2025-03-08
«Il trend delle gambe nude ci mette in crisi»
Il presidente della sezione Intimo, calze & beachwear di Confindustria William Gambetti: «Questa tendenza ha inciso molto negativamente sul nostro settore. Paghiamo la corrente il doppio rispetto a Francia e Spagna: questo fa paura, non i dazi di Trump. Riflettiamo sul nucleare».Cento anni, e non sentirli. Una storia antica che ha davanti a sé un futuro di grande espansione. Il Distretto della calza di Castel Goffredo, a cavallo delle provincie di Mantova e Brescia (con una predominanza mantovana), compie gli anni e guarda avanti. «Centro del distretto è l’Alto mantovano ma coinvolge la parte del Basso bresciano. La parte mantovana è specializzata nella calza leggera, da donna, quella bresciana in quella pesante e da uomo», racconta alla Verità, William Gambetti, presidente nazionale della sezione merceologica Intimo, calze & beachwear di Confindustria Moda e presidente e ad delle imprese Bbf Gambetti e Duelegs. Quale è stata la partenza? «Nel 1924/25, da Milano, arrivò Delfino Eoli, l’imprenditore italiano pioniere nell’industrializzazione dell’area che diventerà famosa come Distretto della calza di Castel Goffredo. Dopo aver passato diverso tempo in Germania, a Chemnitz, dove lavorò per circa tre anni come meccanico in un’industria tessile apprendendo la tecnica delle macchine a telaio per la produzione di calze in cotone, quelle cucite dietro per intenderci, al suo ritorno decise, insieme al fratello Oreste e all’ingegner Achille Nodari, di impiantare il primo calzificio italiano dal nome No.e.mi che non era altro che l’anagramma dei loro nomi con l’aggiunta di Milano, visto che da lì venivano». Perché hanno scelto il territorio mantovano? «La zona aveva due peculiarità: prima di tutto era considerata una zona d’investimenti a costi minori e poi c’era disponibilità di mano d’opera. Senza dimenticare il territorio pianeggiante, il buon clima, la vicinanza al Lago di Garda: per i milanesi aveva un senso. Era finita da qualche anno la Prima guerra mondiale, c’era tutto da ricostruire e decisero di partire, subito alla grande. Nel giro di poco tempo il calzificio arrivò a 500 persone». E con la Seconda guerra mondiale, che accadde? «Si è bloccato tutto. In realtà l’azienda rallentò ma non si fermò, però il dopoguerra fu molto difficoltoso. In compenso tutte le persone che avevano lavorato alla No.e.mi erano diventate esperte del prodotto e questo fu il motivo per cui, alla fine degli anni Cinquanta, partirono molti calzifici a Castel Goffredo, dai più grandi ai più piccoli. Le storie sono tutte le stesse: i figli dei contadini che avevano lavorato in azienda avevano messo da parte qualche soldo anche grazie all’agricoltura. Hanno venduto i campi potendo, così, acquistare i macchinari. E, piano piano, partire». Quale è stato il momento di massima espansione? «Alla fine degli anni Ottanta e primi anni Novanta. Nel 1989 la caduta del Muro di Berlino è stata una manna per il distretto perché si è aperto il mercato russo, che prima non c’era. Gli americani le calze se le facevano da soli e poi l’America era lontana. Parliamo di milioni e milioni di pezzi. Quando, poi, è arrivata la microfibra, tutto è cambiato. Leader dei macchinari è sempre stato il gruppo bresciano Lonati che ha sviluppato il filato. Noi siamo veramente a chilometro zero. Tutti ricordiamo l’arrivo di Kim Basinger nel 1991 alla Golden Lady. Un successo planetario: già producevamo, come distretto, per l’estero ma il mercato italiano era così fondamentale che ancora in pochi si spostavano oltre confine. È arrivata anche la Cina, che non è un competitor diretto perché il collant cinese non ha nulla a che fare con quello italiano per una questione di qualità».Il periodo più duro? «Il momento più difficile è recente, dopo il Covid l’economia della manifattura ha visto nero. La