2024-11-18
Giorgio Mastrota: «Nel mondo degli influencer io resisto con le televendite»
Giorgio Mastrota (Getty Images)
Il conduttore: «Un conto è mettere tanti like, un altro acquistare. Le aziende lo sanno. Sono un volto rassicurante perché lavoro da 40 anni e amo tutto ciò che è famiglia».Di televisione e pubblicità, Giorgio Mastrota se ne intende. Soprattutto sui canali Mediaset e Rai, ma con incursioni anche in radio, è stato conduttore di numerosi programmi. Milanese, classe 1964, il suo volto è strettamente legato anche a televendite e spot commerciali. Pertanto detiene un barometro invisibile sulle tendenze del momento, basato su esperienze passate e attuali, che lo rende più pragmatico di un teorico del marketing. Ora sta conducendo la trasmissione Casa Mastrota, su Food Network.«Abbiamo fatto dieci puntate molto casalinghe. Io sono solito cucinare, un po’ per passione e un po’ per dovere. Mi diletto in ricette molto semplici. Ci è venuta questa idea con Tiziana Martinengo, autrice e regista, che fa molti programmi di questo tipo come Le ricette del convento. Mi ha detto: “Perché non veniamo su a Bormio”, dove vivo da alcuni anni, “a fare un po’ di puntate anche con tua moglie, tua figlia?”. E allora ci siamo inventati questa cosa molto easy, dove cucino, a volte anche con mia cugina o con qualche signora che incontro. Abbiamo fatto questa prima edizione, sperando di farne una seconda dalla Calabria - perché io sono di origini calabresi - sulle ricette del Sud. Ora invece cucina di montagna». Dopo ogni ricetta proposta, il prezzo degli ingredienti. Utile.«Proponiamo una cucina economica. Si può ancora mangiare bene spendendo poco, con prodotti locali. Si può fare una cucina saporita, semplice, ma senza gravare troppo sul portafoglio».Nel 2013, su Rai 1, è stato aiuto-chef in La terra dei cuochi, con Antonella Clerici. Si coglie che la sua passione per la cucina ha origini famigliari. «Sì, da mia mamma. Siamo stati una famiglia molto unita. Quando tornavo da scuola, papà tornava dal lavoro, c’era mio fratello, mamma cucinava, sempre una cucina normale, casalinga e saporita. Spesso cucinavo con mio fratello e aiutavamo la mamma».Le pietanze affettive. Insostituibili. «Papà di origini calabresi, mamma veneziana. C’era un occhio alla cucina veneta e un occhio a quella calabra. Mio padre metteva il peperoncino ovunque, anche nella pasta con i fagioli di mamma. Una cosa che ho imparato da mamma è, ad esempio, fare gli gnocchi di patate. Io li faccio anche con la zucca o con erbette». Secondo lei, chi guarda i cooking show mette in atto le ricette viste in tv? «Sì, perché capita anche a me e prendo spunto, vuoi che sia in tv o su Instagram. Con Casa Mastrota, di cui sono andate in onda le prime cinque puntate, spesso mi è capitato di persone che mi abbiano fermato non tanto per dirmi che avevano comprato il materasso (sorride, ndr), ma perché avevano fatto la zuppa con i porcini piuttosto che il cuscus alla valtellinese. I programmi di cucina tengono botta». A Buon pomeriggio, su Rete 4, dal 1989 al 1993, fu inviato, con Fabrizia Carminati, nelle Americhe, per scoprire ambientazioni di telenovele e soap opera. Il fenomeno resiste anche oggi...«Ad esempio Un posto al sole, su Rai 3, va in onda da anni, è una soap opera italiana e continua ad avere il suo pubblico. Ora le piattaforme sono tante e il pubblico è frammentato. In Italia abbiamo un pubblico generalista e mi ci metto anch’io. Ho 60 anni e, quando arrivo a casa, accendo subito Rai 1, Rai 2, Rai3 e magari dopo scelgo quello che più mi piace. Questo è un pubblico che si affeziona e difficilmente cambia abitudini. In Italia è ancora molto forte. La ripetitività tranquilla e rassicurante mantiene un certo successo». Telepromozioni e influencer. Che differenza c’è?«La telepromozione o televendita, che un tempo aveva molto più spazio e ora ha tempi più corti, tiene per alcuni tipi di prodotti e va più forte in una tv generalista che si rivolge a persone di una certa età. Per i giovanissimi questo tipo di tv è un mondo lontano. A me dicevano “sei dappertutto” ma, a confronto con gli influencer di oggi, sono un dilettante. Il loro intento è raccontarsi per poi ricevere il finanziamento di uno sponsor, e va bene così. La mia è roba d’altri tempi. Ma resiste». Antonio Ricci, a Striscia la notizia, ha reclutato Roberto Da Crema, «il Baffo», per vendere oggetti appartenuti ai vip. «Roberto è un personaggio divertente e ora, tra l’altro, ha aperto questi negozi che vanno molto bene. Qualche tempo fa me ne ha parlato. Fa parte di quei televenditori di cui tutti conservano un buon ricordo, non alla Wanna Marchi, diciamo. Roberto ha venduto tanto e nessuno lo ricorda come uno che ha fregato qualcuno. Ha fatto e fa sorridere con suoi toni accesi. Ho venduto anche prodotti suoi, come camicie e felpe, poiché acquistava anche gli spazi. Ha fatto scuola e quindi ben venga».