Andrea Crisanti rompe il tabù: la profilassi a tappeto favorisce le mutazioni del virus. Come conferma la scoperta di un nuovo ceppo in India, Paese ad alto tasso di inoculati. Eppure in autunno ripartirà la corsa all’hub per fragili e anziani, con sieri già obsoleti.
Andrea Crisanti rompe il tabù: la profilassi a tappeto favorisce le mutazioni del virus. Come conferma la scoperta di un nuovo ceppo in India, Paese ad alto tasso di inoculati. Eppure in autunno ripartirà la corsa all’hub per fragili e anziani, con sieri già obsoleti.Ah, quindi non era colpa dei non vaccinati, di quelli che il governo aveva escluso dalla società, di quelli che morivano e facevano morire. Intervistato dal Fatto Quotidiano, Andrea Crisanti ha finito di rompere un altro tabù pandemico: le varianti, ha spiegato, le creano proprio gli inoculati. «È l’abc della genetica», ha detto il professore. «Il vaccino è una barriera contro il virus, che genera varianti in maniera casuale». Nel replicarsi, esso compie qualche errore di copiatura; fortuitamente, alcuni degli errori generano versioni più adatte a bucare le difese immunitarie; e queste, in base al meccanismo della selezione naturale, pian piano soppiantano le altre. Dunque, «la pressione selettiva esercitata sul virus è quella del vaccino». A essere onesti, Crisanti lo raccontò alla Verità già lo scorso dicembre, quando gli esperti da rotocalco e i media di regime, a sentire tali ovvietà, inorridivano: «Vaccinando tante persone», spiegava il microbiologo, «abbiamo modificato l’ambiente del virus. E questa spinta selettiva può avvantaggiare varianti che hanno una capacità di trasmissione maggiore». Come Omicron, allora appena scoperta in Sudafrica. E come i suoi ceppi derivati. L’ultimo è spuntato in India, ma si è già diffuso in Australia, Nuova Zelanda, Canada, Regno Unito e Germania: è Ba2.75 e, secondo Matteo Bassetti, un solo infetto con questa variante potrebbe contagiare 20 persone. Dettaglio: quando, nell’estate 2021, il Paese del Mahatma Gandhi sfornò la Delta, la velina di Stato voleva che la causa della mutazione fosse la carenza di vaccini nel Terzo mondo. Solo che, ormai, l’India ha recuperato terreno: stando alle statistiche di Our world in data, quasi il 66% della sua popolazione ha completato il ciclo completo e il 73% ha ricevuto almeno uno shot del farmaco anti Covid. Più o meno, sono i livelli dell’Italia nello stesso periodo dello scorso anno. Meglio di Turchia, Messico e Russia e appena sotto la civilissima Germania. È diventato difficile venderci la frottola della penuria di dosi…Già un anno fa, si espresse timidamente persino Roberto Burioni, ammettendo che «è la vaccinazione a tappeto a creare le condizioni nelle quali un virus resistente potrebbe emergere». La virostar di Fabio Fazio, però, invitava a non considerarlo «un effetto negativo dei vaccini», perché senza di essi il virus «troverebbe la strada libera verso il contagiare tutto il mondo». Visti i bollettini odierni e il panico da ondata, sono parole invecchiate malissimo. Ieri, l’unico che si è premurato di fornire una spiegazione alternativa è stato il numero uno dell’Aifa, Giorgio Palù, facendo riferimento a un’ipotesi già avanzata alla comparsa di Omicron: «Le varianti», ha risposto alla Stampa, «sono originate in Paesi […] dove ci sono ampie fasce di popolazione immunodepressa a causa di malattie come tubercolosi o l’Hiv. Ed è noto che più il virus persiste in un organismo che non ha difese immunitarie forti per combatterlo e maggiori sono le possibilità che muti». Tutto ciò, però, non ha a che fare con le vaccinazioni, specie se i medicinali che utilizziamo non sono mai stati sterilizzanti. È l’ennesimo esempio di una banalità che, quando reggeva l’epopea delle punturine, finiva nel calderone delle fake news, mentre ora fa opinione sui quotidiani mainstream. Il vero nodo è come reagire. Se è certo che la vaccinazione di massa contribuisce a modellare l’«ecosistema» in cui emergono ceppi contagiosi, il danno è comunque limitato. Proprio Palù ha sottolineato che, in genere, più il virus diventa trasmissibile, meno risulta aggressivo. Tutto prevedibile: la tendenza è a un equilibrio in cui l’ospite indesiderato smette di minacciare la vita dell’organismo in cui prolifera. Le versioni più patogene muoiono insieme agli sfortunati che si sono infettati; quelle più benigne si moltiplicano. È la famosa «convivenza con il virus», l’endemizzazione, che doveva rappresentare la nostra strategia principale e che, invece, continua a essere subordinata a perniciose utopie di mitigazione - il Covid (quasi) zero.Il guaio rimane per anziani e fragili. Il vaccino aggiornato, come ha riconosciuto il presidente dell’Aifa, genera anticorpi contro la prima versione di Omicron, ma molti meno per Omicron 5 e non si sa quanti per il nuovissimo ceppo indiano. La stessa Pfizer, peraltro, ha confessato che non è stato stabilito alcun «correlato di protezione»: la società, in sostanza, ignora se gli anticorpi stimolati immunizzino sul serio. Non sono le premesse ideali per la campagna di richiami autunnale, che Roberto Speranza vorrebbe allargare a una platea più ampia dei soli soggetti a rischio complicanze. Magari, il problema delle varianti non sarà colpa del vaccino, come ci teneva a rimarcare Burioni; ma di sicuro il vaccino non è in grado di risolverlo. Quello che pretendono di rifilarci a intervalli di circa quattro mesi somiglia al comunismo: funziona meglio in teoria che in pratica e, se nella realtà fa cilecca, è solo perché non ce n’è ancora abbastanza. Forse per questo piace al compagno ministro.
Getty images
Per intercettare dei mezzi piuttosto lenti la risposta occidentale è stata sproporzionata.
Getty images
Starmer, Merz e Macron parlano da capi della Nato: «Rinforzare le difese». A Vilnius il comandante Alexus Grynkkewich: «L’art.5 può scattare». Pietro Parolin: «Temo l’escalation».
La madre dell’uomo: «Non andava liberato». Il Gop vuol rimuovere la toga responsabile.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 12 settembre con Flaminia Camilletti