2025-05-06
Meno liturgia, più piazza (e guerra). Il Papa à la carte dei progressisti
Tra editoriali e ospitate tv, è delineato l’identikit del pontefice sognato dalla sinistra. L’ala Luca Casarini-Corrado Formigli spinge per il «pontefice da campo». Il clan «Repubblica» lo vuole anti sovranista. Avanza il partito pro donne.Nel 1997, quando i Pitura freska erano sulla cresta dell’onda invocando un Papa nero, sembrava che il massimo dell’antirazzismo consistesse appunto nell’auspicare un pontefice africano. Come cambiano i tempi: oggi un Papa nero sarebbe considerato una iattura dalla totalità dei progressisti, dato che dall’Africa arrivano per lo più conservatori poco disposti a sostenere le battaglie sociali e politiche della sinistra. Dunque vade retro Robert Sarah, e tanti saluti al multiculturalismo: le figurine risultano utili quando non parlano, e se parlano lo fanno per lagnarsi della discriminazione. Se invece aprono bocca e hanno persino delle idee, meglio evitare, sia mai che se ne escano con qualche frase eccessivamente reazionaria. No, non è decisamente più il tempo del Papa africano. Serve altro per adattarsi all’epoca, e per comprendere cosa occorre seguire i segnali, le indicazioni più sottili. Certo non è facile immaginare come potrebbe essere il Papa perfetto per i progressisti occidentali, quello che strappi applausi e lacrime di commozione. Tuttavia, si può tentare di tracciare un profilo, basandosi su ciò che i principali intellettuali della sinistra italiana hanno scritto negli ultimi giorni. Per esempio, abbiamo capito che servirebbe un Papa che sia capace di intonare Imagine di John Lennon, come ha fatto il cardinale filippino Luis Antonio Tagle nel 2019, prontamente ripreso e consegnato alla Rete che nulla dimentica. Come ha spiegato ieri Francesco Merlo su Repubblica, «solo i trinariciuti di destra sostengono ancora che sia anticristiana Imagine». Anzi: «Quando è cantato in coro, l’inno alla pace e alla fratellanza di Lennon ha un effetto-preghiera che trasmette più spiritualità del Tantum Ergo Sacramentum e forse del Padre nostro». Certo, la canzone invita a sognare un mondo senza paradiso e inferno e senza religioni, ma è senz'altro di grande impatto e molto popolare. E allora serve un pontefice canterino e vagamente rock, meno canto gregoriano e più chitarra elettrica. E fin qui poca roba, si potrebbe persino trovarlo. Ma ci sono numerose altre questioni di cui i cardinali, nel segreto del conclave, dovrebbero tenere conto. Michele Serra, per dire, vorrebbe un papa «internazionalista», ovvero nemico dei nazionalismi che osteggiano tutto ciò che è sovranazionale. Insomma, non serve uno come Ratzinger che - come Serra ha spiegato a Piazzapulita - «fuori dalla Chiesa si è sentito poco» (non è ben chiaro dove Serra vivesse durante il pontificato di Benedetto XVI, ma passi). No, è necessario un Papa molto politico e poco teologo, uno che sia espressione - come sembrava augurarsi Corrado Formigli - di una «Chiesa da campo». Chissà, forse intendeva una chiesa da campo profughi. A tale riguardo è imprescindibile stare a sentire ciò che ha da dire Luca Casarini, uno che fu in grande confidenza con Francesco. A suo dire, tocca prendere le distanze dalla «Chiesa del secondo millennio, che è la Chiesa dell’imperatore, la Chiesa che mette ad esempio al centro il clericalismo». In alternativa, è importante che il nuovo Papa si metta a disposizione della «rete della Chiesa vera, che non è fatta di istituzioni, di grandi sfarzi o altro, ma è fatta da chi sta fianco a fianco sui territori, di chi costruisce la comunità cristiana come una nuova forma di vita, dove si condivide, dove non si lascia solo nessuno, dove si interviene per i più poveri, per gli ultimi, perché sono fratelli e sorelle». Come vedete, il profilo comincia a delinearsi: il nuovo Papa deve essere nemico dei nazionalismi e di Donald Trump in particolare. Deve essere un fan delle frontiere aperte e dell’immigrazione, deve mollare la chiesa falsa dei preti e dei cardinali e sostenere la base, quello che secondo Casarini è il vero popolo cristiano (chissà chi glielo ha detto, forse don Mattia Ferrari, e come non ascoltarlo). Del resto, lo ha spiegato proprio domenica un sondaggio della Stampa: gli italiani chiedono un Papa progressista, e chi siamo noi per giudicare e sostenere che sbaglino? Dopo tutto, quale sia il vero cristianesimo lo ha già spiegato poi volte in tv Concita De Gregorio, sia mai che la si costringa a ripetersi: il senso profondo di tutto sono gli ultimi, le minoranze. Per farla breve: serve un papa woke, o è meglio lasciare perdere. Lo ha spiegato anche Antonio Spadaro, grande esegeta del bergoglismo in assenza di Bergoglio: ora la Chiesa può restaurare oppure «raccogliere l’eredità di Francesco da rilanciare per il futuro». Ma quale eredità? Forse l’intransigenza su aborto e gender? Ma no, figurarsi. L’eredità è solo quella che riguarda migranti e minoranze. Certo, come ha notato Vito Mancuso, non bisogna dimenticare un filino di spiritualità, di sguardo verticale. Traducendo in pratica: occorre un pontefice che parli vagamente di spirito, di religiosità ma non troppo di cristianesimo, che sia progressista e pro migranti, un po’ antiamericano ma non eccessivamente, cioè basta che sia contro Trump ma a favore di Zelensky perché di personalità a rischio putinismo abbiamo già avuto Francesco. Ah, ed è meglio che sul Medio Oriente non faccia troppo casino, non si sa mai: due parole di circostanza vanno bene. In sostanza non vogliono un Papa ma un nuovo Bob Marley. Solo un po’ meno convinto delle proprie idee su Dio. Ah, e mica si può lasciare da parte la questione femminile. Guai a dimenticarsi dell’appello, rilanciato ieri da molti media, della salesiana suor Maria Trigila, la quale si aspetta «dal nuovo Papa concretezza sul ruolo delle donne, a cominciare dal diaconato femminile». Quindi, oltre a John Lennon serve pure un pizzico di Yoko Ono. Riassumendo: meno menate teologiche e più politica. Meno gerarchie e più popolo, ammesso che il popolo voti dalla parte giusta altrimenti andasse all’inferno pure quello. Meno liturgia e più piazza, meno tradizione e più immigrazione, meno identità ma forse un po’ più di guerra che non guasta mai. Sorge un atroce dubbio: forse non stanno cercando un nuovo pontefice ma un nuovo segretario del Pd. E va bene che la Chiesa è in crisi, è divisa e talvolta sofferente. Ma fino a questo punto no, dai.
Sandro Mazzola (Getty Images)
Una foto di scena del fantasy «Snowpiercer» con Chris Evans e Tilda Swinton firmato dal coreano Bong Joon. Nel riquadro una tavola del fumetto