2025-10-29
Nuovi indizi della Procura su Sempio: atti riservati e «contanti per le carte»
Andrea Sempio e Luciano Garofano (Ansa)
Dal Riesame emergono le contraddizioni sui rapporti (negati) tra l’indagato per l’omicidio di Chiara e uno degli investigatori. Nel verbale del 2 ottobre il superconsulente della famiglia di Andrea «scarica» i legali.Mentre Andrea Sempio parla con il papà Giuseppe di uno dei suoi difensori, l’avvocato Federico Soldani, sembra gongolare. Il 10 febbraio 2017 è appena uscito dal suo interrogatorio in Procura e afferma che il legale «ha apprezzato» la sua «dose di freddezza e cinismo». Due qualità che, in questa storia, sembrano intrecciarsi spesso. Soldani, finora protagonista silenzioso nell’inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi in cui Sempio è indagato, adesso diventa centrale in una recente informativa della Squadra omicidi dei carabinieri del Nucleo investigativo di Milano. E per capire le ragioni della particolare attenzione che gli dedicano gli inquirenti bisogna partire dalle parole che ha fatto mettere a verbale lo scorso 26 settembre Daniela Ferrari, madre di Sempio: «Soldani […] intorno al 27 o 28 dicembre 2016, ha chiesto telefonicamente a mio marito subito una cifra in contanti di 2.000 euro. Ci ha detto che con lui avrebbe collaborato anche l’avvocato Grassi (Simone, ndr)».Però, proprio quest’ultimo, evidenziano i carabinieri, il 29 settembre, al Tg1, ha spiegato che lui e il collega Soldani erano «stati effettivamente ripagati con l’esposizione mediatica che questa vicenda ha portato». Per gli investigatori, con tale frase, il legale, «implicitamente riferiva che né l’avvocato Soldani, né lui avevano percepito alcun compenso in denaro».La mamma di Sempio, però, racconta un’altra verità: «Ci dicevano (gli avvocati, ndr) che (i soldi, ndr) servivano per avere le carte».Quelle «carte», sospettano gli investigatori, sarebbero atti riservati dell’indagine, fascicoli che i Sempio non potevano e non dovevano possedere. «Il denominatore comune in questa vicenda», scrivono i carabinieri, sarebbe proprio Soldani, «il quale intrattiene secondo Andrea Sempio (sul punto esiste evidentemente qualche intercettazione non ancora divulgata, ndr), i rapporti con Sapone (Silvio, ex comandante dell’aliquota dei carabinieri presso la Procura di Pavia, ndr) e si fa consegnare il contante per prendere le carte». Un’ipotesi che porta in scena il sopracitato Sapone. Il quale, a verbale, ha dichiarato: «Io non ho mai parlato con Sempio. Non conosco nessuno della famiglia Sempio». Per i carabinieri, «le dichiarazioni del luogotenente vengono smentite dai dati oggettivi che emergono dalle copie forensi eseguite a seguito delle perquisizioni del 14 maggio 2025 e dalle indagini del 2017». il telefono di sempioNel telefono di Sempio, infatti, è emerso che era «rubricata un’utenza telefonica sotto il nome di Sapone». Dall’analisi dei tabulati telefonici, inoltre, «emerge», scrivono i carabinieri, «che in data 21 gennaio 2017 dalle ore 10:33 alle ore 12:46 l’utenza di Sapone prova a contattare per quattro volte l’utenza di Sempio». Chiamate intervallate con quelle che Sempio fa al solito avvocato Soldani. «Queste evidenze oggettive», segnalano i carabinieri, «non solo dimostrano che il contatto tra Sapone e Sempio c’era stato, ma che Sapone nel corso della sua escussione testimoniale l’ha oggettivamente taciuto, negando ogni contatto con la famiglia Sempio o con i legali». Ma c’è un’altra anomalia. Quelle chiamate non risultano nell’annotazione del 30 gennaio 2017 redatta dal maresciallo Giuseppe Spoto, che avrebbe dovuto esaminare i tabulati. Un buco inspiegabile. Che gli investigatori hanno cercato di colmare. E nelle ulteriori