2025-07-22
Gentiloni insidia Elly difendendo Beppe. Lega e Verdi scatenati. Fdi e Fi più cauti
Se Avs appoggia i pm, l’ex premier fa da scudo a Beppe Sala: «Persona onesta». Antonio Tajani predica garantismo, i salviniani vogliono il voto.«Siamo al colmo: quello che voleva essere il sindaco più verde d’Europa è stato scaricato dai Verdi»: spetta al senatore di Fratelli d’Italia Sandro Sisler il premio per la sintesi politica più efficace rispetto allo psicodramma (l’ennesimo) che il centrosinistra sta mettendo in scena a Milano. Beppe Sala va avanti ma promette di cambiare le sue politiche urbanistiche, per accontentare il Pd? Ed ecco che Angelo Bonelli, co-leader di Avs, subito mette un bel bastone tra le ruote dello scalcagnato carretto politico del sindaco: «Il messaggio è chiaro», dice Bonelli a Rai radio 1, «l’urbanistica deve rispettare le regole. Non è possibile realizzare grattacieli con una semplice dichiarazione di inizio attività. Serve legalità e trasparenza. Non sono tra quelli che demonizzano la magistratura: faccia chiarezza. Sono convinto che per Sala sarà un’occasione per dimostrare la correttezza del suo operato», aggiunge Bonelli, «ma una cosa è certa: se l’urbanistica di Milano deve proseguire come ha fatto finora, noi non ci saremo. Sarò ancora più netto: se il sindaco Sala e la sua maggioranza riterranno che la priorità per Milano è la vendita dello stadio di San Siro, noi voteremo contro». Niente male come «nuovo inizio», ma del resto la posizione di Bonelli è comprensibile: Avs, che guida insieme a Fratoianni, è più vicina al M5s che al Pd, e quindi non può certo lasciare ai pentastellati la bandiera della legalità in una città-chiave come Milano. Giuseppe Conte di questa partita è spettatore interessato ma comodamente seduto in tribuna Vip: il M5s non ha neanche un consigliere comunale a Milano, avendo ottenuto nel 2021 appena il 2,7% dei voti con la candidatura a sindaco in solitaria di Laila Pavone, e quindi può liberamente attaccare destra e sinistra. Azione e Italia viva difendono Sala, e il Pd manco a dirlo si ritrova a gestire una patata bollente: Elly Schlein ha chiesto a Sala «segnali di innovazione e cambiamento» sulle politiche urbanistiche, sottolineando di «non essere indifferente» all’inchiesta giudiziaria. «Il Pd», dice alla Verità una fonte autorevole dei dem, «chiederà di indicare il successore di Giancarlo Tancredi, ma potrebbe anche imporre a Sala un rimpasto più ampio. La Schlein non ha molti margini di manovra, è costretta a rincorrere una realtà complessa, così come è accaduto in Toscana e in Campania per le regionali. Se poi dovesse uscire qualche bomba clamorosa dalla Procura, crollerebbe tutto». Hai voglia a rincorrere: per la Schlein, che coltiva l’ambizione o meglio l’utopia di diventare premier, la «grana» Milano sarà difficilissima da gestire. Il motivo più banale? Da oggi in poi, ogni richiesta di dimissioni di un esponente di centrodestra coinvolto in qualche inchiesta della magistratura verrà respinto al mittente con la formuletta: «E allora Sala?». Uno dei probabili antagonisti della Schlein per la leadership del centrosinistra, Paolo Gentiloni, è invece molto netto: «Non conosco le inchieste», dice Gentiloni, «conosco Beppe Sala. Rispetto il lavoro della magistratura e penso che Sala, oltre a essere un bravo sindaco, sia una persona perbene sulla cui onestà nessuno dovrebbe dubitare». «Dal sindaco Sala un discorso bello e sincero», commenta Pierfrancesco Majorino, capogruppo pd in Consiglio regionale e componente della segreteria nazionale, «ora si dovrà andare avanti con grande combattività, unità ed energia». Dal centrodestra arrivano intanto commenti e dichiarazioni di diverso tenore. Nettissimo il capodelegazione di Fdi al Parlamento europeo, Carlo Fidanza: «Come prevedibile», scrive Fidanza sui social, «Beppe Sala rimane disperatamente aggrappato alla poltrona, protetto da una maggioranza a guida Pd ormai decotta e tenuta insieme solo dalla paura del voto. Milano non merita di rimanere ostaggio delle lotte di potere di una sinistra in agonia, complice del degrado, dell’illegalità e dell’abbandono. Serve una svolta. E serve adesso». «Io sono garantista», sottolinea il vicepremier e leader di Forza Italia, Antonio Tajani, «siamo sempre stati garantisti e, al di là del giudizio sull’amministrazione, che è negativo, riteniamo che non sia la magistratura a decidere quando deve cessare. Credo che Sala non debba dimettersi perché ha avuto un avviso di garanzia. Il problema», argomenta Tajani, «è come viene amministrata la città, ma non possiamo neanche permettere che a causa di inchieste giudiziarie si fermi la crescita di una città come Milano». Di tutt’altro avviso il Carroccio, che chiede senza mezzi termini il ritorno alle urne. «Il giudizio della Lega sulla giunta di Milano guidata da Giuseppe Sala è pessimo e non per le inchieste giudiziarie che stanno travolgendo Palazzo Marino. Nell’attesa che la magistratura faccia il proprio corso, la città è diventata una boutique su misura per milionari, sempre più insicura, sfiduciata e paralizzata, incapace di trattenere giovani, precari o ceto medio. Il centrosinistra ha gravemente fallito e dovrebbe consentire ai milanesi di tornare al voto».