
Quando l'uomo si crede dio perde il senso del limite, anche quello delle differenze biologiche. La piaga dei cambi di identità «spinti» negli adolescenti ne è la drammatica conseguenza. Ma la tradizione ebraico-cristiana insegna che non si può essere tutto, a ogni costo.«Gli dei non più riconosciuti e pregati si trasformano in malattie» avvisava il poeta Heinrich Heine dopo la Rivoluzione francese e la sostituzione della Madonna con la dea ragione. È ciò che accade quando l'uomo, anziché onorare le immagini divine di totalità e di pienezza, si crede lui stesso dio, e le imita goffamente producendo disastri e squilibri di ogni genere. Perché l'essere umano non è un dio e non può scavalcare i limiti che gli ha posto la natura creata, di cui egli stesso è parte.Tuttavia in ogni tempo c'è qualcuno che spera e cerca di avvicinarsi alla proprietà divina della totalità: diventare invulnerabile, sapere tutto, non morire mai... Magari riesce anche a spostare un po' i termini; però l'impresa non riesce. Siamo limitati e parziali, una cosa e non l'altra, prigionieri delle nostre identità e passioni, interisti o milanisti, uomini o donne: tutto non si può. Nel migliore dei casi, possiamo solo essere dei bravi e leali tifosi delle nostre identità. Che però al mondo politicamente corretto piacciono poco, perché generano forza, mentre oggi si preferisce (come ricordava Ivan Illich) l'identità debole, marginale, strumento docile nelle mani di chi comanda. Il «modello cinquestelle», con i suoi assegni e bonus per gli improduttivi illustra perfettamente questo mondo. Il potere delle élite autocratiche non ama chi ce la fa da solo, e premia chi non sa fare nulla, perché resti tale e non lo disturbi. Uno dei campi dove la totalità fu da sempre più ricercata, come provano le tradizioni più antiche, è quello della sessualità: essere contemporaneamente uomini e donne. Non per niente il mito dell'androgino è uno dei più antichi. Però, le società in cui prese forma (praticamente tutte, dall'Oriente all'Occidente) furono sempre attente a mostrarne il fascino senza tacerne i rischi. Che anche oggi rimangono più o meno sempre quelli raccontati dalle antiche immagini religiose: l'androgino Dioniso alla fine del rito viene poi fatto a pezzi dalle sue devote Baccanti, e i ragazzi come Narciso che sfuggono alle ninfe perché innamorati della propria efebica immagine, annegano nella pozza d'acqua in cui si specchiano, contemplando estasiati la propria immagine. L'individuo che mischia i sessi violandone i confini posti dalla natura può anche diventare come Ganimede il coppiere prediletto degli dei, ma «muore giovane» come ricordano Menandro e il teatro greco (e poi Plauto, Byron, Leopardi). Il mito suggerisce che l'androgino interiore, particolarmente forte nell'infanzia e adolescenza, va poi lasciato, per prendere possesso dell'unico sesso che abbiamo: il nostro, quello espresso dal nostro corpo. Ed è proprio però conoscendo l'androgino e rappresentandolo in tutti i suoi aspetti, come hanno fatto da sempre le arti, le religioni e le scienze in tutte le società tradizionali, che si capisce che non conviene agli esseri umani consegnare la propria identità ad archetipi di questo tipo, perché altrimenti finisce male. Oggi i dibattiti sul gender hanno trasformato tutta questa vicenda in una questione di diritti; ma si tratta di qualcosa ben più profondo: di esistenza e di vita. Il bambino e adolescente dubbioso e insicuro ha diritto di essere lasciato attraversare la sua «terra di nessuno» senza invasioni di campo di adulti interessati (e stipendiati). È infatti proprio lo sviluppo della vita durante il passaggio dell'infanzia-adolescenza ad essere in gioco nella questione del superamento dell'androgino interiore. Per la verità, infatti, l'antica fantasia del sesso misto ha anche una sua base biologica, perché - come è noto - appena concepiti per molte settimane i due sessi convivono nel feto. È solo dopo la settima settimana che incominciano