perquisizioni i carabinieri hanno scoperto che «nella disponibilità della famiglia» c’erano documenti alla base dell’esposto presentato da Elisabetta Ligabò (la mamma di Alberto Stasi) che i Sempio avrebbero ottenuto a loro volta «senza nessuna apparente e legittima forma». Un passaggio che, secondo chi indaga, sarebbe confermato «dalla consulenza, effettuata e mai depositata, del generale Luciano Garofano (consulente della famiglia Sempio, ndr) che si basa sulla contrapposizione della consulenza Linarello-Fabbri». Un documento che i Sempio «non potevano avere prima dell’8 febbraio 2017».convocato garofanoProprio per chiarire questo mistero, il 2 ottobre scorso, Garofano è stato convocato negli uffici del Nucleo investigativo dei Carabinieri di Milano. Di fronte a lui il comandante del Reparto operativo, il colonnello Antonio Coppola, affiancato dal comandante del Gico della Guardia di finanza di Brescia, il tenente colonnello Mazzarella, e dal comandante del Gruppo della Guardia di finanza di Pavia, il maggiore Pietro D’Angelo. L’ex comandante del Ris di Parma è stato sentito per circa un’ora.I militari, alla fine dell’audizione, inviano alla pm bresciana Claudia Moregola il verbale con una nota di accompagnamento che riassume quanto riferito dal generale.«La necessità di tale audizione scaturiva dal rinvenimento e sequestro di una consulenza tecnica a sua firma datata 27 gennaio 2017, trovata nel corso della perquisizione svoltasi il 26 settembre 2025 presso l’abitazione della famiglia Sempio a Garlasco».Una relazione che la difesa dell’indagato non ha mai depositato.«All’esito dell’istruttoria testimoniale il generale Garofano riferiva di esser stato contattato dai legali di Sempio (avvocati Massimo Lovati, Soldani e Grassi), o dai Sempio stessi, che gli chiedevano una sua nomina come consulente». Garofano ha riferito di «avere avuto esclusivi contatti con l’avvocato Soldani e che fu lo stesso legale, in data 11 gennaio 2017 a inviargli via mail una prima parte della documentazione necessaria». Questa «consisteva in alcune elaborazioni (sul materiale estratto dai margini ungueali di Chiara Poggi) confluite nella relazione peritale che il professor Francesco De Stefano fece nell’ambito del processo di “Appello bis” ad Alberto Stasi».la mail di soldaniIl 13 gennaio 2017 il generale Garofano avrebbe ricevuto via mail dall’avvocato Soldani l’esposto degli avvocati Fabio Giarda e Giada Bocellari, difensori di Alberto Stasi, documento «corredato dalle consulenze di parte dei dottori Matteo Fabbri e Pasquale Linarello nonché dalla relazione della società Skp Investigazioni».Garofano ha raccontato di aver fatto il prelievo salivare in un hotel (un documento agli atti attesta che ciò accadeva il 30 dicembre 2016) e di avere spedito il campione a un laboratorio di Orbassano il 9 gennaio 2017.Ma leggiamo qualche virgolettato del generale, in particolare quelli dove scarica i suoi clienti. L’argomento più delicato riguarda le comunicazioni con i legali di Sempio: «Vi consegno la documentazione attestante uno scambio di mail con l’avvocato Soldani che l’11 gennaio mi inviava in allegato tutta la documentazione relativa alla perizia De Stefano». Gli investigatori domandano all’ex collega se abbia ricevuto altri atti e la risposta è affermativa e fa riferimento sempre a file inviati da Soldani, questa volta il 13 gennaio: «Alle 19:49 mi allegava la documentazione relativa all’istanza degli avvocati Giarda e Bocellari depositata il 13 dicembre 2016 alla Procura generale di Milano, corredata dalla consulenza Fabbri-Linarello che includeva anche la relazione della società investigativa».il report del consulenteDue settimane dopo Garofano avrebbe inviato la sua consulenza