2024-11-09
Tutti gli uomini del presidente saranno coordinati da una donna
Susie Wiles (Getty Images)
La stratega Susie Wiles sarà la prima a ricoprire l’incarico di capo di gabinetto. Ladapo, contrario ai diktat sul Covid, papabile per la Salute, Rubio per il Dipartimento di Stato. Il protezionista Lighthizer al Commercio.È stato dipinto come un misogino e uno stupratore. Durante l’ultima campagna elettorale, Kamala Harris lo ha definito un predatore che abusa delle donne. Eppure Donald Trump ha appena nominato Susan Wiles come prossimo capo dello staff della Casa Bianca: è la prima volta che questo incarico viene assegnato a una donna. Stiamo parlando di un ruolo tutt’altro che insignificante. Il capo dello staff è infatti il vero «dominus» all’interno della Casa Bianca: coordina il team presidenziale, gestisce l’accesso al presidente, gli fornisce consulenza e ne dirige l’attuazione delle decisioni politiche. Insomma, il capo dello staff rappresenta un po’ il centro nevralgico delle amministrazioni americane. È stato quindi forse più «femminista» Trump con questa nomina che Joe Biden e Barack Obama con tutta la loro retorica sull’emancipazione delle donne. La Wiles è una figura di assoluta fiducia per Trump: insieme a Chris LaCivita, è stata la codirettrice della sua ultima campagna presidenziale. Non solo. Lavorò anche in quella del 2016, occupandosi specificamente delle strategie da implementare in Florida. Piuttosto schiva, non ama troppo apparire o intervenire in pubblico. Ha fatto una vistosa eccezione a ottobre, quando il miliardario pro Harris, Mark Cuban, sostenne che Trump non si circondava di donne forti e intelligenti. «Mi hanno detto che Mark Cuban ha bisogno di aiuto per identificare le donne forti e intelligenti che circondano il presidente Trump. Bene, eccoci qui!» dichiarò, per poi aggiungere: «Sono stata orgogliosa di aver guidato questa campagna». La Wiles ha fama di avere un carattere energico e di saper anche «domare» le esuberanze di Trump all’occorrenza. Si dice che sia stata soprattutto lei a organizzare e a sistematizzare una galassia, quella trumpista, originariamente assai caotica. Nel frattempo, il presidente in pectore è al lavoro con il team di transizione per decidere chi mettere a capo dei dicasteri chiave della sua nuova amministrazione. In particolare, è molto interessante cercare di capire chi si occuperà dei dossier legati a difesa, sicurezza nazionale e politica estera. Secondo Politico, per la guida del Pentagono sarebbero in lizza il senatore Tom Cotton, il deputato Mike Waltz e, soprattutto, l’ex segretario di Stato, Mike Pompeo. Al momento, è quest’ultimo il nome più quotato, anche perché ha parlato sul palco durante l’ultimo giorno della Convention nazionale repubblicana di Milwaukee a luglio. Inoltre, Pompeo è una delle figure di raccordo tra il trumpismo e gli apparati. Il che lo rende al momento la scelta più probabile.Dall’altra parte, sempre secondo Politico, il Dipartimento di Stato potrebbe andare o al senatore Marco Rubio o all’ex national security advisor dello stesso Trump, Robert O’ Brien. Quest’ultimo era nella situation room con il tycoon quando, a ottobre 2019, fu condotta l’operazione che portò all’uccisione di Abu Bakr al-Baghdadi. Inoltre, insieme a Pompeo, fu tra i principali architetti degli Accordi di Abramo del 2020. Non è d’altronde un mistero che Trump punti a rispolverare la logica che era alla base di quelle intese: vale a dire promuovere l’avvicinamento tra israeliani e sauditi, facendo leva sulla loro comune paura nei confronti dell’Iran. Sia Pompeo sia O’ Brien sono infatti fautori del ritorno alla politica della «massima pressione» sul regime khomeinista. Una linea dura, quella verso gli ayatollah, che è auspicata anche da Rubio.Un’altra casella chiave è quella del Tesoro. Qui i nomi in lizza sarebbero parecchi. In pole position sembra esserci il miliardario Howard Lutnick, che è attualmente ai vertici del team di transizione presidenziale. Un altro nome che circola è quello del giornalista finanziario Larry Kudlow, che diresse il National economic council ai tempi della prima amministrazione Trump. Per la poltrona del Tesoro era emerso anche il profilo di Robert Lighthizer, che, da rappresentante commerciale degli Usa, fu l’architetto dei dazi contro la Cina durante il primo mandato del tycoon. Tuttavia, indiscrezioni riportate ieri dal Financial Times hanno riferito che Trump gli avrebbe chiesto di assumere la guida del dicastero del Commercio. Significativamente, appena la notizia è uscita, il peso messicano è crollato.Un ulteriore ruolo centrale sarà quello di procuratore generale, soprattutto dopo che, negli ultimi anni, Trump ha ripetutamente accusato di politicizzazione il Dipartimento di Giustizia dell’amministrazione Biden. Per questa poltrona, il presidente in pectore starebbe pensando al senatore Mike Lee e, soprattutto, a John Ratcliffe, che fu suo Director of National intelligence nel 2020 e che attualmente è ai vertici dell’America first policy institute. Non è invece ancora certo quale incarico sarà affidato a Robert Kennedy jr: secondo Politico, potrebbe andare al Dipartimento dell’Agricoltura o a quello della Salute. Per la Salute potrebbe spuntare anche il nome del responsabile sanitario della Florida, Joseph Ladapo: figura sponsorizzata, in queste ore, dal governatore dello Stato, Ron DeSantis. Per Elon Musk sarebbe infine pronta un’agenzia per il taglio dei costi.La squadra di Trump prenderà man mano forma nelle prossime settimane. Tuttavia alcune linee politiche di fondo stanno già emergendo chiaramente. Il presidente in pectore non può permettersi di perdere tempo. Dopo la sua clamorosa vittoria, le aspettative sono alte. E ha bisogno di una squadra efficiente e con gente in gamba, per rimediare ai problemi ereditati dal predecessore.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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