È più efficace uno spot o una televendita? «La differenza è semplice. In telepromozione e televendita c’è un richiamo all’acquisto immediato. Questo spiega i toni di voce spesso un po’ alti. La persona, se chiama, lo fa in quel momento, quando vede. Una volta finite, difficilmente i centralini suonano. Bisogna aspettare un’altra televendita. Oppure ora rimanda ai siti. Con lo spot si stimola un ricordo che sopravviene dopo, tipo quando vedi un biscotto al supermercato. Forse la televendita è più genuina. Vedi il prodotto e quello è. Se ti piace, telefoni. Oppure cambi canale. La tapparella non la ritrovi al centro commerciale o girando l’angolo». È testimonial nella réclame di Iliad soprattutto sulle piattaforme social. Quale media può funzionare di più oggi?«È difficile da pesare per un’agenzia che se ne occupa. Una volta, i media tradizionali erano davvero pochi, carta stampata e pochi canali tv. Il risultato lo vedevi quasi subito. Oggi, la difficoltà di alcuni clienti è scegliere il media appropriato, web, carta stampata o tv. Tutto è un po’ più complicato. È anche vero che su new media come YouTube o Instagram puoi avere una consapevolezza immediata di quello che può essere il riscontro. Tuttavia, un conto è avere tanti like, un altro è la decisione di acquistare. Ad esempio faccio televendite e telepromozioni in Mediaset sui materassi Eminflex, ma hanno anche un canale Tik Tok». È sempre importante che il protagonista di una réclame sia un personaggio molto famoso, come ai tempi di Carosello?«Ad esempio Giovanni Storti, del trio Aldo Giovanni e Giacomo, che è appassionato di natura e vive in campagna, sta facendo pubblicità ad aziende che fanno prodotti naturali: se un personaggio ha una sua credibilità in un certo ambito, funziona. Io sono sereno, felice, sostenitore di famiglia, figli, vicinanza: per prodotti per casa e famiglia sono rassicurante. Fiorello ha un’immagine vincente. Non credo che la compagnia telefonica che l’ha scelto, che ha ottimi riscontri, l’abbia scelto per caso». Per pubblicizzare un marchio, personaggi molto noti, ad esempio del cinema, chiedono cifre esorbitanti?«Anche qui il valore di una persona è dato dalla sua popolarità. Nel mio caso, la mia forza è quella di aver lavorato sempre. Guadagno abbastanza bene, non cifre allucinanti, ma lavoro da 40 anni senza interruzioni. Nel caso di personaggi famosi del momento o di grande impatto popolare, come un attore americano, si spendono grandi cifre ma credo si abbiano anche grandi ritorni. Penso che sia impegnativo prendere George Clooney per un anno di pubblicità in Italia, ma che l’azienda si ripaghi tranquillamente l’investimento».Lei ha collaborato con il gruppo heavy metal Nanowar of Steel che ha composto il brano La polenta taragnarock. «Il brano non era per promuovere la polenta Taragna della Valtellina. Loro, molto simpatici, uno è un ingegnere, un altro un astrofisico, avevano fatto un pezzo rock su di me. Sapendo che vivo in Valtellina, hanno voluto scrivere una canzone su questo prodotto tipico. Non c’era dietro nessun marchio specifico, ma se l’avessimo avuto... Siccome tengo molto alla Calabria, spero che il prossimo pezzo lo facciano sulla ’nduja». È stato sposato con Natalia Estrada, da cui ha avuto una figlia, Natalia jr., che collabora con Casa Mastrota. «Ci siamo conosciuti in Italia per una coproduzione con Telecinco, facevamo Bellezze al bagno. Abbiamo un buon rapporto. Passato il momento, per fortuna breve, della separazione, avendo una figlia in comune, abbiamo avuto la forza di fare l’affidamento congiunto e gestito la nostra bambina con grande serenità. A livello lavorativo, le nostre vite non si sono più incrociate perché lei ha smesso, è felice e in forma. Oggi abbiamo i nostri nipotini, i figli di Natalia jr., Marlo, 7 anni a giugno del 2025, e Sacha, 4 anni». La Valtellina è bellissima. Le accade di rimpiangere Milano? «Abbiamo tenuto una casa a Milano. Io e mia moglie Floribeth facevamo un po’ fatica, soprattutto con i bimbi. Qui è tutto più semplice, mio figlio (Leonardo, nato nel 2017, ndr) torna da solo da scuola, mia figlia (Matilde, nata nel 2013, ndr), che va alle medie, lo stesso. Poi vanno in oratorio, c’è questa bellissima comunità, tutto molto rilassato. Milano è un po’ complicata, ad esempio per il traffico. Ci torniamo però. A mio figlio piace da matti andare in tram. A Milano ci sono nato e voglio bene alla mia città ma. Per vivere con i figli, meglio stare a Bormio».