2019-09-06
Gentiloni in Ue agli Affari economici per fare la volontà di Parigi e Berlino
L'ex premier è stato indicato come commissario italiano e dovrebbe ricevere una poltrona di peso nell'esecutivo di Ursula von der Leyen. Gradito a Emmanuel Macron e a Angela Merkel, non nasconde il suo amore per la Cina.Paolo Gentiloni è stato indicato come commissario europeo in rappresentanza dell'Italia. «Ringrazio il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, per l'incarico conferito. È una responsabilità che mi onora. Cercherò con tutte le forze e con il mio lavoro di contribuire a una nuova stagione positiva per l'Italia e per l'Europa», ha dichiarato Gentiloni. Palazzo Chigi si aspetta una poltrona di peso: quasi certamente gli Affari economici oppure, in alternativa, Industria o Concorrenza. La scelta di Gentiloni esemplifica l'orientamento profondamente europeista dell'esecutivo giallorosso. Un orientamento che aveva già legato Pd e Movimento 5 stelle lo scorso luglio, quando avevano congiuntamente votato a favore di Ursula von der Leyen come nuova presidentessa della Commissione europea. In questo modo, il governo Conte bis presenta sin da subito una marcata presa di posizione a favore dell'asse franco-tedesco e, in modo più sfumato, della Cina.Gentiloni è del resto una figura particolarmente gradita sia a Parigi che a Berlino. Quando era presidente del Consiglio ha intrattenuto rapporti molto stretti con il presidente francese, Emmanuel Macron. Rapporti tutti protesi - almeno a parole - a rafforzare i legami bilaterali tra Roma e Parigi. Inoltre, non bisogna dimenticare che Sandro Gozi, sottosegretario ai tempi di Renzi e dello stesso Gentiloni, ha recentemente ricevuto un incarico dall'esecutivo d'Oltralpe. Insomma, una convergenza forte, che non sembra tuttavia aver prodotto troppi benefici per il nostro Paese. Basti pensare alla diatriba su Fincantieri del 2017, alla gestione migratoria o alla questione libica: tutti dossier, rispetto a cui Macron ha abbondantemente scavalcato Gentiloni, perseguendo di fatto gli interessi nazionali della Francia.Del resto, anche nei confronti della Germania l'ex premier ha giocato tutto sommato un ruolo in subordine. Basti pensare a quando, nel febbraio del 2018, si affrettò a rassicurare Angela Merkel sul fatto che, a seguito delle imminenti elezioni politiche, l'Italia avrebbe espresso un governo amico dell'asse francotedesco. «Non c'è nessun rischio che l'Italia abbia un governo su posizioni populiste e antieuropeiste», garantì Gentiloni (non si capisce bene su che basi). D'altronde, stando a una indiscrezione riportata qualche giorno fa da Repubblica, sembrerebbe che la cancelliera abbia di recente telefonato personalmente all'ex premier, per caldeggiare vivamente la nascita della maggioranza giallorossa. Da tutto questo sorge spontaneo domandarsi se, una volta ottenuta l'agognata poltrona europea, Gentiloni si rivelerà realmente autonomo rispetto ai desiderata di Parigi e Berlino. Un dubbio tanto più pressante, se si pensa allo storico interesse francese per le industrie nostrane o ad alcuni delicati dossier che hanno ripercussioni sugli stessi equilibri politici interni all'Italia (a partire dal rinnovato duello tra Mediaset e la francese Vivendi).Un ulteriore elemento da sottolineare riguarda poi i rapporti con la Cina. Nonostante i grillini siano spesso considerati i principali artefici dell'avvicinamento di Roma a Pechino, la situazione appare in realtà molto più complessa. Se è vero che fu soprattutto Luigi Di Maio a rivendicare il memorandum d'intesa siglato a marzo per accedere al progetto cinese della Nuova via della seta, non bisogna tuttavia dimenticare che già Gentiloni - da presidente del Consiglio - aveva dato la propria benedizione a questa linea. Era il maggio del 2017, quando l'allora premier italiano si recò a Pechino, per partecipare al Forum «One belt one road». E in quell'occasione ebbe a dire: «L'Italia può essere protagonista in questa grande operazione a cui la Cina tiene molto: per noi è una grande occasione e la mia presenza qui significa quanto la riteniamo importante». «Per ragioni storiche e geopolitiche», aggiunse, «le relazioni che abbiamo con Pechino possono aiutare a far sì che questa occasione venga colta». Da commissario, l'ex premier potrebbe quindi contribuire a un avvicinamento di Bruxelles alla Repubblica popolare.Insomma, la designazione di Gentiloni evidenzia come il sentiero della politica estera giallorossa sia di fatto già tracciato in favore dell'asse francotedesco, ma in parte anche della Cina. Elemento che ci conduce ad alcune valutazioni. In primis, è abbastanza chiaro che il ruolo di Di Maio alla Farnesina si rivelerà sostanzialmente coartato all'interno di questi angusti binari. In secondo luogo, la linea Gentiloni allontana irrimediabilmente Roma dall'orbita statunitense. Innanzitutto Donald Trump guarda con crescente preoccupazione al progetto cinese della Nuova via della seta, soprattutto in riferimento alla spinosa questione del 5G. Se è vero che ieri il Consiglio dei ministri ha deliberato di esercitare il golden power in materia, è altrettanto indubbio che l'interesse commerciale mostrato dai giallorossi verso Pechino non sia ben visto dalla Casa bianca. In secondo luogo, non va trascurato l'astio che il presidente americano nutre da sempre verso Berlino a causa di ragioni prevalentemente commerciali. La forte convergenza del Conte bis con la Germania potrebbe pertanto determinare malumori Oltreatlantico.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)