2021-06-10
        Gli incroci pericolosi sulle indagini Ilva tra Laghi e Capristo
    
 
Nelle carte di Potenza l'«anomala vicinanza» tra il procuratore di Taranto e l'uomo dei Benetton. Il punto di contatto? Piero AmaraPuntuale come un orologio, in tutte le grandi inchieste della magistratura sulle crisi industriali italiane, a un certo punto spunta sempre Enrico Laghi. Del resto solo nel 2017 il professore romano vantava almeno 24 incarichi, come liquidatore, consigliere o sindaco, tra Ilva, Alitalia, Unicredit, Beni Stabili e persino Acea. Classe 1969, docente di economia aziendale a La Sapienza di Roma, dallo scorso anno amministratore e presidente di Edizione Holding della famiglia Benetton, Laghi è tra i protagonisti dell'ordinanza di custodia cautelare che ha portato all'arresto dell'avvocato Piero Amara e del funzionario di polizia Filippo Paradiso, ai domiciliari per il consulente dei commissari Ilva Nicola Nicoletti e l'obbligo di dimora per l'ex capo della procura di Taranto Carlo Maria Capristo. Ma non è la prima volta che i nomi di Laghi e Amara si incrociano in scartoffie giudiziarie. Sono stati entrambi citati dal pm Stefano Fava nel suo esposto al Csm contro l'ex capo della procura di Roma Giuseppe Pignatone. Nel dicembre 2018 aveva proposto ai suoi superiori, con due diverse istanze, l'arresto di 31 indagati per una ventina di capi d'imputazione in un filone su Acea. Aveva chiesto misure cautelari per Amara e proprio per Laghi: gli erano stati entrambi negati insieme con altri da Pignatone. In quest'ultima inchiesta che gravita intorno all'Ilva, Laghi non risulta indagato. Ma nelle 306 pagine firmate dal gip Antonello Amodeo, il suo nome compare 146 volte. Dall'ordinanza su Amara si scopre che l'ex commissario, durante l'amministrazione straordinaria, aveva un rapporto molto stretto con l'ex capo della procura di Taranto Capristo. Ma lo aveva anche con lo stesso avvocato di Augusta, capace di inquinare indagini della magistratura in diverse Procure della Repubblica. È con l'era Laghi che all'Ilva fanno ingresso per la porta principale due consulenti, l'avvocato Amara e Nicoletti, che avrebbero dovuto risolvere due grossi problemi: il sequestro dell'area dell'altoforno e un procedimento per omicidio colposo per la morte di un operaio. Nicoletti in particolare era talmente operativo che il colonnello dei carabinieri Daniele Sirimarco, all'epoca comandante provinciale a Taranto, ha riferito ai magistrati che «sembrava sostituisse Laghi e non a caso partecipava ai comitati in Prefettura». Amara probabilmente lavorava più sotto traccia. Entrambi, però, ha ricostruito la Procura di Potenza, hanno festeggiato la nomina di Carlo Maria Capristo a procuratore di Taranto. Come ha confermato l'avvocato Vincenzo Maria Larocca, dirigente dell'Ufficio legale di Eni, estraneo all'Ilva ma sodale di Amara. «A questa cena (nella primavera del 2016, ndr) tenutasi a Roma a casa dell'avvocato Amara», spiega Larocca, «venni invitato dall'avvocato Amara ed eravamo presenti Amara, che era il padrone di casa, io, Capristo e Nicoletti Nicola (già consulente dell'Eni per la 231 per lungo tempo ed in quel periodo consulente di Ilva), e forse altri. Certamente non era presente il professor Laghi che invece era presente ad una cena successiva di cui mi appresto a dire». La seconda cena è invece nell'autunno del 2016, dopo la nomina di Capristo a Taranto. La cena fu organizzata in un ristorante di Bisceglie dallo stesso procuratore che pagò il conto ed erano presenti lo stesso Larocca, Amara, Nicoletti, Laghi e Filippo Paradiso. Quelle cene di festeggiamento, secondo il gip Amedeo, hanno una «carica indiziaria» e sono «da leggersi non in modo isolato bensì unitamente a tutto il quadro istruttorio che è duplice. Attestano la condivisione di una «vittoria collettiva dei componenti del gruppo e non del solo Capristo».E, secondo il gip, «anche il commissario Enrico Laghi», sentito a verbale il 30 giugno 2020, «non escludeva che Nicoletti conoscesse Capristo da prima della sua nomina e che potesse essersene vantato. Sebbene non ricordasse episodi specifici ha assunto con certezza che Nicoletti era contento della nomina di Capristo, magistrato che avrebbe potuto ascoltare le ragioni dell'Ilva».C'è di più. Nel cellulare dell'ex procuratore di Trani emerge una fitta rete di massaggi tra lo stesso Laghi e il procuratore, «un'anomala vicinanza» ed una naturale propensione a sposare le tesi della struttura commissariale. Nel gennaio del 2017 per esempio, Capristo inviava a Laghi un link riguardante un articolo in materia di ecologia, poi gli confermava la riunione in Prefettura quindi gli inviava un articolo di giornale, augurando buona lettura. A febbraio era a scrivergli spiegandogli il significato di alcuni documenti inerenti a vicende giudiziarie della famiglia Riva, collegate a quelle in corso a Taranto, di cui si attendevano determinazioni dall'autorità giudiziaria di Jersej e di Losanna. Ma Laghi ha incrociato anche un altro indagato nel procedimento di Potenza: l'avvocato di Molfetta Giacomo Ragno (agli arresti domiciliari per concussione e corruzione). Fu proprio Nicoletti, poco prima della sua iscrizione nel registro degli indagati, a riferire in Procura a Potenza che il nome di Ragno era stato proposto da Laghi. Ovviamente Laghi ha rispedito al mittente l'accusa, affermando che Nicoletti alcune volte «aveva speso in modo improprio il suo nome». Ma dietro le nomine di Ragno quale difensore nei procedimenti in cui erano indagati i dirigenti dell'Ilva, secondo gli investigatori, c'era di certo Capristo che stimava Ragno al punto da definirlo «un gentiluomo» e che aveva avuto a che fare con lui già a Trani, dove l'avvocato ha rimediato una condanna a 2 anni e 8 mesi nel processo contro i magistrati che aggiustavano i processi. E se a Potenza Laghi è considerato un testimone, il numero uno del gruppo Benetton ha comunque ancora pendente a Civitavecchia l'inchiesta sul crac di Alitalia. Per la vicenda della nostra compagnia di bandiera erano state chieste lo scorso anno undici archiviazioni, tra cui appunto quella dell'ex commissario Laghi, all'epoca consulente e presidente di Midco, la società che deteneva il 51 per cento del capitale di Alitalia Sai. Intorno alla sua figura gravita il reato di falso in bilancio e di bancarotta, architrave dell'indagine. Era prevista udienza lo scorso mese per chiudere finalmente la vicenda, ma il gup di Civitavecchia ha chiesto di rinviare la discussione al 23 luglio.
        Matteo Salvini e Giorgia Meloni (Ansa)
    
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