2023-11-08
Gli Stati Uniti stoppano Netanyahu su Gaza
Benjamin Netanyahu (Ansa)
Il premier israeliano esclude il cessate il fuoco senza la liberazione degli ostaggi, ma fa timide aperture alle pause umanitarie. Dal dipartimento di Stato Usa arriva però la bordata: «La Striscia è terra palestinese, non sosteniamo la sua rioccupazione».Antonio Tajani al G7: «Dobbiamo aiutare la popolazione coinvolta, ma Hamas è un’altra cosa».Lo speciale contiene due articoli.È il 7 novembre, ore 20.10 locali. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu parla nuovamente alla nazione, questa volta in occasione del primo mese di guerra con Hamas. Nel pomeriggio in un’intervista alla Abc, aveva detto: «Israele avrà la responsabilità generale della sicurezza a Gaza» per «un periodo indefinito». «Abbiamo visto cosa succede quando non ce l’abbiamo», ha aggiunto il premier israeliano, «cioè l’esplosione del terrore di Hamas su una scala che non potevamo immaginare». Inoltre non ci sarà nessun «cessate il fuoco» senza il rilascio degli ostaggi da parte di Hamas. Concetto che ribadirà nel discorso serale: «Ribadisco e lo dico sia ai miei amici, sia ai miei nemici: non avremo un cessate il fuoco senza gli ostaggi liberi». Timide aperture, invece, per «piccole pause tattiche, un’ora qui, un’ora là», al fine di «consentire l’arrivo di beni umanitari o il rilascio di singoli ostaggi».Mentre Netanyahu si rivolge alla nazione, un’agenzia di stampa rompe gli equilibri fin lì certi. «Il nostro punto di vista è che i palestinesi devono essere in prima linea in queste decisioni», commenta un portavoce del dipartimento di Stato americano, «Gaza è terra palestinese e rimarrà terra palestinese. In generale, noi non sosteniamo la rioccupazione di Gaza e nemmeno Israele». Con quel «nemmeno Israele» sembra sconfessare Netanyahu, come se le decisioni che stesse prendendo non fossero il frutto della volontà israeliana. Ipotesi naturalmente da confermare. Netanyahu si rivolge poi a Hezbollah: «Se si unirà alla guerra, farà l’errore della sua vita». Probabilmente sordo all’opposizione Usa, nel suo discorso il premier afferma di essere in «contatto continuo» con il presidente Usa Joe Biden e che Israele apprezza il sostegno da parte sua e degli Stati Uniti. Poi Netanyahu promette ancora una volta di «distruggere completamente» la capacità di Hamas di controllare la Striscia di Gaza: «Il mio è un invito ai cittadini di Gaza: per favore andate a Sud. Completate lo spostamento verso Sud perché Israele non si fermerà».Nelle ore precedenti il leader centrista Benny Gantz, incontrando gli abitanti israeliani che confinano con la Striscia di Gaza, aveva precisato: «Gaza non sarà cancellata, resterà là con Khan Yunes e Rafah anche il giorno dopo», cioè alla conclusione della guerra. «Ma noi», ha aggiunto, «faremo in modo che da là non provengano più minacce, e che possiate dunque tornare alle vostre case». Stesso concetto ribadito anche dal ministro della Difesa, Yoav Gallant: «Non ci sarà alcuna minaccia alla sicurezza di Israele da parte di Gaza, e Israele manterrà completa libertà di azione, per rispondere a qualsiasi situazione nella Striscia che rappresenti una minaccia», aggiungendo che «alla fine di questa campagna, Hamas, come organizzazione militare o organo di governo a Gaza, cesserà di esistere». Il titolare della Difesa ha poi definito Gaza «la più grande base terroristica che l’umanità abbia mai costruito». Le forze di difesa israeliane sono decenni che non combattono così, nel cuore di Gaza City. Yaron Filkelman, il comandante del fronte Sud di Israele ha detto: «Siamo nel cuore del terrore. Questa è una guerra complessa e difficile e sfortunatamente ha i suoi costi». Il bilancio delle vittime ha superato i 10.000 morti. L’Idf continua a facilitare l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza: 665 camion sono entrati nella Striscia di Gaza attraverso il valico di Rafah. Oltre 3.000 tonnellate di cibo, 1.720 tonnellate di attrezzature mediche, più di 600 tonnellate di attrezzature per ricoveri temporanei. Infine superato 1,15 milioni di litri d’acqua. Ieri è anche aumentato il numero di sfollati in movimento da Gaza verso l’Egitto. Almeno 320 cittadini stranieri e persone a loro carico sono passati attraverso il varco di Rafah. Il ministero degli Esteri giordano ha detto che 262 giordani sono stati evacuati ieri, su un totale di 569 rimasti bloccati a Gaza in seguito allo scoppio dei combattimenti. Hamas ha poi dichiarato che sarebbe stata pronta a rilasciare 12 ostaggi con cittadinanza non israeliana. Ad impedirlo sarebbe stata «l’occupazione» israeliana della Striscia di Gaza. Secondo il New York Times 24 ostaggi thailandesi detenuti a Gaza saranno i prossimi ad essere rilasciati poiché «non hanno nulla a che fare con la guerra».Ma è in Libano che si è concentrata la battaglia di ieri. L’esercito israeliano ha dichiarato di aver individuato circa 20 razzi lanciati da lì e ha reagito attaccando le basi di Hezbollah con il fuoco d’artiglieria, per poi alzare in volo anche i bombardieri. Alcuni di questi avrebbero sorvolato anche la capitale, Beirut, secondo l’agenzia di notizie libanese Nna- National news agency. Boati