
Un antifascista tedesco (che fra l’altro si sente donna) colpito dalle stesse accuse dell’eurodeputata di Avs. Lui era latitante in patria, ma i giudici tedeschi hanno provveduto all’estradizione in Ungheria per il processo.Nei settimanali di enigmistica è uno dei pezzi forti: trova le differenze. Anche di sesso, perché se uno che è nato maschio si dichiara non binario e si fa chiamare Maja, può chiedere di non andare in carcere perché non ci sono celle adeguate. L’Italia, vedendo Ilaria Salis accusata di aver tentato di spaccare la testa a qualche neonazista in quel di Budapest, di fronte ai ceppi che stringevano Nostra Signora delle Occupazioni s’indigna a tal punto da portarla al Parlamento europeo, così che vada immune dalle sue responsabilità. Invece in Germania, un (ma che si dichiara «non binario») attivista di 23 anni, al secolo Maja T., accusato degli stessi reati della rivoluzionaria dei pianerottoli, viene regolarmente estradato in Ungheria a seguito di una sentenza della Corte d’appello. I giudici germanici si sono macchiati d’una colpa gravissima: danno retta ai codici. Ilaria Salis - che avrebbe quel conticino in sospeso da 90.000 euro con l’Aler di Milano per aver occupato una casa popolare vista Navigli - ha tuonato dall’alto dello scranno europarlamentare: «Maja è una persona non binaria e l’incarcerazione in Ungheria, dove gli attacchi contro la comunità Lgbtqi sono frequenti e diffusi, rischia di esporla a grave pericolo di violenza fisica e psicologica. Nessuna dovrebbe essere costretta a vivere questa esperienza e subire queste ingiustizie: le estradizioni devono essere subito fermate per tutte!». Nostra Signora delle Occupazioni ribadisce sui social: «Io ci sono già passata, so cosa vuol dire essere detenuta nelle carceri ungheresi ed essere sottoposta a un processo in cui i diritti fondamentali sono posti sistematicamente in discussione. Non lo augurerei al mio peggior nemico. È inaccettabile e indecente che in un Paese europeo le persone possano trovarsi in tali condizioni, lo è ancora di più il fatto che le autorità di altri Paesi diano il proprio consenso all’estradizione. Questo mi stupisce molto dal momento che la Corte d’appello di Milano il 28 marzo 2024 si è espressa in via definitiva rifiutando la consegna di Gabriele Marchesi, anche lui accusato per gli stessi fatti, sulla base di condizioni carcerarie inadeguate e alla sproporzione della custodia cautelare rispetto all’accusa». Siamo al trova le differenze. Maja T. persona non binaria (è un uomo che non si sente né maschio né femmina) è uno dei dieci attivisti accusati di avere aggredito dei militanti di estrema destra durante il cosiddetto «Honor day», che raduna a febbraio a Budapest anche gruppi neonazisti da tutta Europa. In Germania ritengono che questi attivisti antinazisti siano legati a Lina Engel, detta la cacciatrice di neonazisti, a capo di un gruppo di estrema sinistra autrice di aggressioni ai danni di esponenti della destra radicale in Sassonia e Turingia. Un anno fa il tribunale di Dresda l’ha condannata a cinque anni e tre mesi di reclusione. Il gruppo degli attivisti di sinistra, compreso Maja T. che sarebbe stata in contatto con Ilaria Salis, era disposto a costituirsi a condizione di non essere estradato. Così la procura generale federale ha avocato a sé l’inchiesta sugli estremisti di sinistra. Ma nelle more del passaggio degli atti a Berlino la Corte d’Appello di Dresda ha consegnato Maja T. alle autorità ungheresi. L’avvocato del non-binario ha fatto ricorso alla Corte costituzionale di Karlsruhe che ha sospeso l’estradizione, ma lui/lei era già stato consegnato e ora si rischia l’incidente diplomatico tra Berlino e Budapest. Gli attivisti di sinistra invocano anche la legittima difesa sessuale: «Lei ha sui documenti il sesso maschile, ma non si riconosce in questa identità. Non possono rinchiuderla in un carcere per gli uomini, sarebbe una tortura e un grave rischio per lei». Da Budapest fanno sapere che lo tratteranno con tutto il rispetto, anche se per ora non sembrano esserci celle non binarie e nessun codice al mondo prevede la scriminante per chi si dissocia dal proprio sesso biologico. La faccenda però rischia di montare anche perché - così come ha fatto il duo Fratoianni-Bonelli con Allenza Verdi e Sinistra candidando e facendo eleggere Ilaria Salis all’europarlamento - Martin Schirdewan, eurodeputato della Linke (partito tedesco di sinistra estrema) ne sta facendo un caso in Germania. Ha dichiarato: «Questa estradizione è uno scandalo. È un regalo della coalizione Spd-Verdi e liberali al regime di Viktor Orbán in cambio dell’assunzione della presidenza del Consiglio europeo?». I giudici di Dresda hanno però tirato dritto, codice alla mano. Pensando all’Italia viene da chiedersi: dov’è la differenza?