a differenziarsi e solo dopo la dodicesima che si diventa femmine o maschi. Tuttavia tracce fisiche e ormonali dell'altro sesso continueranno a manifestarsi per anni, fino a dopo la pubertà. La fantasia della totalità sessuale, con le diverse forme dell'archetipo dell'androgino, ha dunque un suo fondamento biologico come tutti gli altri aspetti della psiche umana. Al concepimento, in parte siamo tutti un po' androgini. Del resto la parziale compresenza dei sessi in Dio stesso, è riconosciuta nelle varie culture fin dalle Sacre scritture o miti di origine. Nell'Antico testamento fin dal libro più antico, Genesi, si racconta che l'uomo viene creato da Dio «maschio e femmina», a immagine e somiglianza del creatore. La totalità divina, che unisce e sintetizza tutti gli opposti, viene poi riprodotta nell'umanità nei due diversi sessi, il femminile e il maschile. Anche la maggior parte delle altre culture ha miti di creazione simili: il dio creatore ha sempre in sé ogni aspetto, e i due sessi vengono poi rappresentati nel maschile e nel femminile.Dopo l'illuministica «cacciata degli dei» però, l'uomo fantastica di prendere la posizione divina. Nella sessualità, quindi, forza la mano ai corpi e alle forme della realtà, negando il limite. Questo processo è fortemente spinto dalle attuali oligarchie al potere perché con la perdita dell'esperienza del limite il corpo e la personalità di chi ci cade si indebolisce, e diventa più facilmente manipolabile: come consumatore, elettore, suddito devoto. Sulla questione della confusione dei sessi quindi, le élite al potere hanno giocato particolarmente sporco, con danni molto gravi per chi c'è caduto dentro. Forse, però, il gioco va verso la fine, come raccontano le cronache dei Paesi del Nord Europa, dove il delirio era stato alimentato in modo particolarmente violento, e cinico. In Svezia e Inghilterra come un po' in tutto il Nord Europa la sacralità dell'infanzia è stata invasa da tempo dal razionalismo peloso dei «diritti», grazie ai quali se il bimbo vuole cambiare sesso va assecondato, fermando chimicamente il suo sviluppo con triptorelina o altro, o chirurgicamente con operazioni. Stuoli di «ortopedici dell'anima» (come li chiamava Michel Foucault), spesso di appartenenza Lgbt, battono dunque le scuole per strappare tracce di insicurezze (peraltro indispensabili a quell'età), e far partire le implacabili procedure di cambiamento di sesso. Ciò ha prodotto nell'ultimo decennio uno tsunami di richieste di giovanissimi. In dieci anni, come ha raccontato Benedetta Frigerio sulla Bussola quotidiana, in Svezia le adolescenti che hanno iniziato il percorso di cambiamento di sesso sono aumentate del 1.500 per cento.Qualcosa però sta cambiando. Negli ultimi anni medici e psichiatri si sono accorti dell'impennata di disturbi gravi e non facilmente trattabili, prodotti da questi improvvidi cambiamenti di sesso in corpi e personalità in formazione, che stavano semplicemente attraversando quella che sia la scienza medica che quelle psicologiche conoscevano benissimo da sempre e avevano riassunto nell'età dello sviluppo, con le sue ansie e insicurezze. Questa scoperta tardiva, purtroppo, è però accompagnata da suicidi, follie, drammi che si sarebbero potuti tranquillamente evitare anche semplicemente con formazioni professionali dei terapeuti un po' più ricche culturalmente e meno prone alla moda del momento. Come ha scritto su La Verità Giuliano Guzzo, si sta finalmente capendo che il boom di richieste di cambiamento di sesso era soprattutto un prodotto culturale, di mode e disagi indotti dal sistema di comunicazione, senza un fondamento clinico reale. Un «contagio sociale», che non rappresentava affatto la situazione individuale. I Paesi nordici forse ne stanno uscendo, ma noi ci siamo ancora in mezzo.Potremmo intanto ripassare i nostri miti ebraico-cristiani, greci e latini, per evitare maggiori guai ai nostri figli e nipoti.
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