2021-02-23
Gentiloni s’imbroda per l’Ue, ma ne tace il fallimento sanitario
Paolo Gentiloni (Anadolu/Getty Images)
Pur essendo un politico di serie B, Paolo Gentiloni è un uomo fortunato che è riuscito a fare una carriera di serie A. Per anni nella Capitale è stato considerato un gregario di Francesco Rutelli, e quando si candidò alle primarie per il sindaco di Roma fu battuto alla grande da Ignazio Marino, che nella Città eterna era praticamente un marziano. Tuttavia, la sconfitta non fermò il futuro commissario europeo, perché un anno dopo Renzi lo ripescò come ministro degli Esteri. Credo che l'obiettivo non fosse premiare Gentiloni, che si era fatto scavalcare perfino da David Sassoli, ma fare un dispetto a Lapo Pistelli, che all'epoca era sottosegretario alla Farnesina e con l'ex sindaco di Firenze aveva una vecchia ruggine. Da ministro per caso, il conte di Filottrano, Cingoli, Macerata e Tolentino (viene da una famiglia nobile), si ritrovò presidente del Consiglio altrettanto per caso. A suggerirne il nome a Sergio Mattarella fu sempre Renzi quando, dopo essere stato sconfitto al referendum, fu costretto a farsi da parte. L'allora segretario del Pd scelse «Er moviola» (lo chiamano così per il modo rallentato con cui si dà da fare) considerandolo politicamente innocuo, pensando che gli avrebbe tenuto in caldo la sedia in attesa di nuove elezioni che lo riportassero a Palazzo Chigi. Ma invece di scaldargliela, Gentiloni la sedia gliela soffiò, riuscendo a rimanere alla guida del governo per un anno e mezzo prima di dover sloggiare per far posto a Giuseppe Conte, a causa del tracollo del Partito democratico e della vittoria dei 5 stelle. Dopo la batosta che portò il Pd al 18%, chiunque sarebbe andato a nascondersi, mettendo da parte le ambizioni. Chiunque, ma non Gentiloni, che pur essendo considerato un perdente di successo, è riuscito a scaricare le colpe interamente su Renzi (che infatti lo detesta) e a preparare il suo ritorno. A dire il vero, non ha dovuto aspettare a lungo, perché uscito di scena come presidente del Consiglio, è rientrato dalla finestra come commissario europeo, riuscendo nell'incredibile operazione di farsi nominare dagli stessi che lo avevano mandato a casa. Miracoli della politica e miracoli del trasformismo. Tuttavia, non è della sua resurrezione che intendiamo parlarvi, bensì dell'ultima intervista rilasciata da Er moviola, il quale sarà anche lento nell'agire, ma quando c'è da riallinearsi è rapidissimo. Ieri su La Stampa è stato pubblicato un lungo colloquio che il commissario all'Economia ha avuto con il direttore del giornale sabaudo, Massimo Giannini. Nella doppia paginata non si rintracciano notizie da strapparsi i capelli, ma alcune frasi ci sono rimaste in testa. In particolare, una riguardante il nuovo governo. Secondo Gentiloni, ora che Mario Draghi è presidente del Consiglio l'Italia non è solo «più credibile, ma addirittura più virtuosa». Al punto che il quotidiano piemontese ha titolato a tutta pagina: «Con Draghi rinasce l'Italia». Dopo le sbandate degli ultimi tre anni, soprattutto quelle del Conte gialloverde, il commissario Ue intravede finalmente un nuovo Rinascimento italiano. Per Gentiloni, l'Italia può tornare addirittura protagonista in Europa, può spostare gli equilibri interni dell'Unione e perfino essere decisiva. «L'effetto Draghi è fondamentale perché ricrea fiducia nel Paese», e via con una serie di giudizi entusiastici. Nulla da dire, l'ex governatore della Bce ha un nome che si vende bene e che sin dal suo incarico ha consentito di ridurre il famoso spread, indice che secondo alcuni rappresenta il gradimento degli investitori nei confronti dei governi. No, non sono le parole de «Er moviola» a stupire, piuttosto il fatto che pochi mesi fa il commissario si esprimesse con termini altrettanto calorosi anche a proposito del governo Conte. A risentire oggi ciò che Gentiloni disse in collegamento da Bruxelles per i famosi Stati generali voluti dal precedente governo, basta sostituire il nome di Draghi con quello di Conte e si ottiene lo stesso effetto.All'epoca, il conte di Filottrano eccetera si dimostrava estasiato per la gestione della pandemia, tanto da lodare l'esecutivo per il buon esempio dato. Ma Conte e compagni non erano stati bravi solo a tenere a bada il coronavirus (come, lo abbiamo visto), bensì pure nell'aver rafforzato l'identità del Paese. Secondo Gentiloni, l'Italia era pronta per dare un contributo importante. Parlando al governo riunito a villa Pamphilj, Er moviola si sperticò in lodi, dicendo che finalmente c'era «la possibilità di affrontare queste sfide»; «l'esecutivo e il parlamento sono consapevoli»; la scelta europeista «ha definito l'identità del governo» e a questo punto «l'Italia è tornata al centro». Sì, otto mesi fa Giuseppi sembrava il miglior presidente possibile e i suoi ministri altrettanto, mentre l'Italia era pronta a destarsi. Ora che c'è Draghi, il commissario va in replica e si registra una nuova rinascita e una nuova centralità. Perché, dicevamo, Gentiloni andrà anche al rallentatore, come da soprannome, ma nel cambiare rotta, e soprattutto cavallo, è un fulmine. Salvo poi dimenticarsi che, se mancano i vaccini, lo si deve proprio a quell'Europa di cui lui dovrebbe occuparsi.
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