2021-08-25
Voci dal partito: ecco il metodo per «guidare» voti e congressi
Dopo il caso di Argelato, anche a Pieve di Cento emergono irregolarità. Non solo, l'allora leader di un circolo bolognese accusa: «Nel 2017 ci fu uno strano boom di tessere. Chiedete ad Alberto Aitini, che oggi invoca le purghe»Siamo andati a stuzzicare antiche ferite. Ora i vecchi rancori, le divisioni profonde che lacerano il Partito democratico hanno ripreso a bruciare e non sono pochi i militanti ed ex militanti pronti a raccontare le vicende di cui sono stati protagonisti. Che volino i coltelli, dopo tutto, non è una novità. La Verità ha dato conto di quanto accaduto nel 2019 ad Argelato, in provincia di Bologna, dove pare siano state artefatte circa 120 schede utili a determinare il risultato delle primarie nazionali.Nel settembre del 2020, una storia analoga è andata in scena a Pieve di Cento, sempre in provincia di Bologna. Riguardava i giovani democratici, che giunsero a un feroce scontro interno a colpi di esposti. Oggetto del contendere, l'elezione del segretario nazionale. Si sfidavano due mozioni: una facente capo a Caterina Cerroni (dal Molise) l'altra a Raffaele Marras (dalla Toscana). Come ha raccontato Cantierebologna.com, i sostenitori della Cerroni, temendo maneggi, decisero di inviare nella provincia emiliana (schierata con Marras) alcune «vedette» affinché vigilassero sul voto. Alcuni di loro, partiti da Bergamo, arrivarono a Pieve di Cento e trovarono che qualcosa non andava. «Quando siamo arrivati all'indirizzo del seggio, la sede del Pd, abbiamo trovato le porte chiuse», disse uno dei protagonisti, Gabriele Giudici. «Abbiamo cominciato a telefonare e così abbiamo scoperto che la sede delle votazioni era stata spostata senza dir niente a nessuno. Quando, dopo pochi minuti, abbiamo raggiunto la nuova sede, c'era una sola persona presente e tuttavia dai documenti risultava avessero già votato 24 iscritti, tutti per la mozione Marras. Ci siamo insospettiti e controllando le schede abbiamo notato che la calligrafia di tutte le firme era molto simile. Per tutto il restante tempo che siamo rimasti lì non si è più presentato nessuno. Un po' strano no?».Partì un esposto, poi un controesposto. Furono coinvolti i vertici nazionali. Poi tutto è finito a tarallucci e vino. La Cerroni, alla fine delle votazioni, dichiarò di aver vinto, lo stesso fece Marras. Forse al fine di evitare l'ennesima figuraccia, si è deciso di accontentare tutti: all'inizio di luglio, «la segreteria nazionale del Partito democratico ha individuato Caterina Cerroni e Raffaele Marras quali coordinatori dei Giovani democratici, chiamandoli a guidare una fase straordinaria di ridefinizione della missione dell'organizzazione e di transizione verso il prossimo congresso».Una vicenda piccina, sicuro. Però indicativa di che aria si respiri all'interno del partito. Di queste vicende piccine, per altro, cominciano a contarsene parecchie. Un'altra, datata 2017, ha riguardato Andrea Forlani, già segretario del circolo dem Galvani di Bologna. Quando ha letto sulle nostre pagine la storia di Argelato, Forlani ha deciso di ricordare la sua esperienza. «Ero segretario del circolo, iscritto al Pd da tanti anni. Eravamo alla vigilia del congresso provinciale del partito di Bologna. Un congresso a cui potevano votare soltanto gli iscritti». Fu fissato un limite per l'accettazione di nuovi iscritti, ma a due ore dalla scadenza accadde qualcosa di strano. «Il mio circolo contava un centinaio di iscritti, almeno fino a due ore prima della scadenza. Poi, magicamente, in quelle ultime due ore se ne aggiunsero altri 101, che io non avevo mai