2023-07-24
Gli abusi sono figli del «vietato vietare»
Nel 1974 su «Liberation» il fior fiore della sinistra chiede di abbassare l’età del consenso. È così che si è creato il clima che legittima le violenze sui bambini: una piaga denunciata dal film «Sound of freedom», che nonostante i boicottaggi sta riempendo le sale.Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino: ogni avvenimento nella realtà è stato preceduto da una strutturazione ideologica, ogni ideologia, prima o poi, se fertilizzata e irrorata, arriva nel reale. La pedofilia, il sesso intergenerazionale, è un fiore all’occhiello del «vietato vietare». Il genocidio non sarebbe arrivato alle camere a gas se non fosse prima stato teorizzato nei salotti buoni, l’abuso su minore non avrebbe avuto la possibilità di diffondersi con una rete di pedopornografia enorme senza una teorizzazione ideologica. L’avvocato Emanuele Fusi ha condotto uno studio particolarmente ricco sulla simpatia della sinistra del «vietato vietare» con la pedofilia e l’abuso su minore, ampollosamente ribattezzato libertà sessuale dei bambini. L’imperdibile libro si intitola La sinistra degli orchi. Ho visto Sound of freedom, è un film magnifico, basato sulla storia vera di Tim Ballard, agente della Homeland Security contro il traffico di minori, ed essere tratto da una storia vera lo rende ulteriormente potente. Il film inchioda lo spettatore. Oltre alla regia e alla recitazione perfette, c’è una fotografia particolarissima, apparentemente sciatta come i documentari fatti in maniera fortunosa, così da aumentare l’impressione di verosimiglianza. Costato 15 milioni di dollari, cioè pochissimo, sta guadagnando cifre notevoli, 40 milioni nel solo week-end di apertura, battendo Indiana Jones. Il film è stato girato nel 2018 dalla Fox, acquistata poi dalla Disney. La Disney decise di non far uscire il film, ritenendo che non avrebbe incassato nulla, mentre ha fatto uscire altri titoli che sono stati flop colossali. La Disney non fa più film per divertire la gente, ma per indottrinarla secondo il volere delle élite, e non fa uscire i film che le élite non vogliono. Il produttore, Eduardo Verastegui, è riuscito con difficoltà a riacquistare i diritti del film, fortunatamente gli altri film della Disney sono stati un tale flop che valeva la pena recuperare qualcosa rivendendogli Sound of freedom. Mentre il film guadagna e commuove, la maggior parte dei critici semplicemente non ne parla. Solo Variety, Rolling Stone e RogerEbert.com hanno recensito il film dall’uscita del 4 luglio. New York Times, Los Angeles Times e Hollywood Reporter non hanno nominato il film. Guardando Sound of freedom mi sono sentita commossa ed euforica, perché il bene esiste e in un mondo che sprofonda nell’ombra esistono coloro che combattono per salvare i bambini. Il dolore dei bambini abusati, come quello dei bambini uccisi, sommergerà il mondo nelle tenebre. Chiunque abusi di un bambino, chiunque lo uccida, chiunque renda la sua vita un inferno sta aggredendo l’umanità intera. Sarebbe molto meglio una macina al collo. Nel film, che tratta di una storia vera, e quindi di un unico episodio, gli utenti dell’abuso su minore sono tutti brutti sporchi e cattivi, trafficanti di droga e consociati. Mancano quelli belli carini affascinati simpatici, registi ed attori di Hollywood per esempio. L’attore Mark Wahlberg ha dichiarato che Hollywood è un’enorme rete di pedofilia, prostituzione infantile e traffico di esseri umani controllata da «pazzi malati». Tutti si sono precipitati a spiegare che Wahlberg è un povero pazzerello che dice scempiaggini ma le sue accuse si sommano a quelle di altri attori, Corey Feldman, Elijah Wood, Ricky Schroder che hanno denunciato un sistema pedofilo di abuso sui bambini nel cuore di Hollywood. E poi c’è Jeffrey Epstein, amico dei Clinton, che si è suicidato mentre era in una cella antisuicidio nel Metropolitan Correctional Center di New York. In Europa abbiamo avuto un altro stinco di gentiluomo, Dutroux, che tra il 1985 e il 1996, ha rapito e torturato sei ragazze dagli 8 ai 19 anni, con gravissimo abusi sessuali. Sabine Dardenne e Laetitia Delhez, di 12 e 14 anni, riuscirono a sopravvivere alle sevizie; An Marchal e Eefje Lambrecks, di 17 e 19 anni, vennero uccise, mentre Julie Lejeune e Melissa Russo, entrambe di 8 anni, furono lasciate morire di stenti. Furono trovati nel covo innumerevoli reperti organici verosimilmente di altri uomini che non furono esaminati con la prova del Dna perché sarebbe stato «troppo caro», ed è indubbio che Dutroux avesse protezioni dall’alto, una grossa rete di protezioni, molto simile a quelle di Epstein. Guardando il film mi sono sentita anche estremamente fiera. Faccio parte della squadra dei difensori. Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino. Non scendete dalla luna, per favore, quando trovate il lardo massacrato, se siete stati come degli idioti a guardare la gatta che gli si avvicinava a cerchi sempre più stretti, mentre biascicava di tolleranza. All’abuso su minore, alla diffusione tragica e totale degli abusi su minore, non si arriva senza un’ideologia. All’abuso del bambino non si arriva senza che si sia creata un’ideologia marcia e ripugnante che ha parlato di «vietato vietare» e libertà sessuale del bambini. Il massacro è cominciato nel 1974, con il fior fiore della sinistra francese che firma su Liberation il manifesto dei pedofili, dove chiedono l’abbassamento dell’età del consenso. Lo scopo della sessualità è creare la vita della generazione successiva attraverso il piacere, un piacere con uno scopo magnifico e che unisce due persone di sesso diverso, quindi complementari sia nella mente che nel corpo. La pedofilia quindi è una deformazione della mente, in molti casi si traduce poi in un atto del corpo, un abuso, è una deformazione della mente che spesso si accompagna ad altri tratti patologici come il narcisismo o il sadismo. Come ogni situazione mentale, perché la pedofilia è una situazione mentale, può essere corretta e modificata, oppure può essere accentuata e scatenata. Chi parla a favore dell’abuso su bambini scatena ed esacerba tutti gli altri pedofili. Il cervello è plastico. Le neuroscienze lo hanno dimostrato al di là di ogni dubbio. Chiunque affermi che la pedofilia è immodificabile sta semplicemente mentendo. Forse dovremmo piantarla di far dirigere il mondo a gente con mentalità ascientifica. Al momento attuale chi si dichiara attratto dai bambini non può essere perseguito: non è stato perseguitato Mario Mieli, non sono stati perseguitati coloro che pubblicizzano il suo libro, non sono stati perseguitati gli intellettuali francesi che hanno firmato nel 1974 l’appello dei pedofili per l’abbassamento del consenso, non sono stati perseguitati gli appartenenti all’associazione Nalbla, associazione nordamericana per il cosiddetto amore intergenerazionale, non sono stati perseguitati i redattori del Journal of Homosexuality per aver pubblicato numerosi articoli a favore di rapporti tra adulti e bambini, raccolti in un libro che si intitola Male Inter-Generational Intimacy: Historical, Socio-Psychological, and Legal Perspectives (Intimità intergenerazionale maschile: prospettive storiche, socio-psicologiche e legali), redatto da diversi autori, tra cui l’avvocato olandese Edward Brongersma che si definisce lui stesso orgogliosamente pedofilo senza che nessun magistrato ci trovi nulla di strano: questo è un errore gravissimo, perché nel momento in cui comunica di essere attratto da bambini sta facendo apologia di pedofilia e la sta aumentando. L’apologia di pedofilia è condannata dalla convenzione di Lanzarote che l’Italia ha firmato, ma non è ancora un reato. Per questo Mario Mieli può scrivere serenamente nel suo libro: noi checché rivoluzionarie noi sì che possiamo sedurre i vostri bambini, noi possiamo fare l’amore con loro, senza che nessun giudice ci trovi nulla di riprovevole e con innumerevoli siti Lgbt che dichiarano quanto è magnifico questo libro, imperdibile per ogni gay. Nel Vangelo sono scritte parole durissime contro chi scandalizza questi piccoli: meglio una macina al collo. Gesù non sta parlando dell’abuso su minori: quello è già condannato nel sesto comandamento. Sta condannando anche il solo parlarne.
Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin
Dopo l’intervista di Maurizio Belpietro al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, Zulin ha chiamato sul palco Dallocchio per discutere di quante risorse servono per la transizione energetica e di come la finanza possa effettivamente sostenerla.
