2024-06-13
Il genero del boss : «Impegniamoci per Falcomatà, e poi ci sediamo noi»
Il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà (Ansa)
Il grande elettore portava il futuro sindaco in giro per Reggio Calabria a caccia di voti per il ballottaggio. E il capogruppo dem al Comune si era consegnato al capo del clan: «Era mio dovere venire per un saluto».Quando a telefono Giuseppe Falcomatà risponde con un «bello!» al genero del Duca che appella «Danielino» non era ancora diventato sindaco. Il tono appare come particolarmente confidenziale e il grande elettore imparentato con gli Araniti Daniel Barillà, finito ai domiciliari nell'inchiesta che all'indomani delle elezioni europee ha decapitato la cosca guidata da Domenico Araniti detto «il Duca» e imbarazzato gli ambienti della sinistra reggina, dove in uno dei circoli del Partito democratico, sin dal 2013, il genero del capobastone ha cominciato a sguazzare, diventando responsabile del tesseramento, risponde invitandolo a fare colazione. Poi mette in moto quella che gli inquirenti definiscono «la macchina elettorale». Ovvero un sistema che passando per il controllo del territorio e del voto sarebbe arrivato perfino a mettere a punto brogli elettorali. Barillà per il gip che l'ha privato della libertà, per quanto i pm antimafia abbiano sottolineato la parentela col mammasantissima degli Araniti, non è il rappresentante politico della cosca. «Certamente», però, valuta il giudice, «instaurare relazioni politiche ed elettorali con Barillà significa, visto il suo legame di affinità con il capo cosca, allacciare rapporti con un'area territoriale che storicamente ricade sotto l'influenza mafiosa. È un dato non suscettibile di essere messo in discussione». E quindi, secondo il giudice, «chi allaccia rapporti con Barillà ben sa tuttavia del contributo che egli può ricevere, e anzi riceve, sul piano elettorale, dal potere mafioso esercitato dal suocero». A Reggio Calabria, insomma, tutti sanno dei legami di Barillà con gli Araniti. E lo sa anche Falcomatà che, sottolinea il gip, «ha stretto relazioni per il ballottaggio del 2020». L'incontro con Falcomatà al bar di Antonino Araniti, dove il candidato sindaco sarebbe arrivato con la Smart Coupè guidata da Barillà, è stato svelato ieri dalla Verità. Ma ci sono anche le telefonate. A partire dalla fase pre ballottaggio. Falcomatà sembra fidarsi delle valutazioni di Barillà. E gli chiede: «Senti, quanti votanti?». L'uomo delle tessere dem (nel cui circolo, quello di Gallico-Sambatello, è impresso nella storia il boom di iscrizioni del 2017, che costrinse il coordinatore provinciale ad annullare il tesseramento) risponde: «Secondo me voteranno meno persone, ma meno votano e meglio è». Più il ballottaggio si avvicina più il rapporto tra i due sembra intensificarsi. Incontro dopo incontro. Una cena viene perfino seguita dagli investigatori con un servizio di osservazione controllo e pedinamento. Falcomatà scende da una Fiat Tipo, Barillà dalla solita Smart. La coppia non passa inosservata. E con i suoi il genero del Duca sembra addirittura quasi giustificarsi. In un caso spiega che «portare in giro Falcomatà era solo per mostrargli l'impegno e i risultati che la macchina elettorale era in grado di garantire». Concludendo il discorso con un «e poi ci sediamo noi», che gli inquirenti interpretano così: «Successivamente si sarebbero seduti al tavolo che conta». Per incassare, probabilmente. Di certo Barillà riesce a spuntare un incarico nell'Organismo interno di valutazione che porta la firma del primo cittadino. «È una vicenda che, come sempre è accaduto in tutte le situazioni giudiziarie che ho dovuto affrontare in questi anni, chiarirò nelle sedi opportune, pienamente rispettoso dell'attività della magistratura, per la quale nutro piena fiducia», ha precisato Falcomatà, che è indagato, ma che per il gip non era consapevole «delle ragioni mafiose poste alla base della capacità di raccolta del consenso sul territorio». Insomma, per il gip il Falcomatà aveva scelto Barillà, non la cosca. E infatti nell'ordinanza viene evidenziata una certa differenza rispetto alla posizione di uno dei candidati al consiglio comunale: Peppe Sera, attualecapogruppo pd in Consiglio comunale. Questo, secondo il gip, «consapevole della decisiva influenza di Araniti». Che prima delle elezioni si presenta a casa del Duca personalmente definendo il gesto «un dovere». Ecco le sue parole: «Era mio dovere venire per un saluto». E quando il Duca risponde rassicurante con un «non vi preoccupate...», il candidato dem con una certa deferenza lo ringrazia: «Grazie... grazie di tutto...». E stando agli inquirenti «la diffusione della notizia circa la definita consacrazione elettorale di Sera da parte di Araniti determinerà la polarizzazione dei consensi da parte degli esponenti di spicco della cosca». «Peppe ce li ha i voti», afferma Barillà che, però, ha qualche dubbio sulla scelta di scendere in campo con il Pd. E valuta: «Ma se non si candida con chi vince questi voti se li mette nel culo. Se mi dicono a me di candidarlo nel Pd non ha dove andare». Di certo Barillà un certo peso specifico sul territorio ce l'aveva già da tempo. L'ordinanza riporta indietro le lancette dell'orologio ai tempi in cui Sebastiano «Seby» Romeo era il segretario regionale del Pd. All'epoca aveva offerto personalmente a Barillà di candidarsi alle comunali reggine del 2014 «perché», sottolinea il gip, «gli avrebbe fatto piacere averlo in consiglio». Ma Barillà probabilmente ha da sempre preferito il ruolo da Richelieu e rifiutò. Romeo doveva averlo già pesato il genero di Araniti. Tant'è che in una intercettazione proveniente da un vecchio fascicolo e trascritta nella nuova ordinanza, a proposito della possibile istituzione di un seggio per le primarie, afferma: «Attenzione a Sambatello, ragazzi... là è da Daniel, capito? Sei nella tana del lupo». Una tana dalla quale sono passati parecchi dem calabresi.
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)