2021-08-06
Quando i Giochi si fan duri, l’Italia è da podio
Gregorio Paltrinieri (Ansa)
L'oro di Stano nella marcia, l'argento di Rizza nel kayak, i bronzi eroici di Gregorio Paltrinieri nel nuoto di fondo, Viviana Bottaro nel karate ed Elia Viviani nel ciclismo: gli atleti azzurri danno il meglio negli sport di fatica e sudore. Lontano dalle sirene mediatiche e social.Benedetta sia la fatica silenziosa, la dedizione non sbandierata ai quattro venti per strappare facili consensi, il nerbo che si fa sudore, il sudore depurato della necessità di far sapere al mondo che è un investimento per la gloria futura. Ce lo insegna Tokyo 2020: il medagliere azzurro segna la riscossa dei cosiddetti sport minori, praticati con basso profilo quando l'urgenza si fa orizzonte progettuale e il podio è il culmine fugace di anni di lavoro nell'ombra. Non che le discipline nazionalpopolari ci neghino i consensi: siamo pur reduci da un Campionato europeo di calcio vinto con tutti gli onori del caso. E però ai Giochi olimpici è un'altra faccenda, meno interessante per i social network, molto per gli appassionati di belle storie. L'ha constatato pure Davide Mazzanti, allenatore della Nazionale di pallavolo femminile della portabandiera Paola Egonu, dopo la batosta patita contro le serbe: «Bisogna pensare meno ai social network, alle emozioni provenienti dall'esterno». Così ha fatto Massimo Stano, marciatore, ultimo oro italiano in ordine di tempo, giunto ieri. Lo ha afferrato sulla pista di Sapporo, nell'Hokkaido, Giappone del Nord, clima un pelino più fresco per cimentarsi senza l'umidità devastante della capitale. Nella gara, il ragazzo classe 1992 di Grumo Appula, paese in provincia di Bari, poliziotto alto 179 centimetri per 66 chili di peso, prende di mira i campioni locali Yamanishi e Ikeda, respinge gli assalti degli atleti spagnoli e cinesi, poi decide che è il momento di volare. All'ultimo chilometro, conservando un ritmo da metronomo e quei movimenti sincopati tipici della sua disciplina, stacca gli inseguitori e inquadra il primo posto. Nel sorriso del traguardo, c'è il riscatto per le ultime annate balorde, la delusione dei Mondiali di Doha - arrivò quattordicesimo -, i numerosi problemi fisici, la clausura del Covid-19.Stano era pur sempre campione italiano assoluto di specialità e medaglia di bronzo ai Mondiali a squadre di Taicang. «Una gara durissima, clima caldo come piace a me, io in queste condizioni soffro meno degli altri. I successi di Tamberi e Jacobs mi hanno dato energia, dedico la vittoria a mia figlia Sophia». Già, la piccola Sophia, nata nel 2016 dall'unione con la mezzofondista Fatima Lotfi, varesina di origini marocchine. Per sposarla, lui si è convertito all'islam: «L'ho fatto anche per amore», spiega, mentre dichiara di voler studiare a fondo il giapponese. Al netto delle sue scelte, in lui si respira il guizzo spirituale di chi percepisce un senso trascendente nelle cose, un inedito nell'era degli atleti abbassati a pappagalleschi feticci di marketing. L'altro eroe di giornata è Gregorio Paltrinieri, ormai ribattezzato «La Fenice». Risorto dalle sue ceneri dopo aver contratto la mononucleosi, ha rischiato di vedere Tokyo col binocolo, saltando un mese di allenamento per rimettersi in sesto. Sceso in vasca, ha agguantato un argento negli 800 metri stile libero maschili, poi, ieri, un bronzo sensazionale nella 10 chilometri, sfida condotta con sapienza tattica. Dopo un chilometro e mezzo il tedesco Florian Wellbrock fa il primo strappo, il francese Marc-Antoine Olivier rimane in scia a 10", Greg sembra non farcela, arrancando a 36". Tra rifornimenti e recuperi, nella seconda parte della gara Paltrinieri affonda il colpo, alza il ritmo, non molla, si piazza dapprima in quarta posizione e diventa terzo nel finale. La stessa veemenza sfoderata da Manfredi Rizza nella sprint 200 metri di canoa. Trentenne pavese, testa da ingegnere meccanico, fisico da Sansone pagaiatore, si porta a casa l'argento con il tempo di 35"080, appena 45 millesimi di secondo peggio del vincitore, l'ungherese Sándor Tótka, in una corsa decisa da pochissime remate decisive. Bronzo al britannico Liam Heath. «Ho tenuto duro, purtroppo c'era qualcuno più duro di me. Sono contento, ma con un po' di amaro in bocca per quei centesimi. Dedico la medaglia a tutti i canoisti italiani», dice. E ieri è stato anche il giorno di Elia Viviani, veronese, bronzo nell'Omnium su pista del ciclismo, dopo una partenza non eccezionale che lo aveva visto pedalare dalle retrovie. Il ciclista pluridecorato - in carriera ha vinto 81 corse, un titolo italiano e uno europeo - è uno dei portabandiera nostrani, ma non essendo forse mediaticamente così appetibile, sulle prime non era stato quasi considerato. «Questo ragazzo umile e intelligente ha compiuto una vera impresa, con una progressione incredibile», ha commentato il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. C'è spazio pure per le fanciulle combattenti. Viviana Bottaro, karateka genovese di 33 anni delle Fiamme Oro, ha battuto nella finale per il terzo posto del kata la statunitense Sakura Kokumai con un punteggio di 26,48 contro il 25,40 dell'avversaria (18,62 per la parte tecnica, 7,86 per quella atletica), conquistando una medaglia di bronzo. Particolare non trascurabile: il kata è quella parte del karate che richiede dedizione totale all'assoluto, concentrazione, visione strategica e grandi silenzi. Insomma, mente salda e poche concessioni mondane.
Jose Mourinho (Getty Images)