Il tema centrale, secondo Dallocchio, è la relazione tra rendimento e impegno ambientale. «Se un green bond ha un rendimento leggermente inferiore a un titolo normale, con un differenziale di circa 5 punti base, è insensato - ha osservato - chi vuole investire nell’ambiente deve essere disposto a un sacrificio più elevato, ma serve chiarezza su dove vengono investiti i soldi». Attualmente i green bond rappresentano circa il 25% delle emissioni, un livello ritenuto ragionevole, ma è necessario collegare in modo trasparente raccolta e utilizzo dei fondi, con progetti misurabili e verificabili.
Dallocchio ha sottolineato anche il ruolo dei regolamenti europei. «L’Europa regolamenta duramente, ma finisce per ridurre la possibilità di azione. La rigidità rischia di scoraggiare le imprese dal quotarsi in borsa, con conseguenze negative sugli investimenti green. Oggi il 70% dei cda delle banche è dedicato alla compliance e questo non va bene». Un altro nodo evidenziato riguarda la concentrazione dei mercati: gli emittenti privati si riducono, mentre grandi attori privati dominano la borsa, rendendo difficile per le imprese italiane ed europee accedere al capitale. Secondo Dallocchio, le aziende dovranno abituarsi a un mercato dove le banche offrono meno credito diretto e più strumenti di trading, seguendo il modello americano.
Infine, il confronto tra politica monetaria europea e americana ha messo in luce contraddizioni: «La Fed dice di non occuparsi di clima, la Bce lo inserisce nei suoi valori, ma non abbiamo visto un reale miglioramento della finanza green in Europa. La sensibilità verso gli investimenti sostenibili resta più personale che istituzionale». Il panel ha così evidenziato come la finanza sostenibile possa sostenere la transizione energetica solo se accompagnata da chiarezza, regole coerenti e attenzione al ritorno degli investimenti, evitando mode o vincoli eccessivi che rischiano di paralizzare il mercato.
Continua a leggereRiduci
Intervistato da Maurizio Belpietro, direttore de La Verità, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin non usa giri di parole: «Io non sono contro l’elettrico, sono convinto che il motore elettrico abbia un futuro enorme. Ma una cosa è credere in una tecnologia, un’altra è trasformarla in un’imposizione politica. Questo ha fatto l’Unione Europea con la scadenza del 2035». Secondo Pichetto Fratin, il vincolo fissato a Bruxelles non nasce da ragioni scientifiche: «È come se io oggi decidessi quale sarà la tecnologia del 2040. È un metodo sovietico, come le tavole di Leontief: la politica stabilisce dall’alto cosa succederà, ignorando il mercato e i progressi scientifici. Nessuno mi toglie dalla testa che Timmermans abbia imposto alle case automobilistiche europee – che all’epoca erano d’accordo – il vincolo del 2035. Ma oggi quelle stesse industrie si accorgono che non è più sostenibile».
Il motore elettrico: futuro sì, imposizioni no. Il ministro tiene a ribadire di non avere pregiudizi sulla tecnologia: «Il motore elettrico è il più semplice da costruire, ha sette-otto volte meno pezzi, si rompe raramente. Pensi al motore del frigorifero: quello di mia madre ha funzionato cinquant’anni senza mai guastarsi. È una tecnologia solida. Ma da questo a imporre a tutti gli europei di pagare la riconversione industriale delle case automobilistiche, ce ne corre». Colonnine e paradosso dell’uovo e della gallina. Belpietro chiede conto del tema infrastrutturale: perché le gare per le colonnine sono andate deserte? Pichetto Fratin replica: «Perché non c’è il mercato. Non ci sono abbastanza auto elettriche in circolazione, quindi nessuno vuole investire. È il classico paradosso: prima l’uovo o la gallina?». Il ministro racconta di aver tentato in tutti i modi: «Ho fatto bandi, ho ripetuto le gare, ho perfino chiesto a Rfi di partecipare. Alla fine ho dovuto riconvertire i 597 milioni di fondi europei destinati alle colonnine, dopo una lunga contrattazione con Bruxelles. Ma anche qui si vede l’assurdità: l’Unione Europea ci impone obiettivi, senza considerare che il mercato non risponde».
Prezzi eccessivi e mercato bloccato. Un altro nodo è il costo delle auto elettriche: «In Germania servono due o tre annualità di stipendio di un operaio per comprarne una. In Italia ce ne vogliono cinque. Non è un caso che fino a poco tempo fa fossero auto da direttori di giornale o grandi manager. Questo non è un mercato libero, è un’imposizione politica». L’errore: imporre il motore, non le emissioni. Per Pichetto Fratin, l’errore dell’Ue è stato vincolare la tecnologia, non il risultato: «Se l’obiettivo era emissione zero nel 2035, bastava dirlo. Ci sono già veicoli diesel a emissioni zero, ci sono biocarburanti, c’è il biometano. Ma Bruxelles ha deciso che l’unica via è l’elettrico. È qui l’errore: hanno trasformato una direttiva ambientale in un regalo alle case automobilistiche, scaricando il costo sugli europei».
