2025-05-11
Giani reclama il granducato dell’eutanasia
Eugenio Giani (Imagoeconomica)
Il governatore toscano contro il governo che ha impugnato la sua legge sulla morte medicalmente assistita: «Invece di lavorare su una norma nazionale, ostacolano noi». Ma persino Alfredo Bazoli, del Pd, riconosce il vulnus: «Il Parlamento non sia tagliato fuori».In un film sui Promessi Sposi pretenderebbe di interpretare al tempo stesso don Abbondio, la Monaca di Monza e uno dei polli di Renzo. Che problema c’è? Nessuno per Eugenio Giani, che infatti è indignato perché il suo maldestro tentativo di sostituirsi al legislatore e al Parlamento nel firmare la legge sul fine vita, è finito davanti alla Corte costituzionale. La normativa «fai da te» che disciplina tempi e modalità per l’accesso al suicidio assistito in Toscana è stata impugnata dal Consiglio dei ministri per deficit di competenza e lui non riesce a farsene una ragione: «Sono deluso e sconcertato. È paradossale che, invece di lavorare su una legge nazionale attesa da anni, il governo scelga di ostacolare chi si è impegnato per attuare quanto stabilito dalla Corte costituzionale».Una giustificazione curiosa, quella del governatore: visto che deputati e senatori non fanno la legge, me la faccio da solo. Una scelta autarchica che trasformerebbe il Giani in un campione del federalismo mortuario, se la parola federalismo non lo offendesse al massimo grado, visto che lui e il suo partito (il Pd) sono contrari all’autonomia differenziata a tal punto da promuovere ogni ricorso possibile proprio davanti alla Consulta. Parole di accompagnamento del governatore un anno fa: «No allo spacca Italia. L’autonomia non deve tradursi in una scelta arbitraria da parte delle Regioni ma deve essere motivata da singole peculiarità. L’articolo 116 della Costituzione sottolinea che alcuni temi sono di competenza dello Stato centrale».Poiché ritiene di doverli decidere lui, quei temi, oggi sostiene che il suicidio assistito in Toscana sia di sua competenza. E, nostalgico del Granducato, s’inalbera. «Io sono il primo ad auspicare che si faccia quanto prima una legge nazionale che disciplini la materia. Dal governo mi sarei aspettato piuttosto una sollecitazione al Parlamento. In mancanza di questo, la nostra norma è un atto di responsabilità istituzionale e di rispetto verso le persone che affrontano sofferenze insopportabili». In realtà in Senato sono due i disegni di legge che attendono di arrivare a sintesi: il primo elaborato dal comitato ristretto delle commissioni Affari sociali e Giustizia del Senato e firmato da Ignazio Zullo (Fdi) e Pierantonio Zanettin (Forza Italia) si chiama «Fine vita» e intende superare le sentenze della Corte costituzionale, trasformate in foglie di fico dalla sinistra radicale per far passare dalla porta delle Regioni l’eutanasia, oggi proibita dalla legge. Il secondo, elaborato dal centrosinistra a firma di Alfredo Bazoli (Pd) e Nicola Provenza (M5s), ha per titolo «Morte volontaria medicalmente assistita». Entrambi i progetti di legge contengono i quattro criteri indicati dalla Consulta per accedere al trattamento: capacità di autodeterminazione del paziente, patologia irreversibile, presenza di sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili, dipendenza da trattamenti di sostegno vitali. Davanti alla proposta del governo, lo stesso Bazoli ha affermato: «È un buon punto di partenza e potrebbe arrivare in Aula entro luglio». Il senatore dem ha colto il cuore del problema: «Se la Consulta riconoscesse la legittimità delle leggi regionali il Parlamento rischierebbe di essere tagliato fuori. Perciò considero questo inizio incoraggiante».Lo è per molti tranne che per Giani, incline al vassallaggio ideologico nei confronti dei radicali dell’Associazione Luca Coscioni guidata dal portavoce Marco Cappato, alla ricerca da anni di un pertugio dal quale far entrare l’eutanasia. Così il governatore aggiunge: «Presenteremo le nostre controdeduzioni e sono certo che la Corte terrà fede al suo orientamento. Questa legge è stata approvata da un’ampia maggioranza in Consiglio regionale, nel pieno rispetto dei principi costituzionali». Gli fa eco Elly Schlein che davanti all’impugnazione tuona: «È stata una scelta ipocrita, cinica e codarda. Il governo prosegue nel disperato tentativo di impedire qualsiasi normativa che dia garanzie e diritti sulle scelte di fine vita». Il viceré fiorentino sostiene anche che quella toscana non sia una legge, ma «un provvedimento amministrativo» fotocopia di quello adottato dall’Emilia Romagna. Non è così, a Bologna si sono limitati a stilare un regolamento applicativo, peraltro bloccato a fine aprile dal ricorso al Tar di Valentina Castaldini (Fi), che ha obiettato l’inadeguatezza del provvedimento amministrativo per una materia etica di competenza nazionale. I giudici hanno decretato la sospensiva e presto entreranno nel merito. Si profila un corto circuito davanti alla Corte Costituzionale, che nei sogni di Giani e di Schlein dovrebbe dare il via libera alla legge spot inventata dalla sinistra. Ma se la Consulta lo facesse, contravverrebbe per prima a quei principi che hanno costretto a suo tempo il governo a modificare alcune norme sull’autonomia differenziata. Sarebbe davvero difficile spiegare che il federalismo mortuario dem è lecito e tutti gli altri no.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)