ed esplosioni si sono sentiti anche sulle Alture del Golan. Un’area non lontana dal Sud del Libano contesa tra Siria e Israele. Secondo le fonti, le esplosioni sono state udite sulle pendici del Monte Hermon (Jabal Shaykh), poco lontano dalla cittadina drusa di Majdal Shams, nel territorio che Israele ha annesso nel 1981. Ma le sirene israeliane hanno suonato anche ad Ashdod e nelle comunità meridionali vicine in Israele.Operazioni militari che si sviluppano anche fuori dai confini dei due Paesi. Una base militare Usa nella Siria sud-orientale è stata attaccata da milizie irachene filo-iraniane, operative al confine tra Siria e Iraq. Mentre la tensione continua a salire ad aggiungerne altra ci si mette una fake news: si diffonde la voce di un attentato nei confronti del presidente palestinese Abu Mazen. Una fonte di governo smentisce subito: la notizia è infondata.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/gaza-usa-israele-2666179449.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-tagliagole-negano-levidenza-il-7-ottobre-colpiti-solo-militari" data-post-id="2666179449" data-published-at="1699398810" data-use-pagination="False"> I tagliagole negano l’evidenza: «Il 7 ottobre colpiti solo militari» Contro ogni evidenza ieri il numero due dell’ufficio politico di Hamas, Moussa Abu Marzouk, ha negato che nell’attacco a Israele del 7 ottobre siano stati presi di mira civili. Marzouk lo ha detto alla Bbc: «Il leader dell’ala militare delle Brigate Qassam di Hamas aveva ordinato chiaramente ai suoi combattenti non uccidere una donna, non uccidere un bambino e non uccidere un vecchio, e così sono stati presi di mira e uccisi solo riservisti e soldati». Il giornalista lo ha incalzato, evidenziando le numerose prove raccolte che dimostrano il contrario, ma Marzouk non ha saputo rispondere. Nelle stesse ore l’Iran torna ad attaccare Israele e non solo con le parole del segretario dell’Alto consiglio dell’Iran per i Diritti umani, Kazem Gharibabadi: «Il regime sionista continua a commettere crimini contro i palestinesi nella Striscia di Gaza ma non commette questi crimini da solo», ha affermato, aggiungendo che Israele ha «una storia di crimini che dura da 75 anni» e che nell’ultimo mese a Gaza ha commesso «crimini contro l’umanità che equivalgono a crimini di guerra». Negli Stati Uniti addirittura si parla di genocidio. Lo ha fatto la democratica Rashida Tlaib, la prima deputata di origine palestinese eletta al Congresso. Venerdì scorso ha postato un video sulle piattaforme social in cui accusava la Casa Bianca di sostenere il genocidio palestinese. L’Autorità nazionale palestinese intanto accusa Israele di approfittare della guerra per modificare i confini della Cisgiordania grazie ad uno sfollamento forzato. Il portavoce della Casa Bianca, John Kirby, ha detto che l’amministrazione Biden «non minimizza», ma «non si può guardare a ciò che sta accadendo a Gaza e dire che rientra nella definizione di genocidio. E chiaramente non siamo d’accordo con questa descrizione. Pensiamo che sia un modo irresponsabile di descrivere la situazione». Insomma il mondo si divide tra chi sostiene il diritto alla difesa di Israele e chi invece sostiene la causa palestinese anche se portata avanti da terroristi. Numerosi i vertici e i bilaterali che si stanno tenendo e organizzando in questi giorni per evitare l’escalation della crisi. Nel primo incontro tra il ministro degli esteri israeliano Eli Cohen e il neo ambasciatore Usa Jack Lowe, Cohen ha ribadito che Israele «non si fermerà e non rimarrà in silenzio fino a quando tutti i rapiti non torneranno sani e salvi dalle loro famiglie». Il loro rilascio - ha aggiunto - è una priorità nazionale, insieme all’eliminazione del regime di Hamas a Gaza. Secondo Haaretz sarebbe possibile un incontro nei prossimi giorni tra il leader di Hamas Ismail Haniyeh e il presidente Erdogan in Turchia, mentre ieri è saltata la visita in programma in Israele del presidente ucraino Volodomyr Zelensky a causa della fuga di notizie circa i suoi spostamenti. Fonti diplomatiche israeliane affermano che il viaggio è ancora previsto, ma al momento non esiste una data. Il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi ha ricevuto ierii al Cairo William Burns, direttore della Cia cui ha chiesto un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Si è parlato della crisi anche nel primo giorno del G7 dei ministri degli Esteri in Giappone. Come G7, ha detto Antonio Tajani, «siamo tutti d’accordo ad aiutare il popolo palestinese. Hamas è un’altra cosa, è un’organizzazione terroristica che va combattuta e Israele fa bene a colpirla. Ovviamente va tenuta fuori la popolazione palestinese che nulla a che vedere con Hamas e che anzi Hamas utilizza come scudi umani». C’è l’ipotesi «ragionevole» di «pause militari per permettere alla popolazione civile di uscire dalle aree di conflitto». Il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, dopo l’incontro a Bruxelles con il re di Giordania ha scritto sui social: «Chiediamo pause e corridoi umanitari per garantire gli aiuti e il rilascio di tutti gli ostaggi senza condizioni».
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