visto né conosciuto. In teoria, le iscrizioni si sarebbero dovute fare al circolo, cioè avrei dovuto accettarle io. Ma questi nuovi iscritti andarono direttamente alla federazione provinciale a fare la tessere». Chi erano questi nuovi iscritti? «Almeno una decina erano familiari di quella che poi ha preso il mio posto come segretaria del circolo. Io, infatti, non sono più stato rieletto, anche se so per certo che se non fossero arrivati i nuovi iscritti sarei stato riconfermato».Insomma, secondo Forlani ci fu un gioco sporco: iscrizioni fatte lievitare all'improvviso per favorire un candidato alla segreteria piddina. Per la carica di segretario provinciale, quell'anno, si sfidavano Francesco Critelli e Luca Rizzo Nervo. Quest'ultimo fu sconfitto, e a sua volta presentò un ricorso (poi bocciato). Secondo Forlani, i maneggi sulle nuove iscrizioni contribuirono non poco a determinare il risultato. «Allora a occuparsi dell'organizzazione c'era Alberto Aitini, attuale assessore a Bologna». Aitini, per inciso, poco meno di una settimana fa, ha evocato le «purghe staliniane» a proposito dell'atteggiamento mantenuto dai vertici del Pd bolognese nei confronti di quanti hanno sostenuto - alle recenti primarie per la scelta del candidato sindaco - la «renziana» Isabella Conti. Lo scorso giugno, poco prima delle consultazioni, contro la Conti e i suoi sostenitori ci fu l'ennesimo esposto interno al partito. Alla fine le elezioni si sono svolte, la Conti ha perso, e il partito si è spaccato. Tanto che i sostenitori della Conti (tra cui Aitini) cercano in ogni modo di scongiurare le «epurazioni».Curiosi ricorsi: Aitini che oggi evoca le purghe, secondo Andrea Forlani ebbe responsabilità nella vicenda delle «tessere sospette» del 2017. «Che succedano cose del genere alla vigilia di un congresso è clamoroso», dice oggi Forlani. «E so che non è successo solo nel mio circolo, ma anche in altri, anche se non in modo così plateale. Io ebbi oltre 100 nuovi iscritti in più, altrove ce ne furono cinque, sei, dieci. In questo modo però si può cambiare l'esito di un congresso».Forlani si rivolse agli organi di garanzia interni al partito. «Ma fecero finta di non vedere. Così mi rivolsi alla magistratura, ma sapevo già che non avrei ottenuto niente: era persino difficile individuare il reato. Dal punto di vista politico, tuttavia, rimaneva una cosa grave, che avrebbe dovuto essere risolta dagli organi di partito. Io comprendo che si utilizzino tutti gli strumenti nella lotta politica, anche i più duri, ma non tollero la disonestà. Per questo quando leggo della storia di Argelato che avete raccontato non mi stupisco: già nel 2017 c'erano costumi di questo tipo, tante irregolarità. E infatti ormai non mi stupisco più di niente».Abbiamo citato soltanto qualche piccolo caso sparso qua e là: faide nei Giovani democratici, tessere lievitate all'improvviso prima di un congresso nel 2017, schede artefatte alle primarie nel 2019. E poi, di continuo, liti, attacchi, divisioni feroci. Diciamo che il quadro della situazione, nel Pd emiliano, non è esaltante. A questo punto ci sorge una curiosità: chissà che ne pensa Mattia Santori. Fresco di candidatura a Bologna con il Partito democratico, il capo delle sardine potrebbe pronunciarsi sulle faide interne. Ce lo ricordiamo in piazza contro il populismo, contro la vecchia politica dei maneggi. Beh, se vuole davvero cambiare le cose dall'interno perché non chiede di approfondire la storia delle schede gonfiate ad Argelato? Perché non pretende che sia fatta chiarezza? Diceva di voler «nuotare in mare aperto», ma sembra essersi gettato in uno stagno piuttosto torbido.