ai tre legali che gli avevano conferito l’incarico: «Il 27 gennaio ricevevo la mail dell’avvocato Soldani che, ringraziandomi della consulenza fatta, mi chiedeva di poter comparare il profilo genetico del tampone da me fatto ad Andrea Sempio con il profilo estrapolato dal materiale acquisito dalla società investigativa, spiegandomi che avevano dubbi sulla genuinità».Ma Garofano verificò che, invece, il dna raccolto dagli investigatori privati era proprio quello di Sempio: «Feci la comparazione e riscontrai l’esatta corrispondenza dell’Y». Il consulente, a verbale, fa sapere che quel confronto non venne inserito nel suo lavoro. E aggiunge che il 2 aprile 2017, ad archiviazione ottenuta, aveva mandato ad Andrea Sempio la fattura e due giorni dopo il giovane aveva saldato con bonifico.Quando gli chiedono se abbia altro da aggiungere, il testimone scarica completamente gli ex avvocati di Sempio: «Vorrei precisare che in questi giorni, a seguito della gogna mediatica, mi sono domandato se la documentazione che avevo avuto modo di ottenere dagli avvocati fosse detenuta legalmente e non si trattasse, invece, di documentazione coperta da segreto. Questa mia domanda l’ho formulata via mail all’avvocato Soldani e l’ho reiterata anche con messaggio Whatsapp. Ovviamente l’avvocato, a oggi, non mi ha risposto».Garofano ne ha anche per Lovati: «Nell’ambito dell’attuale nomina, dalla quale poi mi sono dimesso, l’avvocato Lovati mi chiese se fosse il caso di depositare la mia consulenza del 2017. Io, che ero convinto che ciò fosse avvenuto già otto anni fa, chiesi come mai non fosse stata depositata, ma lui mi disse che non aveva ritenuto utile consegnarla». Forse perché sapeva che la documentazione allegata non era stata raccolta in modo lecito? Questo Garofano non lo specifica, ma il suo racconto prosegue: «Lovati mi ha chiesto di depositarla ora, ma io mi sono opposto, perché quella consulenza era da aggiornare anche a fronte delle nuove ricerche che erano state realizzate da Ugo Ricci e dal professor Carlo Previderè».Dalle carte emerge quanto a Brescia questo procedimento che vede indagato per corruzione in atti giudiziari l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti sia ritenuto delicato. Il 3 settembre la pm Moregola, in vista delle perquisizioni del 26 aveva chiesto l’applicazione al fascicolo del suo capo Francesco Prete con queste parole: «Dal momento che nei prossimi giorni dovranno essere eseguite articolate attività di indagine che avranno verosimilmente ampia eco mediatica, anche alla luce della particolare delicatezza della vicenda investigata e del collegamento di altra rilevante indagine della Procura di Pavia, Le chiedo di voler valutare l’opportunità di coassegnazione del procedimento».Infine, nelle carte depositate a Brescia, c’è un altro documento interessante, che questa volta può essere considerato a favore di Venditti. Infatti il 27 luglio 2022 l’avvocato di Stasi, Antonio De Rensis, chiede alla Procura di Pavia, dove dal 2021 si è insediato come capo Fabio Napoleone, copia degli audio delle intercettazioni effettuate nei confronti di Sempio e dei suoi famigliari nel 2017, «in quanto risultano di rilevante interesse per l’attuale difesa, in considerazione del contenuto dei brogliacci».Napoleone annota , a margine dell’istanza: «Si delega il collega Venditti». Il quale, invece, di fare melina come ci si aspetterebbe da un corrotto, dà subito il via libera: «Si proceda a ricercare in archivio i supporti informatici delle intercettazioni in questione». E, una volta trovati, aggiunge, sulla stessa richiesta: «V. autorizza il rilascio di copia dei supporti informatici al richiedente». Tutto nel giro di poche ore.
Benjamin Netanyahu (Ansa)