2020-10-28
«Gli Lgbt non parlano mai a nome del Papa»
Gerhard Ludwig Müller (Getty images)
Il cardinale Gerhard Ludwig Müller, sul docufilm «Francesco» e le polemiche attorno alle unioni tra gay: «Quando gli atei e gli attivisti si fanno interpreti del Santo Padre spesso distorcono le sue affermazioni. E questo confonde i credenti che vogliono restare fedeli al magistero».Le parole che papa Francesco pronuncia nel docufilm a lui dedicato dal regista russo Evgeny Afineevsky sono state oggetto di molte interpretazioni e considerazioni. La questione sulle tutele legali (ley de convivencia civil) che il Papa sembra auspicare per le coppie omosessuali hanno risvolti teologici, anche sull'autorità dottrinale e pastorale del Papa, e politici. La polarizzazione che abita la chiesa dall'interno (non per le pressioni che subisce dall'esterno, come taluni sono portati a dire e pensare) spesso impedisce di riflettere e mette in quarantena permanente coloro a cui si attacca la malattia immaginaria di «essere contro il Papa». Il cardinale Gerhard Ludwig Müller, già prefetto dell'ex Sant'Uffizio, risponde alle domande della Verità con parresia, consapevole che se un documentario può essere una bellissima emozione certamente non fa dottrina.Eminenza, che idea si è fatto sulle esternazioni del Papa in tema di unioni civili, almeno per come sono state presentate e discusse a seguito del docufilm «Francesco», appena presentato?«Sempre, quando i nemici della Chiesa, gli atei e gli attivisti Lgbt sono interlocutori o interpreti del successore di Pietro, esiste la possibilità che l'esito sia opposto a quello sperato. Infatti, o il Papa li riconduce alla fede cattolica, o costoro distorcono le sue affermazioni a loro favore, e così confondono i cattolici che vogliono restare fedeli al Papa. Nessun cattolico può prendere sul serio l'insegnamento della Chiesa secondo l'interpretazione di interlocutori avversari della Chiesa. È del tutto irrilevante ciò che essi riportano dei loro colloqui col Papa, o come egli appaia nei loro video o interviste. E dal punto di vista della scienza teologale queste congetture pastorali private non rappresentano alcun “locus teologicus". Esse non hanno alcuna autorità per un cattolico, anche quando il Papa vuole mediante queste “avviare processi". La fede deriva dalla rivelazione di Dio e non dal “wording and framing" manipolativo di influencer teologici e politici. L'insegnamento della fede su origine, senso e confini dell'autorità del Papa in materia di fede e di morale sono chiaramente definiti dal Concilio di Firenze e in maniera particolare dal Vaticano I e II. L'autorità dottrinale e pastorale del Papa non deriva dalla specifica personalità del titolare del trono di Pietro. Questo lo vediamo col pescatore Simone, che Cristo ha fatto Pietro, ma in forza della sua missione divina. Il suo potere, che richiede l'obbedienza di tutti i fedeli cattolici, consiste esclusivamente nel rendere manifesto ciò che il Padre celeste gli ha rivelato: vale a dire che Gesù non è un qualsiasi profeta o un modello morale, ma il Figlio di Dio (Mt 16,16). Gesù inoltre non è “Figlio di Dio" in senso derivato o metaforico, un po' come noi siamo figli per adozione nella Grazia (vedi Rom, 8,16). Egli è il Figlio nella santissima Trinità, egli ci ha svelato suo Padre (Mt 11,27) e a lui - come Figlio - ogni potere è dato in cielo e sulla terra. Gli apostoli e il loro successore insegnano solo ciò che Gesù ha loro insegnato (Mt 28,20). Un'obbedienza cieca alle persone, come il culto della persona verso il fuhrer nei sistemi totalitari, è l'opposto dell'obbedienza della religione come componente della fede soprannaturale che si rivolge direttamente a Dio, il quale non inganna e non può ingannare (Lumen Gentium, 25)».Però, al di là delle circostanze e dei possibili travisamenti del Papa, resta la dichiarazione sulla possibilità di tutela legale per unioni civili. Qui c'è un tema politico e non solo teologico.«La confusione, talvolta consapevolmente indotta, consiste nel confondere l'obiettiva verità dell'unione naturale e sacramentale di uomo e donna nel matrimonio con i problemi personali che alcuni individui hanno per un'attrazione erotico-sessuale verso persone dello stesso sesso. Uno stato secolare fa riferimento per le sue norme non a una rivelazione soprannaturale o a una particolare religione, ma al diritto naturale che si esprime nella ragione. La Chiesa - come custode anche delle verità antropologiche naturali - deve contrastare la pretesa dello stato o di organizzazioni ideologiche come quelle Lgbt, che relativizzano secondo i propri gusti il matrimonio fra uomo e donna come costruzione sociale, e di conseguenza vogliono ridefinire anche i rapporti fra persone di diverso o identico sesso come un tipo di matrimonio. Papi e vescovi dovrebbero imparare nell'odierno mondo dei media a esprimersi in modo chiaro e univoco, di modo che la preoccupazione pastorale per alcune persone in situazioni difficili non si presti ad abusi che minerebbero l'antropologia, i cui principi ontologici e morali traggono origine dalla ragione e dalla rivelazione».Qualche vescovo ha detto che quello del Papa sarebbe un errore rispetto al magistero precedente, come ad esempio la nota della Dottrina della fede del 2003 in cui pare si dica che nessun riconoscimento legale è possibile. È così?«Innanzitutto il Papa deve mantenersi in pieno accordo con la Rivelazione, com'è conservata e testimoniata nelle Sacre scritture e nella tradizione apostolica. Poi deve anche formalmente riconoscere tutte le decisioni dogmatiche dei Concili e dei papi che lo hanno preceduto. Né il Papa in carica né i suoi predecessori possono proporre alla fede di tutta la Chiesa i loro soggettivi punti di vista, siano essi sulla politica, l'educazione dei bambini o l'arte culinaria. Così, ad esempio, i giudizi politici sul comportamento di imperatore e Papa nel medioevo sono legati a quel tempo e non vincolanti per la fede rivelata. Si possono e si devono criticare molte forme di pensiero o di comportamento di singoli papi, senza porre in questione la missione divina e il potere del Papa come successore di Pietro. Gesù ha fatto di Simone Pietro, e su questo ha costruito la sua Chiesa. E al contempo Gesù, il vero capo della Chiesa, lo ha duramente criticato per il suo rinnegamento durante la passione di Cristo. I santi Geronimo, Agostino e Tommaso d'Aquino, nei loro commenti alla lettera ai Galati, hanno lodato Paolo per la sua sincerità nella violenta critica a Pietro e, viceversa, Pietro per la sua umiltà, con cui ha accettato questa fraterna correzione. In quella circostanza Pietro ha dimostrato un servizio inestimabile all'unità della Chiesa. E l'esercizio del primato della Chiesa di Roma deve sempre avere davanti agli occhi i due prìncipi degli apostoli, che con il sangue del loro martirio hanno conquistato alla Chiesa di Roma il primato nella comunità delle chiese episcopali d'oriente».Una parte del mondo cattolico, però, ritiene sufficiente che non si chiami «matrimonio» una unione civile omosessuale, senza quindi fare riferimento alla famiglia. A queste condizioni, dal suo punto di vista, un riconoscimento delle unioni civili non è possibile?«I fedeli cristiani non sono sofisti e non giocano nominalisticamente con le parole. Il matrimonio è l'unione a vita di un uomo e di una donna, secondo la definizione della parola e della cosa nell'ordine della creazione e della redenzione. Qualunque convivenza di persone dello stesso sesso (ad esempio comunità di ordine) o di sesso diverso ha un valore religioso o morale. Ma non si può chiamarla “matrimonio", e ogni unione sessuale al di fuori del matrimonio è oggettivamente un peccato grave. Questo non lo possono cambiare nemmeno quei teologi che si vantano di essere “progressisti", e che si richiamano a una presunta vicinanza a papa Francesco. Storicamente è già accaduto che perfino alcuni papi siano stati ondeggianti in questioni di fede o abbiano gravemente sbagliato. Perciò l'infallibilità in questioni di fede o di morale è data soltanto quando un Papa propone alla fede di tutta la Chiesa una dottrina di fede rivelata. Egli però non può proporre alla fede della Chiesa - come a lui rivelata - sue personali esperienze di vita, sue soggettive valutazioni o determinate teorie filosofiche o teologiche. Perché la rivelazione nella sua realtà costitutiva si è definitamente conclusa con la morte dell'ultimo apostolo. Papi e vescovi sono testimoni della una volta per tutte acquisita rivelazione di Dio in Gesù Cristo, e non destinatari di una nuova rivelazione che vada oltre Cristo, o addirittura riduca Cristo a un passo preliminare per una superiore conoscenza di Dio. Dietro il discorso pseudointellettuale del “mutamento di paradigma", si trova solo l'eresia non mascherata, che falsifica la parola di Dio. Il Papa e i vescovi non hanno ricevuto una nuova rivelazione pubblica come parte del “Depositum Fidei". Un tempo i protestanti ci accusavano ingiustamente di anteporre il Papa a Cristo: oggi, con ragione, difendiamo l'autentico insegnamento del papato contro certi cattolici che assolutizzano la posizione di potere politico-religiosa del passato, e relativizzano la sua missione divina nell'essere “il perpetuo e visibile fondamento dell'unità della fede e della comunione" dei vescovi e delle loro chiese particolari».