2025-03-21
George Weigel: «Il futuro Pontefice difenda tutto il Vangelo»
Il biografo ufficiale di Giovanni Paolo II: «Le Chiese dell’Africa ci ricordano che non è il “cattolicesimo light” la risposta ai problemi del mondo. Wojtyla è stato il più influente, non in qualità di oracolo con una miriade di opinioni politiche ma come testimone morale».George Weigel è l’autore della monumentale opera Testimone della speranza, dedicata alla vita di Giovanni Paolo II. Noto, appunto, per essere il biografo ufficiale del Papa polacco, Weigel è un professore associato all’Ethics and public policy center di Washington, un think tank conservatore. Ha dedicato tutta la sua vita, è nato nel 1951 a Baltimora, allo studio e alla missione della fede cattolica che per lui non è una questione privata, ma ha un ruolo fondamentale da svolgere nella vita pubblica. È un difensore della libertà religiosa e acerrimo nemico del relativismo morale e del nichilismo che, a suo giudizio, sono i due martelli con cui si è autodemolita la civiltà occidentale. Nel 2020 ha scritto un libro, The next Pope (in Italia è edito dalla veronese Fede&Cultura con il titolo Il prossimo Papa), che è sembrato come una critica nemmeno troppo velata a papa Francesco, ma il professore ha sempre ribadito che ciò che lo ha spinto a scrivere quel libro è principalmente un’analisi delle sfide future che la Chiesa deve affrontare.Professore, in questi giorni in cui papa Francesco è ricoverato al Policlinico Gemelli con una grave polmonite bilaterale e una condizione clinica complessa, abbiamo assistito a preghiere per lui che hanno unito cattolici di tutto il mondo. Il Papa, al di là delle simpatie o antipatie personali, rimane una pietra angolare della fede cattolica, perché? «Come ha insegnato il Concilio Vaticano II, la Chiesa è una “comunione” e, se posso mescolare le metafore, il vescovo di Roma è la pietra angolare di quell’edificio. Pregare per il Papa quotidianamente o settimanalmente durante la santa messa offre ai cattolici un profondo senso di connessione con colui che ha il compito di “confermare i suoi fratelli” [Lc 22,32]».Negli ultimi decenni, la Chiesa ha avuto tre Papi, molto diversi tra loro: Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. In che modo hanno arricchito la comunità dei fedeli? «Giovanni Paolo II è stato il grande testimone morale cristiano del suo tempo. Benedetto XVI è stato il grande maestro del suo tempo. Francesco ha ricordato alla Chiesa che i “più piccoli” tra i fratelli e le sorelle del Signore [Matteo 25,40] sono anche nostri fratelli e sorelle e abbiamo una responsabilità verso di loro. Testimoni, maestri e pastori compassionevoli contribuiscono tutti a edificare la Chiesa, sia a livello locale che globale».Specialmente in Occidente, sta emergendo un cattolicesimo «light», fluido e basato sulle opinioni. È un fallimento della pastorale o il risultato inevitabile di una cultura agnostica dominata dalle emozioni? «È un fallimento della Chiesa nel predicare il Vangelo nella sua interezza, senza compromessi, ma con cura e compassione. Ma non si può predicare il Vangelo nella sua interezza se non lo si crede nella sua interezza. Il problema in Germania, per esempio, non è lo scisma, ma l’apostasia: un distacco deliberato dalle verità consolidate della fede cattolica e apostolica. Nessuno è interessato alla Chiesa del “forse”. In un mondo di ambiguità e cinismo, le persone cercano chiarezza e convinzione».Professore, lei ha scritto un libro intitolato Il prossimo Papa (Ed. Fede&Cultura). Secondo lei, cosa dovrebbe fare un futuro Pontefice di fronte a questa realtà? E come dovrebbe accogliere il cristianesimo più giovane e forte dell’Africa e dell’Asia? «Le giovani Chiese dell’Africa, in particolare, ricordano alla Chiesa universale che il Vangelo nella sua interezza è immensamente attraente e che il “cattolicesimo light” non è la risposta ai problemi del XXI secolo. Dunque, un futuro Papa deve comprendere che la natura del suo ufficio è difendere e promuovere il Vangelo nella sua interezza. E quel Vangelo include alcune verità fondamentali sulla persona umana: la nostra natura, le nostre origini, il nostro destino».Alcuni vorrebbero una Chiesa e un Papa più concentrati sulle questioni spirituali e meno su quelle sociali e politiche. Ma il cattolicesimo non tiene insieme entrambi gli aspetti? «Sì, ma devono essere le verità del Vangelo e non l’ideologia politica a informare l’approccio della Chiesa agli affari del mondo. Questo è ciò che la dottrina sociale cattolica ci aiuta a fare. Giovanni Paolo II è stato il Papa più “politicamente” influente degli ultimi secoli, ma lo è stato come testimone morale, non come un oracolo con opinioni su una miriade di questioni di politica pubblica».Perdoni la domanda, ma in questi giorni si parla molto di cardinali progressisti e conservatori, riducendo un possibile Conclave a una sorta di Parlamento. L’elezione di un Pontefice è un affare umano o divino? «Prima di tutto, la Chiesa cattolica non è una questione di destra o sinistra, progressisti o conservatori; la Chiesa cattolica riguarda il vero o il falso, il nobile o il vile, ciò che dà vita o ciò che porta alla morte. Per quanto riguarda un Conclave, è un esercizio di giudizio prudenziale da parte di esseri umani, che si spera siano sintonizzati, attraverso la preghiera e la riflessione, sulla volontà di Dio per la Chiesa e sulla necessità di un Papa che comprenda Luca 22,32: l’imperativo di insegnare la verità cattolica in modo chiaro e convincente».