
Svelato il mistero sul video celebrativo dell'esercito mai diffuso perché troppo «guerriero»: sarebbe stato il dipartimento di Vito Crimi a bocciarlo. Maurizio Gasparri: «La Difesa è commissariata dagli antimilitaristi grillini».I soldati con le armi? Se al Pd non piacevano, per alcuni dei 5 stelle sono inaccettabili. Tanto da passare sulla testa di un ministro (per giunta grillino) pur di imporre il niet della censura. Vito Crimi, alla guida del dipartimento per l'Informazione e l'editoria, ha stoppato lo spot che il ministro Elisabetta Trenta aveva scelto per i festeggiamenti del 4 novembre, dedicati alle forze armate. «Troppo violento», per l'anima pacifista (e paciosa) del Movimento che, sui militari all'estero, vuole continuare a raccontare un'altra storia.E il ministro, da buon commilitone, ha abbassato la testa. I retroscena del discusso caso del video che doveva essere diffuso in occasione della giornata dedicata alle Forze Armate, e che poi invece era sparito dai circuiti governativi, per essere sostituito da un altro, edulcorato nella forma e nei contenuti, è stato svelato ieri. Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia, nei giorni scorsi aveva presentato una interrogazione al ministro della Difesa per capire chi si fosse opposto all'utilizzo di quel girato, che tanto era piaciuto ai vertici militari, e la risposta ha chiarito il mistero.Nei fatti è andata così: il ministro, per celebrare la Giornata dell'unità nazionale e delle forze armate, aveva proposto di utilizzare il filmato incriminato, che in qualche minuto, mostrava, chiaramente, i soldati italiani impegnati in azioni di guerra, il loro coraggio e la durezza della vita al fronte. Il video, opera del regista Paolo Ameli, non era una novità: era stato commissionato durante il governo Gentiloni, per celebrare il 4 novembre del 2017, ma a quel tempo, alla Difesa c'era Roberta Pinotti e, proprio a lei, piddina doc, quello spot così realistico non era piaciuto. Senza pensarci troppo, in accordo con gli altri buonisti del momento, Pinotti lo aveva bocciato e chiuso in un cassetto e lì era rimasto fino a quando lo staff lo ha riproposto al ministro Trenta. Che, invece, lo ha apprezzato. Dopo averlo limato negli aspetti più crudi Trenta ha scelto proprio questo spot per rappresentare l'orgoglio nazionale, ritenendolo giusto per dare riconoscimento al mestiere del soldato, spesso lontanissimo dall'immaginario collettivo. E, invece, di nuovo è arrivata la censura. A dire no, questa volta, è stato il Dipartimento per l'informazione e l'editoria, guidato da Crimi, da sempre esponente del grillismo più indomito. «Il dipartimento non ha ritenuto di procederne alla divulgazione per le immagini ritenute “troppo violente"», ha spiegato Trenta nella risposta a Gasparri «e io ne ho preso semplicemente atto, seppur con rammarico, nello spirito del mio pieno e consapevole impegno a servire le Istituzioni senza riserve e con lealtà». A sottolineare le contraddizioni della vicenda ci ha pensato il senatore di Forza Italia: «È lo stesso ministro della Difesa, nella sua risposta, ad esprimere testualmente il proprio “rammarico" per essere stata, di fatto, “commissariata" dal dipartimento per l'Informazione e l'editoria» ha spiegato, ieri, commentando la risposta ricevuta dal governo.Il dipartimento «ha deciso di tagliare lo spot ritenendolo troppo violento, mentre, in realtà le immagini censurate mostravano le elevate capacità operative dei nostri reparti», ha aggiunto. «Una decisione irrispettosa delle forze armate» e «questa assurda e ingiustificabile decisione non fa altro che confermare quello che ormai ripetiamo da tempo e cioè che una parte di questo governo è apertamente antimilitarista». Se il ministro Trenta «mi risponde di essere rammaricata per non essere riuscita a difendere uno spot, come difenderà personale e bilanci delle Forze Armate colpite da Crimi, Casalino e grillini vari?», ha chiesto ancora Gasparri.Cosa c'era nel video di tanto indigesto ai grillini? Sostanzialmente la verità: militari armati, in missioni all'estero, feriti, in pericolo, ma operativi. Esattamente come devono essere i soldati inviati al fronte in Iraq, Afghanistan, Libia e Balcani e in tutte quelle che, solo formalmente, vengono chiamate missioni di pace. Scene dure, con una voce in sottofondo a recitare una poesia di George Skypeck, incisa sulla tomba di uno degli ultimi caduti italiani in Afghanistan: «Ho pianto, ho sofferto e ho sperato. Ma quando giungerà la mia ora, agli altri potrò dire che sono orgoglioso per tutto quello che sono stato: un soldato», dice la voce fuori campo, mentre sullo sfondo corrono le immagini degli F 35, gli aerei militari a cui, fin da principio, il popolo grillino ha dichiarato guerra.