Bruxelles e la vicepresidente Ribera. Belpietro ricorda le dichiarazioni della vicepresidente Teresa Ribera. Il ministro risponde: «La Ribera è una che ascolta, devo riconoscerlo. Ma resta molto ideologica. E la Commissione Europea è un rassemblement, non un vero governo: dentro c’è di tutto. In Spagna, per esempio, la Ribera è stata protagonista delle scelte che hanno portato al blackout, puntando solo sulle rinnovabili senza un mix energetico». La critica alla Germania. Il ministro non risparmia critiche alla Germania: «Prima chiudono le centrali nucleari, poi riaprono quelle a carbone, la fonte più inquinante. È pura ipocrisia. Noi in Italia abbiamo smesso col carbone, ma a Berlino per compiacere i Verdi hanno abbandonato il nucleare e sono tornati indietro di decenni».
Obiettivi 2040: «Irrealistici per l’Italia». Si arriva quindi alla trattativa sul nuovo target europeo: riduzione del 90% delle emissioni entro il 2040. Pichetto Fratin è netto: «È un obiettivo irraggiungibile per l’Italia. I Paesi del Nord hanno territori sterminati e pochi abitanti. Noi abbiamo centomila borghi, due catene montuose, il mare, la Pianura Padana che soffre già l’inquinamento. Imporre le stesse regole a tutti è sbagliato. L’Italia rischia di non farcela e di pagare un prezzo altissimo». Il ruolo del gas e le prospettive future. Il ministro difende il gas come energia di transizione: «È il combustibile fossile meno dannoso, e ci accompagnerà per decenni. Prima di poterlo sostituire servirà il nucleare di quarta generazione, o magari la fusione. Nel frattempo il gas resta la garanzia di stabilità energetica». Conclusione: pragmatismo contro ideologia. Nelle battute finali dell’intervista con Belpietro, Pichetto Fratin riassume la sua posizione: «Ridurre le emissioni è un obiettivo giusto. Ma un conto è farlo con scienza e tecnologia, un altro è imporre scadenze irrealistiche che distruggono l’economia reale. Qui non si tratta di ambiente: si tratta di ideologia. E i costi ricadono sempre sugli europei.»
Il ministro aggiunge: «Oggi produciamo in Italia circa 260 TWh. Il resto lo importiamo, soprattutto dalla Francia, poi da Montenegro e altri paesi. Se vogliamo davvero dare una risposta a questo fabbisogno crescente, non c’è alternativa: bisogna guardare al nucleare. Non quello di ieri, ma un nuovo nucleare. Io sono convinto che la strada siano i piccoli reattori modulari, anche se aspettiamo i fatti concreti. È lì che dobbiamo guardare». Pichetto Fratin chiarisce: «Il nucleare non è un’alternativa alle altre fonti: non sostituisce l’eolico, non sostituisce il fotovoltaico, né il geotermico. Ma è un tassello indispensabile in un mix equilibrato. Senza, non potremo mai reggere i consumi futuri». Gas liquido e rapporti con gli Stati Uniti. Il discorso scivola poi sul gas: «Abbiamo firmato un accordo standard con gli Stati Uniti per l’importazione di Gnl, ma oggi non abbiamo ancora i rigassificatori sufficienti per rispettarlo. Oggi la nostra capacità di importazione è di circa 28 miliardi di metri cubi l’anno, mentre l’impegno arriverebbe a 60. Negli Usa i liquefattori sono in costruzione: servirà almeno un anno o due. E, comunque, non è lo Stato a comprare: sono gli operatori, come Eni, che decidono in base al prezzo. Non è un obbligo politico, è mercato». Bollette e prezzi dell’energia. Sul tema bollette, il ministro precisa: «L’obiettivo è farle scendere, ma non esistono bacchette magiche. Non è che con un mio decreto domani la bolletta cala: questo accadeva solo in altri regimi. Noi stiamo lavorando per correggere il meccanismo che determina il prezzo dell’energia, perché ci sono anomalie evidenti. A breve uscirà un decreto con alcuni interventi puntuali. Ma la verità è che per avere bollette davvero più basse bisogna avere energia a un costo molto più basso. E i francesi, grazie al nucleare, ce l’hanno a prezzi molto inferiori ai nostri».
Continua a leggereRiduci