Si è chiusa con una raccolta di 17,2 miliardi la seconda emissione del Btp valore soprannominato il Btp sovranista perché rivolto esclusivamente al risparmio nazionale. Infatti sono escluse le banche e i grandi investitori istituzionali. Soprattutto quelli di origine straniera. «Il debito italiano agli italiani» è il sound che ha accompagnato il collocamento. Il parametro di riferimento è il Giappone che, pur avendo un debito pubblico quasi doppio del nostro in termini di incidenza sul Pil, si può permettere il beneficio di tenere i rendimenti a zero o quasi. Il segreto è proprio questo: i titoli di Stato giapponesi restano in gran parte in portafogli nazionali al riparo da speculazioni e spread.
In Italia il trasferimento di ricchezza è abbastanza contenuto considerando che secondo le ultime statistiche di Banca d’Italia i depositi bancari superano i 1.000 miliardi. Anziché tenerli sul conto corrente a rendimento zero (se non negativo per via delle spese) meglio impiegarli a un tasso del 4,5% nel Btp sovranista con la promessa, però, di mantenerli per cinque anni. Nelle ultime ore sono arrivati ordini per 1,56 miliardi che, sommandosi ai 15,67 miliardi raccolti a partire dal 2 ottobre, hanno portato il totale a 17,2 miliardi. II Btp valore non prevede commissioni, con cedole periodiche crescenti e un premio extra finale di fedeltà dello 0,5% riservato a chi, avendo acquistato il titolo all’emissione, lo terrà fino alla scadenza. Si tratta di un risultato che piace molto al ministro Giancarlo Giorgetti: «Serietà, prudenza e responsabilità sono state premiate dai risparmiatori. Le nostre scelte future, anche prossime, dovranno essere rispettose di questo risultato che ci fa piacere».
La novità è che, per la prima volta con un titolo di Stato a medio-lungo termine, i risparmiatori riceveranno cedole trimestrali che saranno calcolate sulla base di tassi prefissati e crescenti nel tempo (il cosiddetto meccanismo step up): 4,10% per i primi tre anni; 4,50% per gli ultimi due.
Il risultato della nuova emissione è certamente soddisfacente ma non è da record. A giugno il primo Btp sovranista aveva raccolto 18,2 miliardi nonostante condizioni un po’ meno interessanti delle attuali. I tassi erano più bassi e la cedola veniva pagata ogni sei mesi. L’emissione di Btp valore ha la funzione principale di coprire le spese più urgenti dello Stato senza ricorrere al conto corrente di tesoreria aperto presso la Banca d’Italia. Sembra una sottigliezza e invece serve a tenere sotto controllo l’inflazione: il Btp toglie liquidità dal sistema mentre l’utilizzo del conto corrente di tesoreria la fa crescere.
A giugno la raccolta da 18,2 miliardi servì a coprire la rata del Pnrr la cui erogazione, in quel momento, sembrava a rischio. I 17,2 miliardi di oggi serviranno a finanziare la manovra del 2024. In base alla Nadef mancano all’appello 14 miliardi. Sono risorse che - secondo Giorgetti - sono sparite a causa dell’aumento dei tassi praticato dalla Bce. Un movimento violento e repentino che ha alzato il costo del denaro al 4,5% in un anno e mezzo. E salirà di conseguenza la spesa per interessi. Sfonderà i 100 miliardi all’anno nel 2026, anno in cui dovrebbe chiudersi l’ombrello europeo del Pnrr. Il governo ha deciso dunque di finanziarsi presso gli italiani, che nei conti corrente hanno ancora oltre 1.000 miliardi di liquidità.
Il Btp sovranista è preferibile anche al Btp normale il cui costo per lo Stato rischia essere un po’ più alto. Senza contare i rischi legati allo spread che ormai viaggia oltre 200 punti. Gli interessi sono al galoppo da un mese a causa dell’aggressività mostrata dalle Banche centrali nel voler tenere tassi alti per lungo tempo, sfidando in pratica i venti di recessione. Una situazione molto delicata considerando che il rischio di un declassamento del debito italiano potrebbe diventare concreto. A lanciare l’allarme Scope, che ha rilasciato un giudizio per niente lusinghiero. Gli esperti dell’agenzia sostengono che l’Italia cresce troppo lentamente e questo rischia di far precipitare il Btp nell’inferno dei titoli spazzatura. In questo caso la Bce non potrebbe più comprare titoli italiani. Un buco da 50 miliardi per il Mef. Il clima è difficile.
Philp Lane, capo economista della Bce, ha ribadito: «Non siamo ancora al target di inflazione» del 2%, «ci sta ancora della strada da fare». Così Giorgia Meloni, parlando al Festival delle Regioni a Torino, ha sottolineato che «i margini di manovra sono limitati, dall’eredità di una politica che si raccoglie e che ha preferito scelte più facili da quelle più dettate dalla ragione». Le risorse della manovra saranno «concentrate a sostenere il potere di acquisto delle famiglie, confermare il taglio del cuneo contributivo e cercare se possibile di fare passi avanti». Sgarrare non sembra possibile: nel caso l’Italia uscisse dal seminato dell’austerità imposta dai costi Bce, lo spread si allargherebbe, gli interessi sul debito salirebbero e si ridurrebbero anche le poche risorse a disposizione per questa manovra. In questo senso il Btp valore garantisce almeno liquidità.






