2020-09-23
Gli italiani tornano a chiedere l’autonomia
Il Covid ha resuscitato outsider come Vincenzo De Luca ed Michele Emiliano, mentre Giovanni Toti e Luca Zaia già godevano dell'apprezzamento dei concittadini Immaginare un partito dei governatori, però, è un errore: semmai, ciò che emerge dalle urne è che le Regioni vogliono fare da sé.Dopo quello dei sindaci - che non nacque mai, ma imperversò per qualche anno sulle pagine dei giornali, con i volti di Bassolino a Napoli, Rutelli a Roma, Cacciari a Venezia e Bianco a Catania - ecco spuntare il partito dei governatori. Ieri l'idea era affacciata nei commenti di alcuni quotidiani e prendeva spunto dai risultati certamente straordinari di Luca Zaia e Vincenzo De Luca, il primo rieletto con quasi il 77% in Veneto e il secondo con poco meno del 70 in Campania. A questi si uniscono le percentuali altrettanto sorprendenti di Giovanni Toti in Liguria (56) e di Michele Emiliano in Puglia (46), il quale ha prevalso nonostante avesse contro un paio di alleati di governo, ovvero Ivan Scalfarotto di Italia viva e Antonella Laricchia dei 5 stelle. Tutti e quattro - Zaia, Toti, De Luca ed Emiliano - erano uscenti e alcuni di loro fino a pochi mesi fa erano pure dati per spacciati o in grande difficoltà. Non i governatori del Nord, che comunque potevano vantare una buona amministrazione e una sostanziale coesione dei partiti della loro maggioranza. Ma a differenza del Veneto e della Liguria, le acque in Campania e in Puglia erano tutt'altro che tranquille. Il Pd da tempo lavorava per levarsi di torno sia De Luca che Emiliano, entrambi con una personalità strabordante e poco in linea con la direzione del partito. Ma mentre a Largo del Nazareno qualcuno pensava di fare le scarpe ai due, ecco arrivare il Covid, il lockdown e la paura dell'epidemia. Così, quello che sembrava un epilogo scontato non lo è stato. De Luca, con le sue battute in diretta Facebook e le imitazioni di Crozza, è resuscitato, assurgendo addirittura a personaggio di livello nazionale. Emiliano, che doveva fare i conti con la fronda interna e con l'odio di Matteo Renzi, ha gestito l'emergenza senza troppi guai e alla fine si è guadagnato la riconferma. Tuttavia, da qui a pensare che sia nato il partito dei governatori ce ne corre. Semmai, l'unica cosa che si affaccia sulla scena dopo l'inevitabile ridimensionamento del ruolo del Parlamento (sarà la conseguenza dei tagli, ma anche di quello che è successo nei mesi scorsi con i vari Dpcm, cioè la conduzione monocratica del Paese da parte di Giuseppe Conte) è il partito dell'autonomia, ossia la voglia dei presidenti di Regione di fare da soli, visto che spesso, grazie alle loro pressioni e anche alle loro forzature, hanno arginato gli errori del governo. Sì, è probabile che nelle settimane a venire, da Zaia a Toti, passando per Bonaccini, il partito che chiede maggiori poteri su una serie di materie torni a farsi sentire, reclamando un ruolo che la Costituzione già attribuisce alle Regioni. Ma a parte questo, che pure è un passaggio importante, è difficile vedere la nascita di un gruppo dei governatori, anche se al di là del colore politico in qualche caso le differenze poi non sono molte. Già: messi da parte alcuni temi, i presidenti di Veneto ed Emilia, sugli argomenti tipo le opere pubbliche e l'economia non hanno idee molto diverse. Tuttavia, se ci si sposta al Sud, far andar d'accordo De Luca con Toti pare un'impresa impossibile.All'epoca, quando i giornali si lasciarono affascinare dalla suggestione del partito dei sindaci, c'erano diversi motivi. Il primo è che la classe dirigente della sinistra era stata tramortita dalla vittoria di Silvio Berlusconi e dopo Achille Occhetto la guida del Pds era stata presa da Massimo D'Alema, non proprio il più simpatico dei politici. Dunque, l'idea di tipi come Rutelli e Cacciari, Bassolino e Bianco, che nelle loro città amministravano bene e per di più erano tutti di sinistra, sembrava vincente. Come è noto, non si andò più in là di un certo numero di articoli sui quotidiani e quando il sindaco di Roma sfidò il Cavaliere finì male, come accadde poi anche a Veltroni, altro esponente iscritto a forza al partito dei primi cittadini. No, trasformare la leadership locale, anche se regionale, in una nazionale è cosa facile da dirsi, meno facile da realizzarsi. Ve lo immaginate De Luca che fa il presidente del Consiglio? La verità è che i successi di alcune realtà non sono semplicemente esportabili. Certo, in molti dicono e scrivono che Zaia potrebbe presto prendere la guida della Lega, perché a differenza di Salvini rappresenta l'area moderata e poi il primo è in salita e il secondo in discesa. Ma l'ipotesi è tenuta a battesimo dalla maggior parte di quelli che vorrebbero l'ex ministro dell'Interno fuori dai piedi, per avere un avversario in meno. Un po' quel che succedeva ai tempi del Cavaliere. All'epoca tutta la stampa progressista tifava per Gianfranco Fini e dava per spacciato Berlusconi. Mettere l'uno contro l'altro è un vecchio gioco, ma come nel caso dell'ex leader di Alleanza nazionale, non sempre riesce.