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Fu il primo azzurro a conquistare uno Slam, al Roland Garros del 1959. Poi nel 1976, da capitano non giocatore, guidò il team con Bertolucci e Panatta che ci regalò la Davis. Il babbo era in prigionia a Tunisi, ma aveva un campo: da bimbo scoprì così il gioco.
La leggenda dei gesti bianchi. Il patriarca del tennis. Il primo italiano a vincere uno slam, il Roland Garros di Parigi nel 1959, bissato l’anno dopo. Se n’è andato con il suo carisma, la sua ironia e la sua autostima Nicola Pietrangeli: aveva 92 anni. Da capitano non giocatore guidò la spedizione in Cile di Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli che nel 1976 ci regalò la prima storica Coppa Davis. Oltre a Parigi, vinse due volte gli Internazionali di Roma e tre volte il torneo di Montecarlo. In totale, conquistò 67 titoli, issandosi al terzo posto della classifica mondiale (all’epoca i calcoli erano piuttosto artigianali). Nessuno potrà togliergli il record di partecipazioni (164, tra singolo e doppio) e vittorie (120) in Coppa Davis perché oggi si disputano molti meno match.
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Il presidente Gianni Tessari: «Abbiamo creato una nuova Doc per valorizzare meglio il territorio. Avremo due etichette, una per i vini rifermentati in autoclave e l’altra per quelli prodotti con metodo classico».
Si è tenuto la settimana scorsa all’Hotel Crowne Plaza di Verona Durello & Friends, la manifestazione, giunta alla sua 23esima edizione, organizzata dal Consorzio di Tutela Vini Lessini Durello, nato giusto 25 anni fa, nel novembre del 2000, per valorizzare le denominazioni da esso gestite insieme con altri vini amici. L’area di pertinenza del Consorzio è di circa 600 ettari, vitati a uva Durella, distribuiti sulla fascia pedemontana dei suggestivi monti della Lessinia, tra Verona e Vicenza, in Veneto; attualmente, le aziende associate al Consorzio di tutela sono 34.
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)
Un mio profilo è stato cancellato quando ho pubblicato dati sanitari sulle pratiche omoerotiche. Un altro è stato bloccato in pandemia e poi eliminato su richiesta dei pro Pal. Ne ho aperto un terzo: parlerò dei miei libri. E, tramite loro, dell’attualità.
Se qualcosa è gratis, il prodotto siamo noi. Facebook è gratis, come Greta è pro Lgbt, pro vax, anzi anti no vax, e pro Pal. Se sgarri, ti abbatte. Il mio primo profilo Facebook con centinaia di migliaia di follower è stato cancellato qualche anno fa, da un giorno all’altro: avevo riportato le statistiche sanitarie delle persone a comportamento omoerotico, erroneamente chiamate omosessuali (la sessualità è una funzione biologica possibile solo tra un maschio e una femmina). In particolare avevo riportato le statistiche sanitarie dei maschi cosiddetti «passivi».