Maurizio Landini (Ansa)
La Cgil proclama l’ennesima protesta di venerdì (per la manovra). Reazione ironica di Meloni e Salvini: quando cade il 12 dicembre? In realtà il sindacato ha stoppato gli incrementi alle paghe degli statali, mentre dal 2022 i rinnovi dei privati si sono velocizzati.
Sembra che al governo avessero aperto una sorta di riffa. Scavallato novembre, alcuni esponenti dell’esecutivo hanno messo in fila tutti i venerdì dell’ultimo mese dell’anno e aperto le scommesse: quando cadrà il «telefonatissimo» sciopero generale di Landini contro la manovra? Cinque, dodici e diciannove di dicembre le date segnate con un circoletto rosso. C’è chi aveva puntato sul primo fine settimana disponibile mettendo in conto che il segretario questa volta volesse fare le cose in grande: un super-ponte attaccato all’Immacolata. Pochi invece avevano messo le loro fiches sul 19, troppo vicino al Natale e all’approvazione della legge di Bilancio. La maggioranza dei partecipanti alla serratissima competizione si diceva sicura: vedrete che si organizzerà sul 12, gli manca pure la fantasia per sparigliare. Tant’è che all’annuncio di ieri, in molti anche nella maggioranza hanno stappato: evviva.
Nel riquadro in alto l'immagine dei postumi dell’aggressione subìta da Stephanie A. Nel riquadro in basso un frame del video postato su X del gambiano di 26 anni che l'ha aggredita (iStock)
L’aggressore è un gambiano con una lunga fila di precedenti, però si era visto accordare la protezione speciale per restare in Italia. I clandestini sono 50 volte più pericolosi, ma sinistra e magistrati legano le mani agli agenti.
Vittime sacrificali di criminali senza pietà o effetti collaterali della «inevitabile» migrazione di massa? In questo caso il grande abbraccio che tanto intenerisce la Cei si concretizza con un pugno, una bottigliata, un tentativo di strangolamento, qualche calcione mentre era a terra, sputi, insulti. «Mi diceva che mi avrebbe ammazzata», scrive sui social Stephanie A., modella di origini brasiliane, aggredita lunedì sera nello scompartimento di un treno regionale Trenord della linea Ponte San Pietro-Milano Garibaldi, nella zona di Arcore. La giovane ha postato gli scatti dei colpi subìti ma anche alcune foto che ritraggono l’aggressore, fondamentali per identificarlo. Il suo appello non è caduto nel vuoto.
Per la sinistra, il crimine aumenta a causa dei tagli alle forze dell’ordine. Il governo ha assunto uomini, però polizia e carabinieri hanno le mani legate. Mentre le toghe usano i guanti di velluto con facinorosi e stranieri.
Ogni giorno ha la sua rapina e la sua aggressione. La maggior parte delle quali fatte da clandestini. L’ultima è quella compiuta da uno straniero su un treno lombardo ai danni di una modella. Ma nonostante l’evidenza dei fatti c’è ancora chi si arrampica sugli specchi per negare la realtà. Non sono bastati gli ultimi dati del ministero dell’Interno, che mostrano un aumento dei reati commessi da immigrati quasi sempre senza permesso di soggiorno o addirittura con in tasca un foglio di espulsione dal Paese.
Ansa
Utile oltre le stime a 1,37 miliardi nei primi nove mesi del 2025. Lovaglio: «Delisting per Piazzetta Cuccia? Presto per parlarne».





