione militari e civili. La questione sarebbe arrivata alla Camera dei rappresentanti: è a questo argomento, probabilmente, che si riferivano i repubblicani che siedono nell’equivalente a stelle e strisce del nostro Copasir, quando avevano avvisato dell’esistenza di una «seria minaccia alla sicurezza nazionale».Portare avanti un programma del genere violerebbe il trattato siglato nel 1967, quando ancora esisteva l’Unione sovietica: quell’accordo vieta di piazzare «in orbita attorno alla Terra qualunque oggetto che monti armi nucleari o qualunque altra tipologia di armi di distruzione di massa». E a parte il pericolo rappresentato da uno strumento capace di mettere in ginocchio le capacità difensive e le infrastrutture militari di un’intera nazione, l’ipotesi riesumerebbe lo spettro di un’ennesima, dissennata corsa agli armamenti. Sì, perché se Mosca collocasse una bomba atomica nello spazio, altrettanto si troverebbero costretti a fare gli Stati Uniti e, presumibilmente, la Cina. Finora, la Russia ha negato ogni accusa. «La nostra posizione», aveva ribadito Putin in persona al ministro della Difesa, Sergej Shoigu, «è chiara e trasparente: siamo sempre stati categoricamente contrari - e lo siamo anche ora - al dispiegamento di armi nucleari nello spazio». Eppure, l’ambasciatore all’Onu, Dmitry Polyanskiy, alla vigilia del voto al Consiglio di sicurezza, ha precisato che il suo Paese avrebbe considerato «squilibrato, dannoso e politicizzato» il testo della risoluzione, in assenza di un emendamento proposto proprio da russi e cinesi, i quali chiedevano di mettere al bando «qualunque arma nello spazio», oltre alla minaccia e all’uso della forza «contro oggetti spaziali». Per ragioni di fuso orario, non è stato possibile conoscere, in tempo utile per andare in stampa, gli esiti della consultazione nella Grande Mela, ma tutto lasciava presagire che la Federazione fosse intenzionata a porre il veto.La domanda, pertanto, sorge spontanea: se davvero non vogliono lanciare in orbita un’atomica, perché i russi dovrebbero sabotare un accordo per la non proliferazione nucleare nello spazio?
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