La manovra 2024 approvata solo ieri con cinque mesi di ritardo. Il deficit miliardario «spalmato» tra le varie amministrazioni.
La manovra 2024 approvata solo ieri con cinque mesi di ritardo. Il deficit miliardario «spalmato» tra le varie amministrazioni.Ieri a Berlino dal Bundestag è uscita finalmente la fumata bianca per l’approvazione della legge di bilancio 2024. Dopo l’annuncio di inizio settembre pieno di speranze e ambizioni da parte del ministro dell’Economia Christian Lindner, ci sono voluti circa 5 mesi, affinché l’economia più grande dell’Eurozona avesse un budget per l’anno in corso.Lasciamo immaginare solo per un attimo il caos che si sarebbe scatenato in Italia in una situazione analoga. Da noi, per qualche settimana di ritardo nell’esame da parte del Parlamento, già a novembre si è cominciato a paventare il rischio dell’esercizio provvisorio, con chissà quali inevitabili catastrofi connesse, salvo poi battere in silenziosa ritirata perché a fine dicembre, come di consueto, la legge era in Gazzetta Ufficiale.Invece nella «virtuosa» Germania hanno vissuto mesi di caos politico dopo che a metà novembre una sentenza della Corte Costituzionale ha messo a nudo un trucchetto contabile su cui aveva fatto grande affidamento il cancelliere Olaf Scholz: utilizzare fondi aggiuntivi rispetto al bilancio federale (i cosiddetti fondi speciali), precedentemente stanziati per l’emergenza Covid, cambiargli il nome e finanziare progetti per contrastare il cambiamento climatico, inondare di contributi imprese e famiglie per la corsa alle rinnovabili e mitigare l’impatto della crisi energetica.A Berlino hanno dovuto rimettersi a riscrivere il bilancio, tagliando molte voci di spesa. Solo dopo aver toccato con mano lo scontento popolare e aver visto i trattori per strada per settimane, Scholz ha parzialmente ritirato i tagli al gasolio agricolo agevolato. Il compromesso è comunque faticosamente arrivato solo ieri, tra tagli ai sussidi e recupero di fondi tra le pieghe del bilancio e la regola del «freno» è stata almeno formalmente rispettata.Il risultato di tale stallo è stato il crollo del consenso elettorale della coalizione (Liberali al 3%, Verdi e Spd intorno al 15% ciascuno) e il partito di destra AfD stabilmente al secondo posto nei sondaggi (19-20%).Sta di fatto che quelli che in origine erano fondi per 869 miliardi, dopo la tagliola della Corte, sono diventati 260. E la coalizione «semaforo» si è platealmente spaccata tra rigoristi (Lindner), contrari all’aumento delle tasse e all’abbandono dal «freno» al deficit previsto dalla Costituzione (deficit strutturale non superiore allo 0,35% del Pil), Socialisti di Scholz e Verdi di Robert Habeck, più sensibili alla spesa ed agli investimenti per la transizione energetica. I fondi fuori bilancio erano stati fino a quel momento l’escamotage contabile per rispettare formalmente il «freno», senza intaccare la capacità di stimolare l’economia. Ma da novembre il banco è saltato. E la spaccatura rischia di diventare un baratro per il 2025 quando, secondo calcoli riportati da Bloomberg e perdurando la regola del «freno», ci saranno da trovare altri 20 miliardi.Quindi i tedeschi, prima ancora di trovarsi impelagati nei limiti di quello che sarà il nuovo patto di stabilità, si sono autoinflitti dei limiti ancora più stringenti, ancorché elusi fino a novembre, quando la Corte ha beccato Scholz con le mani nella marmellata.Si tratta di una vicenda che contribuisce a rendere ancor più un vero e proprio ginepraio il bilancio tedesco. Perché solleva molti dubbi sulla affidabilità delle cifre che poi Eurostat prende in considerazione per verificare il rispetto dei parametri del patto di stabilità e crescita. È infatti vero che, utilizzando fondi fuori bilancio, il governo Scholz ha aggirato il limite del «freno» e costretto il Bundestag a votare un bilancio federale formalmente in linea. Ma, come si vede dal grafico in pagina, i 477 miliardi di spesa del bilancio federale previsti per il 2024 (sono stati 626 nel 2022), costituiscono solo 1/3 della spesa complessiva che invece tiene conto anche degli Stati federati (Länder) e dei 3 livelli amministrativi sottostanti.Questa eccezionale complessità di livelli di spesa e di fondi speciali, questi ultimi fino a ieri passati sotto il naso perfino del Bundestag e della Corte, non può non avere riflessi anche a livello europeo. Perché sorge spontanea una domanda: fino a che punto Eurostat con i suoi principi contabili (Esa 2010) è in grado di discernere ciò che rientra nel deficit e nel debito ai fini dei parametri di Maastricht da ciò che ne è escluso? Parliamo di cifre enormi. Incrociando i dati di Eurostat con quelli del ministero delle Finanze tedesco, emerge che, al 30/9 scorso, il debito pubblico totale (secondo Maastricht) era pari a 2.631 miliardi, mentre il debito pubblico federale ammontava a 1.643 miliardi. Di cui i fondi speciali già inseriti nel debito, erano pari a 202 miliardi. In mezzo ci sono circa 1.000 miliardi che ci lasciano ben sperare che le regole contabili europee riescano a «catturare» tutto ciò che avviene a livello dei 16 singoli Stati federali e nell’enorme macchina della pubblica amministrazione tedesca a livello federale, regionale e locale. In effetti Eurostat ha registrato a fine 2022, a carico dei Länder e degli altri livelli amministrativi inferiori, un debito di circa 790 miliardi. Ma la complessità è oggettiva, tanto è vero che, a livello interno, c’è stato per anni un elefante nella stanza e nessuno (fingeva) di vederlo. Allora chi ci garantisce che anche Eurostat non sia stata ingannata o non abbia correttamente valutato le conseguenze contabili di tutte le leggi di spesa tedesche? In fondo non sarebbe la prima volta. Nel 2010, fu insediato un membro di Eurostat nel board dell’istituto di statistica greco per vederci chiaro nei conti truccati e, nel 2014, il presidente dell’Ifo il tedesco Hans-Werner Sinn, accusò Eurostat di manipolare le cifre delle finanze pubbliche greche.I bilanci sono banali: ciò che c’è, potrebbe non esserci. Ma non si vede ciò che non c’è.
Ansa
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