calza, in questi anni, era diventata un prodotto per uscire a cena la sera e per andare al lavoro. Al lavoro non ci si andava più e men che meno si andava fuori la sera, perciò il nostro settore è stato messo in ginocchio». E il distretto? «Qui ci sono tutte le fasi della produzione, dal filo alla tessitura, l’assemblaggio, la cucitura in punta e all’interno del cavallo per diventare collant, la fase di tintura e di fissaggio fino al confezionamento. C’è tutta la filiera della calza. Questa è una delle caratteristiche del distretto che coinvolge 15 Comuni in prima battuta oltre ad altri undici». Le ultime collezioni della Fashion Week per il prossimo inverno vedono calze su quasi tutte le passerelle, per fortuna. Ma quanto la moda delle gambe nude ha inciso sulla produzione? «Molto negativamente. A inizo anni Duemila ero presidente del Sistema moda, sezione calze, e in quel ruolo rappresentavo l’Europa nella più grande manifestazione di calze e intimo americana. Prima che salissi sul palco per il mio primo speech in inglese, io trentenne alla mia prima esperienza, esce la notizia a tutta pagina sulla più importante rivista di moda femminile, che uno dei più grandi brand italiani aveva tolto le calze dalle passerelle. Era febbraio 2000 e da lì tutti, stilisti e design, hanno seguito il filone. Da quel momento le ragazze, d’inverno, avevano le dita dei piedi viola dal freddo».Come è la situazione oggi? «Il problema è che noi siamo aziende energivore e le bollette sono altissime. Pago la corrente il doppio del mio vicino francese e spagnolo. Tutti hanno paura dei dazi americani e non dei costi dell’energia mentre è quello che dovrebbe davvero fare paura. Abbiamo deciso di abbandonare il nucleare con il referendum del 1987, paghiamo l’energia un’assurdità. Oggi, quindi, bisogna fare delle riflessioni».
Kim Jong-un (Getty Images)
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È stato pubblicato sul portale governativo InPA il quarto Maxi Avviso ASMEL, aperto da oggi fino al 30 settembre. L’iniziativa, promossa dall’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali (ASMEL), punta a creare e aggiornare le liste di 37 profili professionali, rivolti a laureati, diplomati e operai specializzati. Potranno candidarsi tutti gli interessati accedendo al sito www.asmelab.it.
I 4.678 Comuni soci ASMEL potranno attingere a queste graduatorie per le proprie assunzioni. La procedura, introdotta nel 2021 con il Decreto Reclutamento e subito adottata dagli enti ASMEL, ha già permesso l’assunzione di 1.000 figure professionali, con altre 500 selezioni attualmente in corso. I candidati affrontano una selezione nazionale online: chi supera le prove viene inserito negli Elenchi Idonei, da cui i Comuni possono attingere in qualsiasi momento attraverso procedure snelle, i cosiddetti interpelli.
Un aspetto centrale è la territorialità. Gli iscritti possono scegliere di lavorare nei Comuni del proprio territorio, coniugando esigenze professionali e familiari. Per gli enti locali questo significa personale radicato, motivato e capace di rafforzare il rapporto tra amministrazione e comunità.
Il segretario generale di ASMEL, Francesco Pinto, sottolinea i vantaggi della procedura: «L’esperienza maturata dimostra che questa modalità assicura ai Comuni soci un processo selettivo della durata di sole quattro settimane, grazie a una digitalizzazione sempre più spinta. Inoltre, consente ai funzionari comunali di lavorare vicino alle proprie comunità, garantendo continuità, fidelizzazione e servizi migliori. I dati confermano che chi viene assunto tramite ASMEL ha un tasso di dimissioni significativamente più basso rispetto ai concorsi tradizionali, a dimostrazione di una maggiore stabilità e soddisfazione».
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Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)