2020-12-24
Gli italiani bloccati denunceranno Di Maio
Il governo autorizza la partenza dalla Gran Bretagna per chi ha la residenza anagrafica da noi o ha motivi urgenti per tornare. Tutti gli altri restano «prigionieri» dell'isteria del nostro esecutivo. E adesso si stanno organizzando per una class action.«Stiamo cercando un avvocato che ci rappresenti e faremo una denuncia collettiva»: Maria Podda è una delle migliaia di nostri connazionali bloccati in Gran Bretagna da quando, domenica pomeriggio, il governo italiano ha bloccato i collegamenti aerei a causa della variante inglese del coronavirus. Maria è cittadina italiana, gestisce un salone di bellezza a Londra, suo marito è nostro connazionale e vive nella capitale dell'Inghilterra da 14 anni. La coppia ha un neonato di un mese, i genitori volevano registrarlo in Italia. Domenica pomeriggio erano sul punto di imbarcarsi quando è arrivata la comunicazione del blocco. Avevano già fatto il tampone, privatamente, ben due volte: 400 sterline la spesa affrontata per non avere intoppi al momento dell'ultimo controllo prima di salire sull'aereo. Non è bastato. Da quattro lunghi giorni, insieme ad altre migliaia di connazionali, Maria non riesce ad avere uno straccio di informazione. Annuncia alla Verità l'intenzione di denunciare le autorità italiane, e racconta: «Siamo nella stessa situazione di quattro giorni fa, nessuno ci dice nulla. Ambasciata e consolato non sanno niente. Si continua a vociferare che abbiamo firmato per farci rimpatriare», aggiunge Maria, «ma di ufficiale non c'è niente. Siamo tornati al consolato italiano proprio oggi (ieri, ndr) e visto che il foglio di viaggio per mio figlio era scaduto perché durava solo 5 giorni, mi hanno fatto il passaporto d'urgenza per permettermi di partire in caso riaprano i voli, ma non hanno la minima idea neanche loro di quando si sbloccherà questa situazione. Lo Stato non ha comunicato nulla». Già, lo Stato. Lo Stato italiano, capace di abbandonare migliaia di connazionali nel Regno Unito, gente che lavora, gente che voleva tornare in Italia per le feste o, come nel caso di Maria, per registrare qui un nuovo cittadino italiano, suo figlio. Amarezza, delusione, sconforto. Solitudine. Ieri il governo italiano, con un'ordinanza firmata dai ministri degli Esteri Luigi Di Maio, della Salute Roberto Speranza e dei Trasporti Paola De Micheli, ha autorizzato l'ingresso in Italia dal Regno Unito di coloro che hanno la residenza anagrafica nel nostro Paese o hanno un motivo di assoluta necessità comprovato mediante autocertificazione. Gli altri dovranno rassegnarsi: non si parte, niente da fare, neanche con i tamponi negativi alla mano. Nulla. La Farnesina, guidata da Luigi Di Maio, non riesce a sbrogliare la matassa mentre ieri mattina i primi cittadini francesi provenienti dall'Inghilterra sono rientrati in patria, in nave, mostrando un tampone negativo. Detto brutalmente: la variante «inglese» del Covid è già arrivata in Italia, ma i nostri connazionali sono ancora bloccati in Gran Bretagna. Ieri mattina i parlamentari della Lega Eugenio Zoffili, Luca Toccalini, Paolo Formentini, Alessandro GiglioVigna, Simone Billi, Vito Comencini, Erik Pretto, Carlo Piastra, Jacopo Morrone, Elena Murelli, Cristina Patelli sono entrati all'interno della Farnesina cercando invano di essere ricevuti dal ministro Di Maio. I deputati leghisti hanno chiesto «certezze e una soluzione immediata per i nostri connazionali bloccati in Gran Bretagna a causa dello stop dei collegamenti imposto dal governo italiano che ancora non ha mosso un dito per risolvere questa situazione assurda. Il 23 dicembre, con la situazione delicata che tutti conosciamo e con i nostri connazionali bloccati in Gran Bretagna, al ministero degli Esteri non c'è nessuno del governo. Né il ministro Di Maio, né il viceministro e neanche un sottosegretario. La Lega», hanno aggiunto i parlamentari del Carroccio, «vuole una risposta immediata per i nostri connazionali. Ci auguriamo che per Natale possano tornare a casa e non tra qualche giorno, come sembra invece voglia fare questo governo». «Gli Italiani rimasti bloccati nel Regno Unito dopo lo stop dei voli? Stiamo contattando personalmente», ha spiegato il leader della Lega, Matteo Salvini, «una per una le centinaia di famiglie che hanno dei lavoratori lontani da casa. Di Maio ha perso anche troppo tempo. Speriamo che facciano qualcosa perché siamo al 23 dicembre. Non c'è gente che era lì per vacanza, ma per lavoro». «Sono centinaia», ha scritto in una nota la deputata di Forza Italia Deborah Bergamini, «gli italiani ancora bloccati in Gran Bretagna, dopo lo stop dei voli annunciato di punto in bianco dal ministro Speranza. Il governo sapeva da settembre di questa variante inglese e come al solito si è fatto trovare impreparato dimostrando un'intollerabile approssimazione nella gestione della crisi. Nonostante le rassicurazioni di queste ore, infatti, per i nostri connazionali, che hanno dovuto sostenere anche le spese per il tampone oltre a quella del volo, al momento non è ancora possibile fare rientro in Italia per le festività. Il governo si adoperi almeno per garantire il loro rientro aiutandoli a capire come fare», ha aggiunto la Bergamini, «perché il silenzio della Farnesina è inaccettabile».
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)