2022-06-15
Gasdotto israeliano e Nato del Sud. Sul piano di Draghi c’è l’incognita Usa
Il premier a Gerusalemme invoca negoziati, corridoi del grano e Ucraina nell’Ue. Roma lavora per sbloccare Eastmed e rilanciare il ruolo italiano nel Mediterraneo e in Libia. Ma pesano l’ostilità turca e i dubbi di Joe Biden.È stato un colloquio caloroso, quello di ieri a Gerusalemme tra Mario Draghi e il premier israeliano, Naftali Bennett. I due leader hanno parlato di processo diplomatico in Ucraina, crisi alimentare e questione energetica. «Voglio ringraziare il governo israeliano per il suo sforzo di mediazione in questa crisi. Il governo italiano continua a lavorare perché si giunga quanto prima a un cessate il fuoco e a negoziati di pace, nei termini che l’Ucraina riterrà accettabili», ha detto Draghi. «Abbiamo discusso anche del rischio di catastrofe alimentare dovuta al blocco dei porti del Mar Nero», ha aggiunto, sottolineando la necessità «di contrastare l’antisemitismo». Draghi è anche tornato ad auspicare un ingresso di Kiev nell’Ue. «Farò tutto il necessario per portare i rapporti tra Israele e Italia a nuove vette», ha detto Bennett, annunciando che si terrà un vertice intergovernativo. È tuttavia sul dossier energetico che si è concentrata principalmente l’attenzione. «Israele potrà aiutare l’Europa e l’Italia producendo gas naturale e queste sono ottime notizie per il mondo», ha detto Bennett. «Con Israele, sul fronte energetico, lavoriamo insieme nell’utilizzo delle risorse di gas del Mediterraneo orientale e per lo sviluppo di energia rinnovabile. Vogliamo ridurre la nostra dipendenza dal gas russo e accelerare la transizione energetica verso gli obiettivi climatici che ci siamo dati», ha affermato Draghi: una linea, questa, ribadita da Ursula von der Leyen, anche lei in visita ieri in Israele. L’inquilino di Palazzo Chigi, che prima dell’incontro con Bennett aveva effettuato una visita allo Yad Vashem, ha avuto poi un vertice con il primo ministro palestinese, Mohammad Shtayyeh, per siglare sei accordi di sviluppo da 17 milioni di euro. Sotto il profilo dell’approvvigionamento energetico, pare sia imminente un accordo di fornitura di gas israeliano all’Ue attraverso la sponda dell’Egitto: proprio a questo è finalizzato un incontro previsto per oggi al Cairo tra alti funzionari israeliani, europei ed egiziani. Pur trattandosi di una buona soluzione nel breve termine, non va trascurato che l’Egitto intrattiene solidi legami con Mosca. Ragion per cui, nel lungo termine, l’opzione migliore resta probabilmente quella di Eastmed: gasdotto che da Israele arriverebbe in Puglia, passando per Cipro e Grecia. Tale opera non solo garantirebbe una significativa fornitura di gas al nostro Paese, ma avrebbe anche il vantaggio di vedere coinvolti tutti attori democratici. Eppure si scorgono delle resistenze. La Turchia non vede di buon occhio questo gasdotto perché teme di restare isolata, avvantaggiando greci e ciprioti. Freddezza arriva anche da Washington. Se l’amministrazione Trump si era detta favorevole al progetto, Joe Biden è molto più scettico sia perché non vuole irritare Ankara sia a causa delle manie ecologiste di John Kerry. Il governo Draghi ha fatto invece capire di essere interessato al gasdotto, come testimoniato da una visita in Israele del ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, lo scorso aprile. Il nostro premier deve quindi riuscire a trovare una quadra tra esigenze opposte. Da una parte, punta a coordinare, con la sponda franco-tedesca, un fronte turco e israeliano che spinga la Russia verso la linea negoziale. Da questo punto di vista, vale la pena ricordare gli stretti legami tra Ankara e Mosca su vari dossier, oltre al coordinamento tra Israele e Russia in Siria per colpire i miliziani filoiraniani. Non bisogna poi dimenticare che, a inizio luglio, è previsto un vertice tra Italia e Turchia. Dall’altra parte, Roma ha bisogno di controbilanciare le mire egemoniche di Ankara nel Mediterraneo. Tayyip Erdogan ha infatti appena proposto di prorogare per 18 mesi la presenza di truppe turche in Libia: quello stesso Erdogan che, ad aprile 2021, ha rinnovato il controverso trattato marittimo siglato con Tripoli nel 2019, irritando Grecia e Cipro. Il sultano ha inoltre polemizzato pochi giorni fa di nuovo con Atene, intimandole di smilitarizzare le isole dell’Egeo. Infine, pur a fronte di qualche schiarita diplomatica, i rapporti della Turchia con Israele restano complicati. Al di là del ben noto dossier Hamas, Erdogan ha ricevuto di recente ad Ankara Nicolas Maduro (che, oltre a non essere esattamente un fautore di Israele, ha appena siglato un accordo ventennale di cooperazione con Teheran), mentre ieri la Turchia ha risposto piccata a un avvertimento dello Stato ebraico, che esortava i cittadini israeliani ad abbandonare Istanbul a causa di minacce terroristiche iraniane. In tal senso, la rilevanza di Eastmed non è da considerarsi solo in chiave energetica. Se dovesse concretizzarsi, tale progetto necessiterebbe di un piano per la sicurezza del Mediterraneo. In quest’ottica, l’Italia potrebbe svolgere un ruolo centrale, soprattutto se venisse adeguatamente rafforzato il fianco meridionale della Nato. Washington dovrebbe d’altronde capire di non potersi fidare né della Francia (che spalleggiò il filorusso Khalifa Haftar in Libia) né della Turchia, che, al di là degli ambigui legami con Mosca, ha posto il veto sull’ingresso di Svezia e Finlandia nell’Alleanza atlantica solo per massimizzare i propri interessi. Poi, che Roma miri a un proprio rilancio nel Grande Medio Oriente è testimoniato anche dalla «Strategia di sicurezza e difesa per il Mediterraneo», presentata dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini. Leadership nel fianco Sud della Nato e semaforo verde a Eastmed: è questo che l’Italia dovrebbe urgentemente chiedere alla Casa Bianca. È da qui che passa il nostro interesse nazionale.
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco